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TALL BUILDINGS 2016: ha senso realizzare edifici alti in Italia ?

L'Italia è molto articolata, le città hanno una tradizione millenaria e diversa – ha premesso – a Venezia, Firenze, Roma (salvo nella zona dell'Eur) è assurdo realizzare edifici alti

«Un’incursione doverosa e ben riuscita, d’altronde “this is where the action is"».

Aldo Norsa, professore ordinario dell’università Iuav di Venezia, commenta così la sesta edizione del convegno “Tall Buildings” che per il primo anno ha lasciato la città lagunare per Milano.

La conferenza infatti si è svolta nella Sala Convegni del grattacielo Isozaki, la prima della torri direzionali del nuovo business district nel cuore di Citylife. All’evento, organizzato dall’università Iuav con il Politecnico di Milano e il patrocinio del Ctbuh, hanno partecipato progettisti, costruttori, esperti, studiosi, promotori immobiliari e urbani.

Durante il convegno sono state affrontate le tematiche relative alla progettazione e alla costruzione degli edifici alti. Un tema connesso al recente sviluppo urbanistico di Milano che con la riqualificazione delle aree di Porta Nuova e CityLife, si riallaccia al suo passato, quando a cavallo tra il 1950 e il 1960 era città leader in Italia nelle costruzioni verticali.

I grattacieli stanno ridisegnando il panorama delle più importanti metropoli del mondo, ma per il professore Norsa, lo scenario nel Bel Paese è differente. «L'Italia è molto articolata, le città hanno una tradizione millenaria e diversa – ha premesso – a Venezia, Firenze, Roma (salvo nella zona dell'Eur) è assurdo realizzare edifici alti. In alcuni Paesi i grattacieli sono popolari ed emblematici, ma nascono in città che non hanno la stessa intensità, la stratificazione e la storia che hanno le nostre, quindi non è una vera e propria necessità dal punto di vista culturale, il discorso cambia se si tiene in considerazione la competizione globale. In questo caso centri urbani come Milano in primis, Torino, forse Verona, Bologna e Genova sono pronte a “trasformarsi”, ma altrove, soprattutto al Sud, è tutto molto in ritardo».

Della stessa idea l’architetto Patricia Viel che intervenendo alla conferenza si è soffermata sulla progettazione degli edifici alti destinati al mercato residenziale. «Gli 80-100 metri di altezza sono sufficienti – ha detto Viel - perché le nostre città sono già dei condensatori straordinari, abbiamo una validissima qualità urbana esistente in quanto luogo abitabile attaccato al suolo con gli alberi per terra. Non dimentichiamoci che la città europea è ancora oggi e credo lo sarà per sempre, la più straordinaria manifestazione della capacità dell'uomo di vivere insieme».

Nel corso della conferenza si è parlato anche del rapporto che deve stabilirsi tra  “città orizzontale” e “verticale”.

Per Andrea Rolando, del dipartimento di Architettura e studi urbani al Politecnico di Milano «è essenziale prevedere una relazione di scala, non soltanto legata all'isolato, al marciapiede, alla percezione che abbiamo degli edifici dalla strada, ma a una dimensione che sia metropolitana. L'area di CityLife, a esempio, è connessa con quella della Fiera del sito di Expo attraverso un sistema di spazi aperti, che però devono essere migliorati e lo stesso si può dire per le connessioni con Porta Nuova,  parlerei di “walkability” tra questi siti».

Inevitabile la riflessione sulla possibile replicabilità del progetto CityLife che ha riqualificato la zona dell’ex Fiera. L’area delle Tre Torri, futuro distretto del business milanese, include parchi, vaste aree pedonali, residenze ecosostenibili e spazi commerciali. «Sarebbe un sogno pensare di realizzare altrove quello che abbiamo fatto qui – ha detto Marco Beccati, direttore tecnico di CityLife – ma temo che su Milano non sia ripetibile, essendo CityLife un progetto di recupero urbanistico. Forse è attuabile in altre parti d'Italia, come Roma e Torino, dove ci sono ancora zone da riqualificare. Un progetto di questo tipo inoltre, non solo richiede un impegno finanziario e di continuità molto importante, ma punta a ottenere un prodotto sostenibile e in grado di migliorare la qualità della città». «Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con tre architetti di livello – ha concluso Beccati, riferendosi a Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind – il loro coinvolgimento è stato fondamentale perché ha connotato il progetto fin dall'inizio con un'immagine architettonica forte».

E proprio sulla relazione tra archistar e architettura, sul peso “della firma” in un progetto si è espresso anche il professore Aldo Norsa.

Le video interviste integrali e il servizio su Milano – Tall Building Urbanism 6ª edizione è disponibile al seguente link: VIDEO