Data Pubblicazione:

Il 4 Osservatorio CINEAS fotografa i rischi della Medio impresa

Presentati i dati del 4° Osservatorio CINEAS MEDIOBANCA sul Risk Management Tra i rischi percepiti dagli imprenditori italiani quelli provenienti dal mancato rispetto di obblighi normativi, come la sicurezza sul lavoro, la responsabilità civile per difettosità del prodotto e il rispetto della normativa fiscale, sono quelli più sentiti. Al terzo posto troviamo un’area a cui gli imprenditori sono sempre più attenti, quella del cosiddetto cyber risk.

Data di pubblicazione originale dell'articolo: 13/10/2016

Presentati i dati del 4° Osservatorio CINEAS MEDIOBANCA sul Risk Management

Tra i rischi percepiti dagli imprenditori italiani quelli provenienti dal mancato rispetto di obblighi normativi, come la sicurezza sul lavoro, la responsabilità civile per difettosità del prodotto e il rispetto della normativa fiscale, sono quelli più sentiti. Al terzo posto troviamo un’area a cui gli imprenditori sono sempre più attenti, quella del cosiddetto cyber risk.
 
"Una nave in porto è al sicuro, ma non è per quello che si costruiscono le navi"
La citazione dell’imprenditore e mecenate John Shedd serve ad Adolfo Bertani, Presidente di Cineas, a riassumere il senso ultimo dell’Osservatorio 2016: il rischio non è in sé negativo, è solo sbagliato ignorarlo, ma chi lo gestisce avvedutamente gode di migliori redditività nella propria azienda: +38% rispetto a chi trascura il problema.
 
La presentazione dei dati
Lo scorso 27 settembre ha avuto luogo l’annuale convegno di presentazione dell’Osservatorio Cineas-Mediobanca (giunto alla sua 4 edizione) sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane. 
Anche quest’anno il focus è sulla Media impresa, “con la ‘M’ maiuscola”, per distinguerla dalla piccola e micro impresa, tutt’altro mondo: secondo i parametri definiti da Mediobanca e Unioncamere, si tratta delle aziende con una forza lavoro compresa tra le 50 e le 499 unità, un fatturato netto tra i 16 milioni e i 355 milioni di euro e un assetto proprietario autonomo, cioè riconducibile al controllo familiare. Insomma, il vero cuore pulsante dell’imprenditoria del sistema Italia, cui sono destinate le cure di Andrea Dell'Orto, intervenuto alla presentazione come Vicepresidente Assolombarda con delega appunto alle medie imprese e al settore manifatturiero.
 
Il Questionario
All’uopo sono state analizzate le risposte fornite da 280 medie imprese attive sull’intero territorio nazionale e in diversi settori merceologici, come ha spiegato Gabriele Barbaresco, Direttore Ufficio Studi Mediobanca.
Il questionario cui esse sono state chiamate a rispondere era articolato in quattro sezioni: dati societari; scenario e sviluppi tecnologici (ossia l’impatto sulla gestione dei rischi di alcune delle innovazioni tecnologiche e la percezione delle conseguenze che alcuni rischi “nuovi” – come terrorismo ed eventi climatici estremi – possono produrre sulle fasi ciclo produttivo); la terza sezione era incentrata sul modello di governance che presiede al sistema di gestione dei rischi; mentre la quarta richiedeva di valutare la rilevanza e l’efficacia nel governo di una serie di rischi specifici, quali le catastrofi naturali (incendio e scoppio), la compliance normativa e organizzativa (ad es. verso la Legge 231), reperimento e ritenzione delle competenze professionali, inquinamento ambientale, rischi legati alla compromissione della reputazione e dell’immagine aziendale, sicurezza sul posto di lavoro, responsabilità da difettosità del prodotto, rispetto della normativa fiscale, imitazione o sabotaggio doloso del prodotto e, infine, rischi informatici con specifico riferimento al cyber risk. Per ogni profilo di rischio sopra indicato è stata quindi valutata la disponibilità sul mercato di una copertura assicurativa e, in caso contrario, la sua desiderabilità agli occhi degli intervistati.

I rischi per settore merceologico
Il settore più virtuoso nella gestione dei rischi è senz’altro quello Alimentare, dove i maggiori presidi sono dedicati alla tutela del prodotto contro la contraffazione e alla gestione del rischio reputazionale, coerentemente con un settore che fa dell’autorevolezza del marchio e della sua sicurezza igienico-nutrizionale i propri vantaggi competitivi. Seguono i settori Chimico-Farmaceutico e Meccanico. Relativamente arretrate invece le imprese che producono Beni per la persona e per la casa e il settore Metallurgico.
 
