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Architetti: necessario riformare gli Ordini ma attenzione a non affossarne i diritti democratici

“Le riforme proposte in merito alle nuove regole elettorali rendano ancora più moderni gli Ordini professionali, ma non ne affossino il fondamento democratico”. E’ questo il senso di una lettera inviata da Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

Il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti scrive al Ministro Orlando

“Le riforme proposte in merito alle nuove regole elettorali rendano ancora più moderni gli Ordini professionali, ma non ne affossino il fondamento democratico”. E’ questo il senso di una lettera inviata da Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

“Nonostante necessitino di una riforma a cui il Governo Monti ha solo in parte messo mano per adeguarli alla mutata realtà - si legge nel testo della lettera - gli Ordini hanno una caratteristica unica e fondamentale: sono uno dei pochi organismi di rappresentanza eletti a suffragio universale, “una testa un voto”, dove tutti gli iscritti sono candidabili. A parte il Parlamento, le Regioni, i Comuni nessun altro organismo pubblico ha questo livello di democrazia. Tant’è che tale modello venne ribadito nel 1944 dal Governo provvisorio di Ferruccio Parri”.

Secondo il numero uno del CNAPPC, il nuovo DPR pare preveda che, nonostante il sistema elettorale sia un proporzionale puro - chi prende più voti è eletto - senza voto di lista e con le cariche elette dal Consiglio, si sia introdotta una sorta di garanzia delle “minoranze”, da sistema maggioritario, tale che se un gruppo prende anche solo l’1 % avrà il 49% dei consiglieri. Paradossalmente se tutti votassero gli stessi o un numero minore di eleggibili, il Consiglio non avrebbe il numero legale. Si introdurrebbe anche un limite di mandato a 2 turni non solo per le cariche, ma per tutti i consiglieri, con una limitazione che non esiste né in Parlamento, né nei Consigli Regionali o Comunali. Tutto ciò assomiglia molto a una sospensione dei diritti democratici.
“E’ evidente che un tale schema, al di là di aver confuso modelli elettorali differenti in un vero pasticcio che non ha esempi in alcun sistema occidentale, crea condizioni inaccettabili: la limitazione dei diritti degli iscritti di eleggere chi più li aggrada; la predisposizione di un contesto “politicizzato” tra maggioranza e opposizione, con un solo voto di differenza a orientare le decisioni; un tentativo artificioso di garantire il “ricambio” nei Consigli, che già avviene con una frequenza di un terzo o più degli eletti, ad ogni elezione.”

Nella lettera il presidente Freyrie sottolinea come “gli Ordini provinciali degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori non gravano sul bilancio dello Stato, anzi forniscono quotidianamente servizi gratuiti alla Pubblica Amministrazione come la formazione professionale ai dipendenti pubblici (che la PA non riesce a fare), il volontariato tecnico alla Protezione Civile, le consulenze ai Comuni sui bandi e gare, la valutazione dei diplomi esteri in sussidiarietà al MIUR, ecc.”

Sarebbe sbagliato, stupido e farebbe danno all’intera comunità nazionale – continua - il tentativo, spero non vero, di bloccarne l’attività creando condizioni politiche da “lottizzazione”, eliminando tout court una classe dirigente volontaria, gratuita e appassionata del servizio che dà alla comunità, l’umiliazione dei principi democratici in una istituzione che ha quasi cent’anni e non è stata toccata dagli scandali che invece hanno spesso colpito altre corpi fondamentali dello Stato”.Così come l’idea, anche questa spero infondata, di affrettare l’ottenimento della delega dal Parlamento sul progetto di accorpamento degli Ordini provinciali senza una seria discussione non solo con il sistema ordinistico ma con il Parlamento medesimo”.

La lettera si chiude con l’auspicio che si proceda “su una strada condivisa nella quale si voglia davvero completare la riforma con proposte, come le molte fatte da noi, che aiutino i professionisti italiani ad essere parte del sistema economico, facendo tesoro del patrimonio di democrazia e autonomia intellettuale e tecnica che ha tanto contribuito alla crescita dell’Italia”.