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Tutela paesaggistica: di chi è la competenza per il procedimento autorizzatorio?

Consiglio di Stato: è la Regione l'amministrazione competente alla gestione dell'autorizzazione paesaggistica, sia nella valutazione di un'istanza di autorizzazione previamente richiesta, sia nella valutazione della sorte di una trasformazione illecita, a fini sanzionatori oppure di sanatoria

In via ordinaria, la competenza per il procedimento autorizzatorio, ai sensi dell’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, spetta alla Regione, previo parere della Soprintendenza statale (comma 5), anche se può delegarne l’esercizio, in presenza di determinati presupposti organizzativi e funzionali, agli enti locali (comma 6), conservando comunque il potere di intervenire in via sostitutiva, in caso di inerzia dell’ente delegato (comma 10).

Lo ha affermato a chiare lettere il Consiglio di Stato con la sentenza 312/2018 (disponibile in allegato), che può essere da 'mappa' di chiarimento nei casi simili, dove un'autorizzazione paesaggistica serve e non è stata chiesta, o comunque non viene concessa in sanatoria anni dopo l'abuso.

I fatti
Viene impugnato un provvedimento regionale col quale è stata contestata l’eliminazione della vegetazione forestale preesistente da terreni di loro proprietà nel Comune di San Martino Buon Albergo (secondo il provvedimento, avvenuta indicativamente tra il 2000 ed il 2003 per parte del mappale 70 del foglio 4, e tra il 2008 ed il 2009 per la restante parte e per il mappale 63, sempre del foglio 4 – per complessivi 5.500 mq), con impianto di vigneto, in assenza di autorizzazione paesaggistica (ex l.r. 52/1978 e d.lgs. 42/2004), ed è stato imposto il ripristino.

Il provvedimento ha anche affermato l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione in sanatoria, in quanto “gli interventi eseguiti abusivamente (riduzione di superficie boscata) non rientrano nelle fattispecie ascrivibili alle tipologie di cui al comma 4, art. 167 del d. Lgs. 42/2004 per le quali è prevista la procedura per l’accertamento della compatibilità paesaggistica".

Dopo il respingimento del Tar, la ricorrente si appella al Consiglio di Stato, sostenendo che, nel caso in esame, il disboscamento contestato sarebbe avvenuto in parte tra gli anni 2000 e 2003 e in parte tra gli anni 2008 e 2009, mentre gli accertamenti del Settore Forestale sono iniziati nell’anno 2009 e sono proseguiti sino al luglio 2011. Pertanto, nel caso di specie il procedimento è rimasto pendente per 7 anni, e ciò ha illegittimamente compresso la possibilità di difesa dei ricorrenti stessi, rendendo incontestabilmente più problematica la dimostrazione della condizione dei luoghi all’epoca dei fatti; per di più, in tale periodo, è addirittura cambiata la normativa regionale.

Tra i vari motivi di doglianza, segnaliamo quello della mancata rilevazione del vizio di incompetenza e di violazione dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004. Secondo i ricorrenti, cioè, non è di competenza del Settore Forestale Regionale (ovverosia, della Regione) stabilire, in via preventiva e in termini assoluti, se per un dato abuso sia ammesso, o non, il procedimento di sanatoria ambientale.

Inoltre, la categorica affermazione dell’insanabilità collide con il dato di fatto che lo stesso Settore Forestale ha riconosciuto che gli interventi eseguiti “non sembrano essere di grossa entità o comunque non tali da aver alterato in maniera significativa né il profilo del terreno, né l’assetto idrogeologico del versante”;

Tale considerazione sarebbe infine corroborata dal d.P.R. 31/2017 (“Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”), che ricomprende tra gli “Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica” (di cui all’Allegato A) anche gli “interventi di ripristino delle attività agricole e pastorali nelle aree rurali invase da formazioni di vegetazione arbustiva o arborea, previo accertamento del preesistente uso agricolo o pastorale, da parte delle autorità competenti e ove tali aree risultino individuate dal piano paesaggistico regionale”.

La decisione di Palazzo Spada
La censura dell'incompetenza regionale non può essere accolta poiché l'art. 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio riferisce l’adozione delle sanzioni ripristinatorie, come pure dell’accertamento di compatibilità paesaggistica ai fini del rilascio dell’autorizzazione in sanatoria, all'"autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica".

In via ordinaria, la competenza per il procedimento autorizzatorio, ai sensi dell’art. 146, spetta alla Regione, previo parere della Soprintendenza statale (comma 5), anche se può delegarne l’esercizio, in presenza di determinati presupposti organizzativi e funzionali, agli enti locali (comma 6), conservando comunque il potere di intervenire in via sostitutiva, in caso di inerzia dell’ente delegato (comma 10).

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, può dunque ritenersi che, ordinariamente – e salvi gli effetti della disciplina regionale sulla delega delle competenze amministrative e della sua applicazione nei confronti del Comune di San Martino Buon Albergo - sia la Regione l’amministrazione competente alla gestione dell’autorizzazione paesaggistica, sia nella valutazione di un’istanza di autorizzazione previamente richiesta, sia nella valutazione della sorte di una trasformazione illecita, a fini sanzionatori oppure di sanatoria. O, quanto meno, che anche la Regione, qualora il Comune delegato rimanga inerte, rientri nell’ambito delle amministrazioni “preposte alla tutela” competenti ad adottare le necessarie sanzioni.

Tanto meno la ricomprensione dell’intervento nella tipologia A19 degli interventi che non necessitano di autorizzazione ai sensi del d.P.R. 31/2017 può risultare dirimente, posto che si tratta di normativa entrata in vigore successivamente e che, comunque, subordina tale effetto di esenzione al previo accertamento del preesistente uso agricolo o pastorale ed alla individuazione delle aree da parte del piano paesaggistico regionale, presupposti che non sussistono nel caso in esame.

In via generale, comunque, è corretto quanto affermato dal TAR circa la limitazione della possibilità di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai casi previsti dall’art. 167, commi 4 e 5, richiamato dall’art. 146, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Infatti, i casi contemplati da dette disposizioni sono tassativi, e si riferiscono tutti a lavori inerenti fabbricati, sicché "non si può far luogo all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria nel caso di interventi non edilizi di alterazione di territori coperti da foreste e da boschi".

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