Le “nubi” all’orizzonte
I rischi maggiormente percepiti dagli imprenditori italiani sono quelli provenienti dal mancato rispetto di obblighi normativi, come la sicurezza sul lavoro, la responsabilità civile per difettosità del prodotto e il rispetto della normativa fiscale. Al terzo posto troviamo un’area a cui gli imprenditori sono sempre più attenti, quella del cosiddetto cyber risk.
“Da segnalare con positività è il rischio reputazionale al quinto posto che nella scorsa edizione dell’Osservatorio si trovava in una posizione molto più arretrata – commenta Gabriele Barbaresco, direttore dell’Ufficio Studi di Mediobanca – Questo appare coerente con la già dichiarata volontà da parte delle imprese di presidiare attentamente il contenuto qualitativo delle proprie produzioni”.
“Il rischio di imitazione del prodotto – continua Barbaresco – compare in ultima posizione, poiché le imprese fanno della qualità – che leggiamo nei rischi delle prime posizioni – il principale vantaggio competitivo”.
 
Redditività maggiore per le aziende che guardano ai rischi più avanguardistici
I dati evidenziano non solo che le imprese più evolute dal punto di vista della gestione del rischio riportano regolarmente performance economiche (ROI) più soddisfacenti, man mano che ci si sposta verso la gestione di rischi che esulano dall’obbligatorietà legale e che riguardano leve competitive come la reputazione, le competenze specifiche, il Cyber Risk e il rischio di imitazione del prodotto l’impresa risulta più efficiente in termini economici. Come conferma il dottor Giorgio Basile, presidente di Isagro e Vice Presidente Cineas per il settore Imprese, che ha fatto del risk management aziendale una delle leve strategiche e competitive vincenti della sua azienda produttrice di agrofarmaci.
 
I nuovi scenari di indagine
Dalla ricerca risulta che ben il 77% dei rispondenti paventa il passaggio generazionale nella leadership familiare (e circa 1/3 non l’ha ancora risolto); guardando fuori dalla propria porta, i timori legati al terrorismo internazionale riguardano soprattutto l’area commerciale: il 51,3% dei rispondenti dichiara infatti di vedere inibito il proprio canale di sbocco o più in generale una caduta della domanda dovuta all’alterazione nelle abitudini di consumo dei propri clienti; seguono i timori per la stabilità delle forniture (35,7%), poi per la mobilità dei dipendenti (30,7%) mentre solo il 22% si preoccupa di possibili alterazioni nei cicli produttivi. E andamento simile hanno i timori relativi a possibili eventi climatici estremi: l’impatto sulle vendite è temuto dal 33,2%, quello sulle forniture dal 31,7%, quello sulla produzione dal 27,7 e quello sulla mobilità dei dipendenti dal 20,9%. Tuttavia, è interessante notare che – mentre dai rischi climatici risulta che il 61,9% delle aziende si tutela con apposita polizza assicurativa – per quanto attiene i rischi legati agli atti terroristici il 67,4% dei rispondenti se ne dichiara sprovvisto.
Uno spazio di opportunità ancora da sfruttare per il settore assicurativo – all’evento rappresentato da Luca Franzi, Presidente AIBA, e Pierluigi Stefanini, Presidente Gruppo Unipol – che dallo studio risulta poco presente come partner dell’impresa: infatti, se solo il 4,5% delle imprese dispone di un vero e proprio sistema di risk management, chi ce l’ha si basa al 47,2% su risorse interne e consulenti aziendali, mentre solo il 28,8% si fida di risorse interne e assicuratori, forse ancora troppo vissuti solo come “venditori di polizze”.
 
I “parafulmini” delle imprese
Per quanto riguarda la governance della gestione dei rischi, si conferma una frontiera dalla quale le medie imprese distano ancora in misura significativa. Come attesta l’Osservatorio, “la soluzione più avanzata, ovvero quella che configura un metodo di gestione integrato e trasversale a tutti i rischi e attività, è adottato dal 17,2% delle imprese, mentre il 45,9% ricorre a un metodo di gestione segmentato, in cui ciascun profilo è valutato e affrontato in modo stand alone”. Ancora rilevante il fatto che “il 36,9% delle imprese dichiari di non disporre di un metodo di gestione del rischio e, ancor di più, che quasi metà di esse (17,2%) non ne abbia in corso di valutazione alcuno né abbia mai valutato l’opportunità di adottarlo”. Probabilmente perché in fondo i rischi più sentiti sono ancora quelli su cui si rischia una sanzione ex lege, ha sottolineato ancora Bertani. Purtroppo, però, la redditività delle imprese medesime risulta declinante in proporzione alla loro arretratezza in quest’approccio, come appunto si diceva in apertura.