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Professionisti: Legittima la pubblicità promozionale, anche quella comparativa

Il via libera alla pubblicità comparativa, e ancor di più alla pubblicità “tout court” viene dal Tar Lazio

È contrario alle norme dell’Unione Europea il codice deontologico che impone divieti e paletti alla pubblicità tra professionisti rispetto a quelli già previsti dalla legge contro i messaggi ingannevoli.

Il via libera alla pubblicità comparativa, e ancor di più alla pubblicità “tout court” viene dal Tar Lazio che, con una recente e importantissima sentenza, destinata a mutare le sorti del mercato professionale in Italia, conferma la sanzione che l’Antitrust aveva comminato all’Ordine dei Medici. Il discorso, però, prende pieghe tanto larghe da potersi estendere anche agli altri ordini professionali. E questo perché le norme U.E. sulla libera concorrenza – si legge in sentenza – non ammettono limiti di sorta: la disciplina comunitaria, infatti, è stata dettata soprattutto a tutela degli utenti dei servizi professionali.

Multato il “decoro professionale”

Che c’entra il decoro professionale con la pubblicità? Se lo chiede l’Agcm che, evidentemente, dà subito una risposta secca e negativa. Ed allora, il codice deontologico che si appiglia a generiche formule, come appunto il richiamo al “decoro professionale”, solo al fine di bloccare la concorrenza tra i professionisti, è illegittimo e va cassato.

Il Tar Lazio è dello stesso parere: bene ha fatto l’Authority per la concorrenza e il mercato a sanzionare l’Ordine deontologico dei medici che ha tarpato le ali al professionista “reo” di aver fatto pubblicità comparativa al proprio studio medico. Nel centro del mirino, in particolare, c’è il Codice di deontologia medica del 2006 (ma lo stesso discorso vale anche per quello successivo del 2014) ove si afferma [2]che qualunque comportamento disdicevole al “decoro” della professione è punibile dalle Commissioni disciplinari con le sanzioni previste dalla legge. Il meccanismo era in grado di sanzionare i camici bianchi che commissionavano pubblicità di natura comparativa o anche solo promozionale.

La sentenza ricorda a tutti gli ordini professionali che, a partire dal 2007 con il famoso decreto Bersani, per finire alla Legge di stabilità 2012, non sono state abolite solo le tariffe minime dei professionisti, ma anche i divieti di pubblicità: un divieto del genere, dunque, viola le norme comunitarie sulla libera concorrenza.

Il discorso non viene limitato solo alla pubblicità promozionale pura e semplice, ma anche a quella comparativa: lo “spot” – secondo i giudici amministrativi del Lazio – si può spingere anche a fare confronti fra le prestazioni in campo medico. La pubblicità comparativa – prosegue la sentenza – è lecita qualora sia priva “di profili di ingannevolezza, equivocità e denigratorietà”.