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Sismabonus: dal 2018 estensione anche alle case popolari

Sismabonus, Graziano Delrio: "nella prossima Legge di Bilancio proporremo di estendere all'edilizia residenziale pubblica gli incentivi al miglioramento sismico". Il 40% delle case popolari si trova in zone ad alto rischio sismico

L'estensione del Sismabonus alle case popolari è cosa 'quasi' fatta: il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio infatti ha annunciato che nella prossima "Finanziaria" il Governo proporrà l'estensione degli sgravi fiscali per interventi di miglioramento sismico (una o più classi) anche all'edilizia residenziale pubblica.

Il motivo è nei dati di riferimento della ricerca “Patrimonio edilizio e rischio sismico” presentata ieri alla presenza di Delrio, del presidente di Federcasa, Luca Talluri e del presidente di ISI, Luca Ferrari, alla Camera dei Deputati: in Italia il 40% degli edifici di edilizia residenziale pubblica sono localizzati in zona sismica 1, la più a rischio, e sono stati costruiti prima del 1980. Tali edifici non rispondono quindi agli attuali requisiti antisismici e necessitano di interventi di miglioramento di particolare urgenza.

Federcasa infatti a partire dal 2015 ha avviato uno studio in collaborazione con l’Associazione ISI (Ingegneria Sismica Italiana), per valutare la vulnerabilità sismica delle case popolari, gestite dalle aziende casa, nelle zone a maggior rischio sismico (1, 2 e 3) e calcolare una stima del costo per incrementare la sicurezza dell’intero patrimonio a rischio. Ne emerge un quadro piuttosto serio, dove sul totale di 2.760 edifici, gestiti dalle aziende casa, presenti nella zona sismica 1 (la più a rischio), 1.100 necessitano di interventi di miglioramento urgenti.

Lo studio condotto da Federcasa ed ISI ha permesso di raccogliere informazioni su un campione di 190.357 alloggi, per un totale di 20.448 edifici, che rappresentano circa il 30% del totale gestito nelle zone sismiche di riferimento (1, 2 e 3). Sono state analizzate importati informazioni, che influenzano fortemente la vulnerabilità sismica degli edifici considerati, ovvero le caratteristiche strutturali, geometriche e costruttive, la loro esposizione, nonché la pericolosità del sito di costruzione. Informazioni, queste, che hanno consentito di elaborare una provvisionale stima del rischio sismico dell’intero patrimonio, nonché del costo di miglioramento/adeguamento sismico. L’8.4% degli edifici si trova in zona sismica 1, il 38.1% nella 2 ed il restante 53.5% nella zona 3. Il 10.2% degli edifici rilevati risalgono a prima del 1940, mentre il 75,7% è stato realizzato dal 1941 al 1990. Gli edifici realizzati successivamente (dal 1991 al 2010) rappresentano l’11% del campione considerato. Una bassissima percentuale (3.9%) ha subito interventi di carattere strutturale, indipendentemente dall’anno. Per quanto riguarda la tecnologia costruttiva, il 44.6% è stato realizzato in cemento armato, mentre il 52% in muratura. Edifici in muratura realizzati prima del 1980 sono quelli maggiormente esposti agli effetti del sisma.

"I risultato dello studio - ha detto Delrio - ci consentono di avere delle stime più accurate per il recupero e la messa in sicurezza del patrimonio residenziale pubblico, spesso fatiscente a causa della mancanza di risorse". 

Per adeguare tale patrimonio e garantire i migliori standard di sicurezza, servirebbero dai 360 ai 400 milioni di euro. Per raggiungere l’80% di sicurezza occorrerebbero investimenti compresi tra i 290 e i 320 milioni, mentre per arrivare almeno al 60%, il fabbisogno finanziario è stimato tra i 216 ed i 240 milioni di euro. Tuttavia le case popolari, ovvero le aziende di gestione, sono escluse dall’accesso al meccanismo fiscale del sisma-bonus, dedicato a persone fisiche. Una limitazione che se fosse eliminata, consentirebbe di avviare subito una prima tranche del piano di interventi  sugli edifici a maggior rischio, per circa duemila alloggi, per un totale di investimenti pari a 75 milioni.

Per questo, ha aggiunto Delrio, "proporremo nella prossima Legge di Bilancio di estendere all'edilizia residenziale pubblica gli incentivi al miglioramento sismico. Si tratta di facilitazioni molto importanti perché la messa in sicurezza delle nostre case è una questione di primaria importanza per il nostro territorio. È necessario che gli italiani capiscano che utilizzando il sisma bonus, rendono più sicuro il loro patrimonio edilizio".

Secondo il presidente di Federcasa Talluri l'estensione del bonus agli enti "consentirebbe di avviare subito una prima tranche di interventi sugli edifici a maggior rischio, per circa duemila alloggi, con investimenti pari a 75 milioni".

Il Governo, infine, ha anche un’altra priorità: non avere alcuna casa sfitta nel patrimonio residenziale pubblico entro il 2020. In Italia – ha infatti ricordato Delrio - ci sono ben 26mila alloggi  in cattivo stato di manutenzione e quindi non utilizzabili.  Una situazione "inammissibile per un paese in cui ci sono  quasi 5 milioni di poveri e circa 650 mila domande di casa popolare". Per il recupero e la riqualificazione di questi alloggi di patrimonio pubblico, "abbiamo trasferito alle Regioni 340 milioni. E’ questo il momento di fare il salto di qualità nel grande progetto di miglioramento del patrimonio residenziale nazionale".

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