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Attacco alle Professioni: circolare del ministro per eliminare barriere iscrizione extracomunitari

Il ministero della Giustizia ha quindi deciso di intervenire contro gli ordini locali che si rifiutano di iscrivere professionisti non europei nei loro albi, adducendo la difformità delle regole dei loro paesi di appartenenza rispetto a quelle italiane.

Il Ministro della Giustizia ha scritto ai Consigli Nazionali sul tema dell'accesso dei cittadini di Stati terzi all'esercizio delle libere professioni nel nostro Paese.
Il Dipartimento delle Politiche europee della presidenza del Consiglio dei ministri ha segnalato che la Commissione continua a ricevere reclami su casi di discriminazione, ancora esistenti nel nostro paese, sulla base della nazionalità, in fase di iscrizione agli albi.

In proposito, il ministero della Giustizia ha evidenziato l'esistenza di diverse disposizioni nel nostro ordinamento che offrono tutela ai cittadini stranieri, come l'articolo 37 del Dlgs n. 286/1998, l'articolo 47 del Dpr n. 394/1999, l'articolo 10 della legge n. 39/1990, che consentono l'iscrizione agli albi «indipendentemente dal requisito della cittadinanza italiana» e vietano discriminazioni fondate sulla nazionalità. In particolare il Dpr n. 137/2012, all'articolo 2, spiegando che «sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista o sulla sede legale dell'associazione professionale o della società tra professionisti».

Il ministero della Giustizia ha quindi deciso di intervenire contro gli ordini locali che si rifiutano di iscrivere professionisti non europei nei loro albi, adducendo la difformità delle regole dei loro paesi di appartenenza rispetto a quelle italiane. Il Guardasigilli ha inviato una comunicazione a diversi Consigli nazionali chiedendo di verificare gli elenchi dei professionisti non europei ai quali è stata negata l'iscrizione, conoscere quante richieste di iscrizione agli albi sono arrivate da cittadini non europei e quante richieste sono state rifiutate, specificando i motivi del diniego, per poter controllare la bontà delle ragioni. In questo modo sarà possibile evitare l'apertura formale di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles.


Commento

Non sono un esperto di normative e leggi, peraltro non sono un avvocato, ma un semplice ingegnere. Ma a buon senso il fatto che gli Ordini nazionali, prima di iscrivere un professionista ai nostri Albi, verifichino che nel Paese di provenienza vi siano delle norme tali da rendere il titolo professionale simile a quello del nostro Paese mi sembra a tutti gli effetti una norma giusta.

Non si tratta di coorporativismo, ne di razzismo o protezionismo, ma puro buon senso. Qualche tempo fa un collega amico si è trasferito negli USA e per poter vedere riconosciuto il suo titolo ha dovuto ri-iscriversi all'Università, sostenere degli esami (abbiamo pubblicato anche un suo articolo a tal proposito).

Non intendo dire che dobbiamo restar fermi ai tempi de "i pilastri della terra" dove la professione veniva tramandata di padre in figlio, ma se eliminiamo qualsiasi sistema di filtro per l'accesso alla professione, che ricordiamo non ha più neppure la tutela delle tariffe minime, ha affidanto il controllo della deontologia a tribunali esterni (già sovraccarichi e non so neppure quanto competenti), in un Paese in cui si lascia che la certificazione energetica la rilascino grafici e agronomi ...

In Germania continua ad esserci le tariffe professionali, eppure sono anche loro nella UE.

Questo continuo attacco alla professione e ai professionisti nel nome di una burocrazia europea sta arrivando al limite. E se vogliamo che il "rottamatore" se ne occupi occorre forse alzare la voce.

Andrea Dari