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Realtà Virtuale, BIM e design di progetto: un esempio concreto

È davvero vantaggioso utilizzare la Realtà Virtuale in fase di progettazione? Scopriamolo con un caso concreto

È davvero vantaggioso utilizzare la VR in fase di progettazione?

Quali sono i vantaggi possibili che spingono uno Studio di progettazione del settore Architettura ed Edilizia a utilizzare uno strumento così disruptive, così Industria 4.0 come la Realtà Virtuale?
Leggendo i redazionali delle software house che si occupano di Virtual Reality (VR) si direbbe che sia un qualcosa di irrinunciabile ma poi, sul campo, è proprio così? C’è un vantaggio effettivo? 

Chiariamo subito che stiamo parlando di una tecnologia che arriva da un altro settore, quello dell’Entertainment, in particolare del Gaming e che con quest’ultimo condivide la maggior parte degli strumenti.

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Fig.1- Prime prove di navigazione VR - courtesy BIMteam UK

Niente di nuovo visto che anche le tecnologie di progettazione digitale che oggigiorno utilizziamo per disegnare innocui tavolinetti e pacifiche villette discendono per la maggior pare da prodotti sviluppati per la progettazione di mezzi militari, aerei da guerra in particolare.
Però mentre nel Gaming i tempi di sviluppo di un nuovo videogioco possono essere lunghi e talvolta biblici (ne sanno qualcosa i fan di Duke Nukem), nell’ambito della produzione di un design progettuale le tempistiche sono diverse e il fattore 4D/5D (Tempi e Costi) è critico in ogni fase. 
Pertanto, posto che gli strumenti sono i medesimi, bisogna capire se si possono implementare in un workflow di progettazione BIM e ancor più importante, in quale punto di questo flusso.

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Fig.2 - Il modello del progetto (RVT + Enscape) pronto per la navigazione VR - courtesy BIMteam UK

A questo scopo nel 2015, qui in BIMteam, prende il via un progetto pilota volto a investigare l’utilizzo della VR nel design architettonico. Siamo tutti armati della massima apertura mentale ma anche di un solido pragmatismo. Il gioco deve valere la candela. 

Il progetto pilota

I punti fermi sono: Oculus Rift SDK2 (il massimo disponibile off the shelf a quel tempo) collegato a una workstation allo stato dell’arte e Autodesk Revit come programma di authoring. Sul come far interagire in pratica questi due sistemi, solo qualche vaga idea. 
Sì, perché le esperienze in architettura (riferite alla progettazione, non alla rappresentazione commerciale ex post) a quel tempo sono ancora poche e le fonti più attendibili sono perlopiù i forum stranieri che sussurrano ora di Unreal Engine, ora di Unity, ora di IrisVR e anche di un prodotto di Autodesk: Stingray, proposto come molto promettente e poi discontinuato nel 2017. Decideremo la strada cammin facendo, che vuol dire che le proveremo un po’ tutte ma di questo parleremo più avanti. 

C’è un’altra questione che emerge subito, questa volta non di ambito IT ma di best practice nel processo.
L’esperienza maturata nella VR (che seguiamo di persona dagli anni ’80 quando il sogno di ogni smanettone era una workstation Indigo di Silicon Graphics) e quella decennale nel BIM, suggeriscono che se vogliamo utilizzare la VR come supporto alla progettazione dobbiamo innanzi tutto deciderne gli ambiti di impiego e con pochi casi studio disponibili non è una cosa facile. 

Usarla nella fase di Concept non sembra una buona idea: l’impegno da profondere nell’approntamento di un modello “navigabile” mal si sposa con i tempi frenetici di realizzazione di una proposta al Cliente. Inoltre la possibilità di un flop tecnico nel mezzo di una presentazione pubblica consiglia parimenti di evitare rischi non necessari. D’altronde l’uso dei render nella fase di Concept è una prassi affermata (anche su questo ci sarebbe da dire, volendo) e tutto sommato è meglio far intravvedere al Cliente lo stretto necessario del progetto ma ben presentato piuttosto che sottoporgli ambienti ancora tutti da pensare e progettare. 

Poi c’è la questione dell’adattamento fisico a un dispositivo di VR come Oculus Rift SDK2: non tutti riescono a uscirne illesi alla prima esperienza. Indurre nel Cliente nausea e disorientamento spaziale non sembra la via furba per l’approvazione di un design o la firma di un contratto. 
Queste considerazioni ci portano in breve a ricollocare l’applicazione della VR alla fase di design post Concept. 

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Fig.3 - Corridoio e area igiene vista da altezza bimbo in VR con Escape - courtesy BIMteam UK

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Fig.4  - Corridoio e area igiene dal vero - courtesy Studio Paola Merlo/concettocremisi

Nel 2015 stiamo sviluppando come consulenti diversi progetti in ambito BIM di medie/grandi dimensioni per alcuni noti Studi italiani. Gli ambiti principali sono quelli HoReCa e Real Estate. Sono un po’ troppo articolati per una sperimentazione dai risultati incerti, inoltre non sono progetti “nostri” e quindi è meglio procedere con cautela. 
Abbiamo però in partenza un progetto che sembra ideale sia per taglia sia per questioni ambientali sia per la destinazione finale.
È il progetto di uno Studio Dentistico specializzato in Ortodonzia che, come spesso accade in questo settore, si rivolge principalmente a bimbi e adolescenti e solo sporadicamente agli adulti.
La sede è in Svizzera, a Lugano e il Cliente è un’affermata Professionista che ha fatto dell’uso di tecnologie innovative nel suo campo una bandiera. Dovremmo riuscire a coinvolgerla positivamente e a farci perdonare per qualche ritardo dovuto agli inciampi di una nuova tecnica.

