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Urbanistica: le distanze in edilizia prevalgono sulla riservatezza

Distanze in edilizia contro privacy: per la Cassazione non si può costruire un manufatto in violazione delle disposizioni sulle distanze in edilizia ex DM 1444/1968 con il pretesto di tutelare la propria riservatezza

La mera violazione delle distanze legali in edilizia, ex DM 1444/1968, resta comunque prevalente rispetto a esigenze di riservatezza e di non meglio specificata sicurezza. La Cassazione pone quindi un limite alla privacy esprimendo un importante principio di diritto nella recente sentenza 14916/2017 pubblicata lo scorso 15 giugno.

L’oggetto del contendere nei rapporti di vicinato nel caso concreto è stato una tettoia in legno su un terrazzo - senza rispettare però le distanze minime in edilizia - che una signora aveva installato per garantire meglio la sua riservatezza.

In appello, si è quindi affermato che la mera violazione delle distanze minime in edilizia non può "battere" il diritto alla privacy e alla sicurezza delle persone fisiche. Concetto 'ribaltato' in terzo grado, poiché per la Cassazione il rispetto delle distanze legali viene prima di tuttoerronea l’affermazione secondo la quale "il diritto al rispetto delle distanze legali cederebbe innanzi al diritto alla privacy ed alla sicurezza").

Per gli ermellini, la normativa codicistica, siccome integrata dai regolamenti locali, "si fonda sulla necessità di tutelare plurime esigenze, nel reciproco
contemperamento, fra le quali non è estranea quella della riservatezza. Trattasi di un valore, quindi, già tenuto in conto dal legislatore nello stabilire la disciplina. La pretesa d'introdurre limitazioni e deroghe non legislativamente previste assumendone l'utilità al fine di assicurare la riservatezza costituisce un evidente errore ermeneutico, in quanto assegna alla esigenza in parola, già comparata dal legislatore, un ruolo d'ulteriore deroga esterna non previsto dalla legge
".

Non solo, perché la Corte censuare anche l'affermazione ove con la stessa si sia inteso evocare la disciplina del Codice Privacy (d.lgs. 196/2003) e successive modifiche, che regola la protezione del  trattamento dei dati sensibili, quale che ne sia la fonte ed il supporto, e che qui non presenta interferenze di materia. Di fatto, non si può invocare maggiore spazio per la privacy rispetto a quella già considerata, anche implicitamente, nelle regole sulle distanze.