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Destinazione d'uso: importanti chiarimenti della Cassazione

Cassazione: è consentita la modifica di destinazione d'uso funzionale che non comporti una oggettiva modificazione dell'assetto urbanistico ed edilizio del territorio e non incida sugli indici di edificabilità, che non determini, cioè, un aggravio del carico urbanistico, inteso come maggiore richiesta di servizi cosiddetti secondari, come ad esempio gli spazi pubblici destinati a parcheggio e le esigenze di trasporto, smaltimento di rifiuti e viabilità

Assume una certa rilevanza la recente sentenza 34812/2017 dello scorso 17 luglio della Corte di Cassazione (Penale) in materia di cambio di destinazione d’uso. Nello specifico, gli ermellini sono intervenuti in merito ad un ricorso avverso il sequestro di un immobile con destinazione commerciale, di cui era stata mutata dall'indagato la destinazione d'uso, adibendolo a luogo di culto, accogliendolo.

La Corte precisa infatti che la destinazione d'uso è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione, individuando il bene sotto l'aspetto funzionale, specificando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della differenziazione infrastrutturale del territorio, prevista e disciplinata dalla normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della diversa destinazione di zona.

L'organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d'uso in tutte le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono negativamente sull'organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale.

Il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante, pertanto, "è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell'ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico - contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell'ambito della medesima categoria".

La Cassazione ricorda anche che il mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie - come quello del caso di specie - è assogettato a SCIA, purché intervenga nell'ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d'uso sia eseguito nei centri storici, anche all'interno di una stessa categoria omogenea.

Dunque deve ritenersi consentita la modifica di destinazione d'uso funzionale che non comporti una oggettiva modificazione dell'assetto urbanistico ed edilizio del territorio e non incida sugli indici di edificabilità. Tale modifica non deve determinare "un aggravio del carico urbanistico, inteso come maggiore richiesta di servizi cosiddetti secondari, come ad esempio gli spazi pubblici destinati a parcheggio e le esigenze di trasporto, smaltimento di rifiuti e viabilità, derivante dalla diversa destinazione impressa al bene".