Data Pubblicazione:

Equo compenso a metà: vale solo per PA, banche e grandi imprese

Equo compenso: analizzando l'emendamento approvato al Decreto Fiscale che estende l'equo compenso a tutte le professioni, si evince che sono esclusi dal perimetro tutti i rapporti con i committenti privati

Equo compenso sì, ma solo a metà. Dall'analisi della norma inserita nel maxiemendamento al DL Fiscale approvato dal Senato e in dirittura d'arrivo alla Camera per la definitiva conversione in legge, si evince che l'equo compenso per i professionisti è limitato ai rapporti con le grandi imprese, alle banche e alle assicurazioni; con le amministrazioni, peraltro, risulterà effettivo in caso di affidamento diretto o a trattativa privata e nella fase esecutiva del contratto.

L'art.19-quaterdicies, infatti, esclude espressamente dal perimetro dell'equo compenso i rapporti fra professionista e "microimprese" (meno di 10 occupati e 2 milioni di fatturato), piccole imprese (meno di 50 addetti e 10 milioni di fatturato) e medie imprese (sotto i 250 addetti e meno di 50 milioni). La quasi totalità dei rapporti che intercorrono fra professionisti e committenti privati saranno esclusi, quindi, dalla disciplina dell'equo compenso.

Cosa prevede la nuova disposizione
Si va a introdurre l'art.13-bis alla legge 247/2012, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, allargando il perimetro a tutti i professionisti e lavoratori autonomi, anche quelli non iscritti ad un preciso albo professionale.

Attenzione: l’oggetto espressamente indicato dell’articolo 19-quaterdicies, comma 1, è la disciplina del compenso degli avvocati (e, quindi, anche dagli altri professionisti) nei rapporti professionali regolati da convenzioni con imprese bancarie e assicurative nonché di imprese diverse dalle microimprese e dalle piccole e medie imprese. Le nuove disposizioni si applicano nel caso in cui le convenzioni siano predisposte unilateralmente dalle imprese e tali convenzioni, salvo prova contraria, si presumono predisposte “unilateralmente”.

Il comma 2 del nuovo art. 13-bis definisce equo il compenso dell'avvocato determinato nelle convenzioni quando è "proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto" nonché "al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale", tenuto conto dei parametri determinati dal decreto del Ministro della Giustizia per la determinazione del compenso dell'avvocato per ogni ipotesi di mancata determinazione consensuale e liquidazione giudiziale. Sono qualificate come "vessatorie" le clausole contenute nelle convenzioni sopra indicate che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato.

Il comma 5 presume, in particolare, la natura vessatoria di alcune clausole, che vengono elencate, salvo che siano state oggetto di specifica trattativa. La
presunzione fa sì che spetti alle parti fornire la prova contraria, cioè dimostrare che quella disposizione contrattuale è stata oggetto di specifica trattativa. Vengono peraltro escluse come prova della specifica trattativa e approvazione le dichiarazioni contenute nelle convenzioni che attestano genericamente l’avvenuto svolgimento delle trattative senza specifica indicazione delle modalità.

L'elenco delle clausole di cui la proposta di legge presume il carattere vessatorio, fino a prova contraria, è introdotto dalla locuzione "in particolare". In base al comma 6, peraltro, due tipologie di clausole (riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto e attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve prestare a titolo gratuito) sono considerate vessatorie anche qualora siano state oggetto di trattativa e approvazione. Le clausole vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. In base al comma 8, la nullità opera soltanto a vantaggio dell’avvocato/professionista.

l comma 2 dell’articolo 19-quaterdicies estende il diritto all’equo compenso previsto per la professione forense, in quanto compatibile, anche a tutti i rapporti di lavoro
autonomo che interessano professionisti, iscritti o meno agli ordini e collegi
, i cui parametri sono definiti dai decreti ministeriali di attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012. Tale decreto-legge, con esclusivo riferimento alle professioni ordinistiche, ha soppresso le tariffe professionali ed ha introdotto i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi in caso di mancato accordo tra le parti. Per i lavoratori autonomi non iscritti a ordini e collegi non è previsto alcun procedimento per la determinazione dei parametri.

Problematiche applicative
Alcune indicazioni della norma sono specifiche per gli avvocati e difficilmente potranno ritenersi applicabili anche alle altre professioni (esempio l'anticipazione delle spese da parte dell'avvocato e la liquidazione delle spese di lite, importi per assistenza e consulenza in materia contrattuale ecc.). Qualche dubbio emerge anche con riguardo a tutti i lavoratori autonomi (cui si dovrebbe applicare in quanto compatibile la norma sugli avvocati), perchè non per tutti i "professionisti" con partita Iva esistono decreti di riferimento sui compensi (presenti invece, ad esempio, per le professioni ordinistiche).

Per quel che riguarda poi i rapporti con le PA, si prevede che debbano garantire il principio dell'equo compenso per le prestazioni rese in esecuzione di incarichi. In questo ambito, però, il compenso viene determinato dal confronto concorrenziale e quindi il prezzo che risulta dalla gara di per se è "equo". Diverso è il caso in cui l'amministrazione conferisce un incarico diretto o a trattativa privata: in queste ipotesi di configura un rapporto negoziale (sul tipo di quello privatistico). Nel pubblico l'effettività dell'applicazione del principio potrà invece aversi in sede di esecuzione del contratto; se ad esempio una stazione appaltante dovesse chiedere ulteriori prestazioni al professionista senza remunerarlo, potrebbe incorrere in un comportamento contrario al principio di legge.

MAXIEMENDAMENTO APPROVATO AL DL FISCALE IN SENATO