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Condannato Professore di Ingegneria di Bologna per incarichi extra universitari

Gli Incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore dell'Università devono essere comunicati al Rettore, o in alcuni casi semplicemente alla Direzione del Dipartimento. In particolare gli incarichi NON  didattici sono quelli a dover essere autorizzati dal Rettore (previa acquisizione del parere della Commissione d'Ateneo).

E per quanto riguarda l'Università di Bologna, su questo punto è stata emessa una sentenza che potrebbe fare scuola per il problema del doppio lavoro di un dipendente pubblico anche in altre parti d'Italia.

La Corte dei conti ha condannato il professor ************, docente a tempo definito di Ingegneria, a risarcire l'Università con un milione e 197 mila euro, pari ai compensi ricevuti dal 2002 al 2010 nello svolgere incarichi esterni non segnalati e non autorizzati dall'Alma Mater. La procura contabile aveva chiesto proprio questa condanna (pronunciata nel marzo scorso, ma depositata solo a fine settembre) o, in subordine, di restituire il compenso per il lavoro pubblico all'Università, 305 mila euro, quattro volte inferiore a quello percepito nel privato.

Il professore negli otto anni sotto la lente della Corte aveva avuto una dozzina di incarichi. Sia come socio, sia come amministratore, sia come gestore di società, da amministratore delegato di Nier Ingegneria, al Gruppo Villa Maria Servizi Integrati (vicepresidente), dal consorzio SQ da lui stesso liquidato, a Obiettivo Energia e a Global Telemedicine Network (presidente e poi liquidatore). Una serie di cariche nel settore industriale o commerciale privato che secondo la legge e i giudici di piazza VIII Agosto costituiscono «un divieto assoluto » per chi è dipendente pubblico, anche se nel caso in esame si tratta di un professore a tempo parziale.

La difesa ha cercato di dimostrare che si era trattato di mera attività libero professionale (consentita), ma i giudici hanno respinto tale interpretazione.

La Corte ha sancito che «il lavoratore dipendente deve informare l'amministrazione di appartenenza in merito alle attività svolte, anche nel caso di rapporto di servizio a tempo parziale, per valutare un eventuale conflitto di interessi» e quindi la condotta di ********* è stata sotto questo riguardo «gravemente colposa...il Collegio individua le caratteristiche della negligenza inescusabile, ovvero della disattenzione macroscopica o della marchiana imperizia». I giudici spiegano che «nemmeno in occasione della verifica a campione esperita dall'Ateneo nel 2006, il docente si premurò di esporre la propria situazione».

Non a caso si tratta di una sentenza che ha creato un certo scompiglio in ambiente accademico, e in particolare tra i docenti del dipartimento di Ingegneria. Quello di ********* infatti non è l’unico caso sul tavolo della procura della Corte dei Conti guidata Carlo Alberto Manfredi Selvaggi. La magistratura contabile ha già chiuso sei inchieste analoghe per altrettanti docenti, mentre altri sette casi sono tuttora nella fase conclusiva dell’istruttoria. Insomma 14 casi in tutto che, secondo i magistrati e i finanzieri impegnati nell’indagine, sarebbero emblematici di un malcostume molto diffuso tra i docenti e non solo tra loro.

Per gli ingeneri dell’Alma Mater, si tratta in molti casi di professionisti stipendiati dall’università e, contemporaneamente, titolari di partita Iva. Segno, secondo gli inquirenti, che svolgono il doppio lavoro. Attenzione, non incarichi occasionali (che possono essere svolti se autorizzati dall’ateneo), ma attività professionali sistematiche e, quindi, non consentite dalla legge neppure se autorizzate.

Fonte: Repubblica

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