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Prestazioni gratuite dei professionisti: per la Cassazione sono ok

Per la Cassazione, in presenza di una corretta tenuta della contabilità da parte del contribuente, è plausibile la gratuità dell'opera svolta dal professionista, in considerazione dei "rapporti di parentela e di amicizia"

Il professionista può svolgere opere a titolo gratuito se in presenza della corretta tenuta della contabilità da parte del contribuente. E' il principio di massima espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21972/2015, una 'novella' sottolineata dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti nell'analisi apportata all'interno dello speciale documento “L'accertamento delle prestazioni rese a titolo gratuito dal professionista”, dove si ripercorre il quadro normativo di riferimento relativo alle prestazioni professionali gratuite e si analizza alcune delle principali e delle più recenti pronunce giurisprudenziali.

La sentenza di riferimento
La gratuità dell'opera svolta dal professionista è plausibile in considerazione dei rapporti di parentela e di amicizia” con gli stessi clienti, nonché del fatto che alcuni di tali clienti erano soci di società di persone, la cui contabilità era affidata alle cure del contribuente, per cui ogni eventuale compenso rientrava in quello già corrisposto dalla società di appartenenza.

Inoltre, la “plausibilità” delle prestazioni rese a titolo gratuito emerge, secondo la Suprema Corte, della circostanza che l'attività svolta in loro favore riguardava “soltanto l'invio telematico delle dichiarazioni dei redditi ed era finalizzata all'incremento della clientela, cosicché la semplicità della prestazione in sé rende verosimile l'assunto del contribuente circa la sua gratuità”.

Pertanto, secondo la Cassazione, l'Amministrazione Finanziaria non può accertare un maggior reddito in capo ad un consulente sulla base della semplice presunzione secondo cui i professionisti non sono soliti prestare i propri servizi a titolo gratuito. È plausibile, infatti, che "un professionista possa svolgere parte della propria attività senza percepire alcun compenso, per ragioni di amicizia, parentela o di mera convenienza”.

Altre considerazioni
Nel documento sopracitato, si osserva che, di recente, l'Agenzia delle Entrate si è particolarmente interessata alle prestazioni rese a titolo gratuito dai professionisti, con palesamento di un certo scetticismo nell’ipotesi in cui i professionisti sostengono di lavorare gratuitamente, per amicizia o per legami di parentela, "giacché tali comportamenti sarebbero in realtà poco razionali e celerebbero proventi incassati in evasione d’imposta”.

In realtà, sostiene la Fondazione, l’accertamento induttivo teso a ricostruire i compensi del professionista e fondato esclusivamente sulla presunzione che le prestazioni gratuite nascondano compensi “in nero” non sembra potersi configurare come illegittimo, poiché la giurisprudenza ha, per lo più, non dichiarato illegittimo un simile operato.

Inoltre, non è automatica l'implicazione secondo la quale, qualora il numero di prestazioni rese gratuitamente sia in un rapporto di maggioranza rispetto a quelle a titolo oneroso e/o che tali prestazioni siano, per lo più, “complesse”, il professionista debba essere necessariamente assoggettato a tassazione.

Ovviamente, si consiglia - per una maggior tutela - in tal senso:

  • la predisposizione di lettere di incarico professionale ove si evinca chiaramente la gratuità della prestazione;
  • nel caso di prestazioni rese dai professionisti nei confronti di società, la documentazione societaria inerente (es. delibere che stabiliscono il compenso dell’amministratore, lo statuto, mastrini contabili di cassa o banca e quelli riferiti al professionista).

Però resta il problema delle prestazioni rese dal professionista nei confronti di soggetti privati, non tenuti ad obblighi di contabilità e/o di conservazione di documenti. In tal caso, oltre alla sopracitata lettera di incarico, si potrà addurre la congruità e la coerenza rispetto agli studi di settore ed, eventualmente, produrre documentazione bancaria che possa rappresentare elemento (quantomeno indiziario) circa il fatto che nessun compenso è stato mai incassato.

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