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Fig.  5 - Area igiene e area tecnica vista da altezza bimbo in VR con Enscape - courtesy BIMteam UK

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Fig.  6 - Area igiene e area tecnica dal vero - courtesy Studio Paola Merlo/concetto cremisi

Il punto focale è che mentre nella maggioranza dei progetti di cui ci occupiamo ci riferiamo a una taglia fisica dei clienti come da standard, qui abbiamo una situazione peculiare. La maggior parte degli ambienti dello studio sono fruiti da giovani con le misure corporee funzionali alla loro età e visto che lo studio dentistico dovrà essere “bimbo/adolescente friendly” per una precisa logica di comunicazione e posizionamento commerciale, certi aspetti vanno garantiti.
Ci riferiamo in concreto alle altezze dei lavabi e delle sedie, alla possibilità di accedere ai riuniti odontoiatrici (le poltrone del dentista) anche per i più piccoli e ad altri aspetti che potrebbero essere ritenuti secondari come la possibilità di vedere cartoni animati trasmessi da uno schermo posizionato in prossimità della poltrona quando un chirurgo sta lavorando nella nostra (giovane) bocca. Scopriamo che è un ottimo sistema per far stare tranquilli i più piccoli ma dobbiamo essere sicuri che le testoline siano allineate correttamente agli schermi tv. Infine deve essere un ambiente gradevole per i piccini (in primis) e per i più grandi.

In pratica stiamo parlando di ergonomia e già che ci siamo estendiamo la cosa anche agli adulti e alle relazioni prossemiche tra persone e ambiente e tra persone e persone. Quello che vogliamo ottenere è una ragionevole sicurezza che il progetto risponda alle richieste del Cliente. Chi ha nel proprio portfolio diverse realizzazioni del genere oppure opera nel campo di edilizia scolastica sa bene cosa fare ma per noi è una prima volta.

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Fig.7  - Area igiene con lavabi adatti a ogni età - courtesy concettocremisi/BIMteam UK

Con un bagaglio di poche certezze partiamo e ci rendiamo conto che non possiamo fare troppo gli schizzinosi con la grafica. Cominciamo a lavorare con un modello in LOD 200 che abbozza i fondamentali del progetto e scopriamo che trasporlo in ambiente navigabile con gli engine per videogame sottrae troppo tempo ad altre attività.

Inoltre una serie di feature che sono fondamentali in un gioco digitale a noi non servono e quindi viriamo rapidamente verso IrisVR che però in quel frangente si rivela un po’ ostico e umorale.

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Fig. 8 - Area di attesa ad altezza bimbo in VR con Enscape - courtesy BIMteam UK

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Fig. 9 - area di attesa dal vero - courtesy Studio Paola Merlo/concettocremisi

C’è da dire che mentre un team si occupa del progetto architettonico, un altro sviluppa la parte di implementazione del VR quindi la disponibilità praticamente in tempo reale dell’ultima versione del modello Revit consente di continuare a sperimentare senza eccessivi rallentamenti del progetto.

Per le altezze degli utenti ci affidiamo al Runtime di Oculus Rift (Beta 0.6 e 0.7 a quel tempo) che ci consente di impostare valori di altezza differenti a seconda dell’utente impostato. Non riusciamo però a gestire l’allungo del braccio (che non solo è funzione della misura dell’arto ma anche al movimento della spalla e del torso) e quindi proviamo a utilizzare in parallelo Leap Motion ma senza grandi successi a causa di una tecnologia a quel tempo ancora approssimativa. 

La svolta vera però arriva nel momento in cui iniziamo a utilizzare Enscape che risolve i nostri problemi di renderizzazione in real time del modello navigabile in VR. In breve, dopo averlo implementato su un modello Revit rigoroso, riusciamo a raggiungere la maggior parte degli obiettivi che ci siamo posti con l’uso della Realtà Virtuale e quanto rilevato viene trasmesso al team di progettazione per le modifiche del caso. Non sono modifiche sostanziali ma pare che lo Studio, attivo da più di due anni, sia molto apprezzato da utenti di ogni età.

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Fig.  9 - Sedute per i più piccoli nell’area di attesa - courtesy Studio Paola Merlo/concetto cremisi

Concludendo possiamo dire che l’utilizzo della VR nella progettazione architettonica, a nostro parere, ha una buona valenza come strumento di verifica della bontà di progetto. Questo non vuol dire che non sia sostituibile con altre tecniche o, ancora meglio, con l’esperienza in progetti concreti. In questo progetto peculiare ha raggiunto lo scopo facendoci risparmiare tempo malgrado le incertezze iniziali e ormai è una pratica acquisita del nostro studio.

Per funzionare bene, però, non può prescinde da due punti fondamentali: un software di rendering rapido e semplice (ora aggiungeremmo alla lista altri nomi) e un modello 3D parametrico di alta qualità.

La chiara potenzialità del BIM in questo caso è rappresentata dal fatto che il software di authoring fornisce in maniera indipendente il modello che consente l’accesso al mondo virtuale senza dover interrompere il workflow di progetto. E questa situazione prosegue durante lo sviluppo del progetto fino a poter navigare un modello articolato e completo di tutti i suoi componenti compresi gli arredi e i materiali.

È inoltre auspicabile che venga affrontato con determinazione l’utilizzo della VR allo scopo di ottimizzare by design la fase di operatività dell’asset (e quindi sia la simulazione dello svolgimento delle operazioni manutentive e gestionali in fase di progettazione sia la formazione degli addetti a queste operazioni). Nel nostro progetto ticinese, per motivi di taglia, questo non è stato un punto rilevante ma riteniamo che molte delle potenzialità della VR troveranno applicazione nell’ambito dell’Asset/Facility Management.