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In presenza di vincolo paesaggistico NON serve il parere della Soprintendenza

Nel caso di domanda di sanatoria di opere realizzate in aree sottoposte a vincolo, che non possono essere considerate abusi minori e non conformi alla disciplina urbanistica, il Comune può pronunciarsi senza richiedere il nulla osta di competenza della Soprintendenza in materia di condono edilizio


Nel caso di domanda di sanatoria di opere realizzate in aree sottoposte a vincolo, che non possono essere considerate abusi minori e non conformi alla disciplina urbanistica, il Comune può pronunciarsi senza richiedere il nulla osta di competenza della Soprintendenza in materia di condono edilizio.

Lo ha affermato la Sez. VI del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2518 del 18 maggio 2015 che ha accolto il ricorso presentato da un Comune campano contro la sentenza di primo grado che aveva dato ragione all'appellante per avere il Comune adottato il provvedimento di diniego e dichiarando l'improcedibilità di un'istanza di sanatoria di un'opera.
Nello specifico l'appellante aveva realizzato su un terreno di sua proprietà un manufatto prefabbricato ad uso residenziale e aveva presentato domanda di permesso di costruire in sanatoria. Dopo aver versato gli oneri concessori e dopo 6 anni dalla richiesta, l'appellante aveva ricevuto dal Comune il preavviso di diniego, adottando, successivamente, il provvedimento di diniego e dichiarando l'improcedibilità dell'istanza, in quanto l'opera era ubicata in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico e quindi esclusa dal condono. Secondo l'appellante, avendo il Comune omesso di richiedere il parere alla competente Soprintendenza, era stata impedita una vera valutazione e motivazione del diniego.
I giudici, riformando la sentenza del TAR, hanno in primo luogo richiamato la giurisprudenza costituzionale per la quale il c.d. terzo condono è applicabile ai soli abusi formali, ovvero realizzati in mancanza del previo titolo a costruire ma non in contrasto con la vigente disciplina urbanistica, ribadendo che sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta al vincolo.
La valutazione espressa dal Comune, della inammissibilità a monte del condono, perché in zona vincolata e perché non rientrante negli abusi minori (condizione sub c), con consequenziale valutazione della inesistenza dei presupposti per coinvolgere (inutiliter) la Soprintendenza (condizione sub d), è in linea con la esigenza di economicità dell'azione amministrativa, essendo superflua nella vicenda esaminata, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un inutile vaglio di compatibilità paesaggistica.

Pertanto, nonostante il principio affermato dalla sentenza appellata è in generale condivisibile, nel senso che il nulla osta di competenza della Soprintendenza in materia di condono edilizio costituisce un presupposto di legittimità della concessione in sanatoria da cui non si può prescindere, lo stesso risulta superfluo nel caso sia assente uno dei requisiti essenziali perché trattasi di abusi non minori.

Scarica qui la Sentenza n. 2518 del 18 maggio 2015