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Il cemento " greener" del MIT taglia le emissioni di gas serra

Un nuovo studio del MIT conduce all’elaborazione di una nuova formula che in fase di produzione industriale potrebbe tagliare di oltre la metà le emissioni di gas serra.

Un nuovo studio del Massachusetts Institute of Technology, attraverso l’analisi della struttura molecolare del cemento, conduce all’elaborazione di una nuova formula che in fase di produzione industriale potrebbe tagliare - di oltre la metà - le emissioni di gas serra.

Il cemento è ottenuto dalla combinazione di un materiale ricco di calcio, di solito calcare, con un materiale ricco di silice - tipicamente argilla - a temperature di 1.500 gradi Celsius, ottenendo una massa dura chiamata che viene poi macinata ottenendo il "clinker". La decarbonatazione del calcare, e il riscaldamento del cemento, sono responsabili della maggior parte della produzione dei gas serra riconducibile a questo materiale.
La nuova analisi suggerisce che riducendo il rapporto tra calcio e silicati non solo si ridurrebbero tali emissioni, ma si otterrebbe una produzione migliore ed un cemento più forte.
In cementi convenzionali, il rapporto calcio-silice accettato come standard è 1,7. Nello studio del MIT è stato costruito un database di tutte le formulazioni chimiche al variare del rapporto calcio-silice, trovando che la miscela ottimale non era quella tipicamente usata oggi, ma piuttosto un rapporto di circa 1,5. Con tale formulazione, il materiale può raggiungere due volte la resistenza del cemento normale. I risultati sono stati convalidati nei confronti di un ampio corpus di dati sperimentali. Dal momento che le emissioni legate alla produzione di calcestruzzo si calcola rappresentino dal 5 al 10 per cento delle emissioni di gas serra industriali, qualsiasi riduzione del contenuto di calcio nel conglomerato cementizio avrà un impatto sulle emissioni di CO2, che si stima fino a 60%.
Oltre al miglioramento complessivo della resistenza meccanica (poiché si otterrebbe un materiale più vetroso e meno cristallino), non ci sarebbero tensioni residue nel materiale, per cui sarebbe più resistente alla rottura. Grazie alla sua migliore resistenza alle sollecitazioni meccaniche, la formulazione riveduta potrebbe essere di particolare interesse per le industrie del petrolio dove è fondamentale prevenire perdite e scoppi.
Il lavoro è il culmine di cinque anni di ricerche del MIT in collaborazione con CNRS. Le due istituzioni dispongono di un laboratorio congiunto presso il MIT chiamato Multi-Scale Materials Science for Energy and Environment.
Finora, il lavoro è rimasto a livello di analisi, l’obbiettivo è ora quello di trovare le applicazioni a scala industriale, per l’ingegneria delle infrastrutture, alloggi, e altri usi.

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