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PERIZIE CTU - i periti saranno pagati a "babbo morto", forse ...

Il 21 agosto, il decreto legge n. 83/2015 in materia fallimentare rivede le regole sui compensi dei professionisti che si occupano di stimare i beni oggetto di pignoramento. Le loro parcelle saranno commisurate al prezzo di vendita effettiva (e non di stima) e potranno essere liquidate solo una volta che l'immobile sia stato effettivamente ceduto.

Il problema nasce dall'ultima riforma in materia di fallimenti, il decreto n. 83 del 2015, convertito dalla legge n. 132 del 6 agosto 2015. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 21 agosto, all'articolo 14 integra le disposizioni attuative del Codice di procedura civile in materia di beni da pignorare e prevede che «il compenso dell'esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall'ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita».
Inoltre, prima della vendita «non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima».

Numerosi i commetni negativi:

«Si tratta – sostiene Zambrano - di misure gravemente penalizzanti per i professionisti esperti chiamati a effettuare le valutazioni degli immobili pignorati».  Il primo motivo è che «dal momento della stima possono passare anche molti anni prima che il bene sia effettivamente venduto. Il che comporta un inaccettabile rinvio del pagamento dei compensi dovuti al professionista per la prestazione erogata».
Per Zambrano: «Per fare un esempio, è come se si chiedesse a un meccanico che ha riparato un'auto di attendere la vendita della vettura per il saldo del pagamento, condizionando il suo compenso non al costo dei ricambi e della manodopera ma al prezzo dell'ipotetica vendita. Quale meccanico sarebbe così folle da accettare?».
Parlando delle nuove regole sui fallimenti, Carla Cappiello, presidente dell'Ordine degli ingegneri di Roma, attacca con durezza l'impostazione scelta dal Governo: si tratta di un regalo alle banche, che penalizza duramente la figura del consulente tecnico d'ufficio. (Fonte Edilizia e Territorio). Il Presidente dell'Ordine di Roma aggiunge poi "Si dovrebbe affermare una vera e propria riforma delle tariffe dei Ctu, che al momento sono ferme alla normativa del 2002. Attualmente si starebbero aggiornando soltanto i coefficienti che i magistrati possono applicare, in base al valore delle cause, per stabilire la remunerazione dei tecnici. In più, c'è la questione del tetto massimo dei compensi fissato nel 1980 a un miliardo di lire e tramutato in automatico in 516mila euro e mai rivisto. Ciò significa che anche per le cause di diversi milioni di euro il compenso rimane sempre lo stesso."

E per Calogero Lo Castro, presidente nazionale di Confedertecnica: "La conversione del decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 che prevede che i compensi dei CTU siano calcolati sulla base del valore di vendita e non su quello stimato è un irricevibile insulto, un controsenso giuridico e l'ennesima dimostrazione che il Governo ha deciso di esasperare la sofferenza dei professionisti tecnici"

A seguito di queste proteste sembra che il guardasigilli si sia finalmente deciso a intervenire: anche se, dalle indiscrezioni che circolano in queste ore, l'intervento si ridurrà al minimo sindacale: adeguamento dei parametri al costo della vita, senza riforma. Le questioni sul piatto sono tre. La prima riguarda le cause con un valore di riferimento: per fissare i compensi il giudice usa delle percentuali che non vengono aggiornate dal 2002. La seconda questione è quella delle cosiddette "vacazioni": sono i compensi orari, da tenere come riferimento quando la causa non ha un valore predeterminato. Al momento valgono 8,15 euro (sui quali pagare le tasse) ogni due ore. Il terzo tema è legato al tetto massimo del compensi: una legge del 1980, mai aggiornata, ha fissato il limite di un miliardo delle vecchie lire. Quel valore, al momento, è stato convertito in 516milia euro, anche per le cause con importi da diverse centinaia di milioni.

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