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Voucher digitalizzazione e credito di imposta per la formazione: professionisti penalizzati? Il punto

Sia per quel che riguarda i voucher per la digitalizzazione delle Pmi che per il credito d’imposta per la formazione, i professionisti in proprio e titolari di ditta individuale sembrano penalizzati nonostante la Corte di giustizia europea propenda per l’equiparazione dei liberi professionisti alle imprese in quanto i primi effettuano prestazioni di servizi con un compenso e subiscono l’onere di eventuali squilibri tra entrate e uscite

E' vero o no che i professionisti devono essere equiparati alle imprese? In teoria, sì, in pratica...nì. Quel che ha stabilito di recente la Corte di Giustizia UE, e cioè l'equiparazione dei liberi professionisti alle imprese motivata dal fatto che i primi effettuano prestazioni di servizi con un compenso e subiscono l’onere di eventuali squilibri tra entrate e uscite, non sembra essere stata recepita completamente dal Ministero dello Sviluppo Economico in due 'agevolazioni' attuali e molto 'calde'. Vediamole nel dettaglio

Voucher digitalizzazione
Lo scorso 19 gennaio è stata inviata al MISE una nota congiunta nella quale il Comitato Unitario delle Professioni (CUP) e la Rete Professioni Tecniche (RPT), in rappresentanza di oltre 2 milioni di professionisti, segnalano che la misura agevolativa denominata “Voucher per la digitalizzazione delle PMI” (decreto direttoriale 24 ottobre 2017), esclude di fatto l’accesso a tale misura agli studi professionali e, più in generale, ai liberi professionisti, contravvenendo alla normativa vigente in materia di equiparazione tra PMI e professionisti esercenti attività liberali e di diritto di accesso di questi ultimi ai fondi europei FSE e FESR.

Ricordiamo, come ampiamente approfondito su Ingenio, che la misura è volta a sostenere le micro, piccole e medie imprese e prevede un contributo, tramite concessione di un “voucher”, di importo non superiore a 10 mila euro, finalizzato all'adozione di interventi di digitalizzazione dei processi aziendali e di ammodernamento tecnologico.

Le speciali FAQ del MISE sul voucher specificano, alla risposta n.1.3, che ai fini dell'accesso alle agevolazioni, le imprese sono tenute al rispetto di tutti i requisiti individuati all'art. 5 del decreto 23 settembre 2014, tra cui è previsto l'obbligo, alla data di presentazione dell'istanza di Voucher, di essere iscritti al Registro delle imprese. Pertanto, gli studi professionali e, più in generale, i liberi professionisti possono accedere alle agevolazioni solo qualora svolgano la propria attività in forma di impresa e siano iscritti, alla data di presentazione della domanda, al Registro delle imprese.

Stando all'interpretazione letterale di quanto sopra scritto, un architetto o ingegnere o uno studio professionale 'classico', quindi, in quanto non iscritti al registro delle imprese, non potrebbero accedere alle agevolazioni del voucher digitalizzazione.

Eppure, come fanno notare il CUP e la RPT, i liberi professionisti, come statuito dall'art. 1, comma 474 della Legge di Stabilità 2016, sono equiparati alle imprese nell'accesso ai fondi europei: essi possono accedere, come le PMI, ai piani operativi regionali e nazionali del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che rientrano nella programmazione 2014-2020. 

Il comma 474 dispone nello specifico che i Piani operativi POR e PON dei fondi Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rientranti nella Programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, si intendono estesi anche ai liberi professionisti, in quanto equiparati alle PMI come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, dalla Raccomandazione della Commissione europea 6 maggio 2003/361/CE e dal Regolamento UE n. 1303/2013, ed espressamente individuati, dalle Linee d'azione per le libere professioni, del Piano d'azione imprenditorialità 2020, come destinatari a tutti gli effetti dei fondi europei stanziati fino al 2020, sia diretti che erogati tramite Stati e regioni.

Quindi? Che si fa? Considerando - chiudono i tecnici - che la disciplina attuativa della misura è stata adottata con il decreto interministeriale 23 settembre 2014, quindi precedente alla statuizione della Legge di stabilità 2016, alla luce delle disposizioni richiamate, si richiede di modificare la documentazione a supporto del finanziamento al fine di estendere, in modo esplicito, il beneficio previsto anche ai liberi professionisti interessati. In particolare il decreto direttoriale del 24 ottobre 2017 (pag. 6, punto 6) ed i relativi allegati pongono tra i requisiti per la partecipazione alla misura di agevolazione che i soggetti richiedenti siano registrati presso il Registro delle Imprese, escludendo di fatto i liberi professionisti, per i quali non è prevista l'iscrizione a tale Registro delle Imprese.

In definitiva, nelle more dell'adozione dell'atto necessario a recepire la disposizione contenuta nella Legge di stabilità 2016, da parte del MISE, si richiede un differimento dei termini di scadenza previsti dal bando (attualmente le richieste si possono trasmettere fino alle ore 17 del prossimo 9 febbraio).

Credito di imposta per la formazione
Anche qui la situazione è piuttosto intricata. La legge non sembra aprire a spiragli positivi per i professionisti, mentre conferma la possibilità per le ditte individuali. L'incentivo sarà concesso infatti a quelle imprese che effettueranno le spese in attività di formazione a decorrere dal 1° gennaio 2018: sotto forma di credito d'imposta, sarà riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di 300 mila euro per ciascun beneficiario e sarà pari al 40% del costo del personale in attività di formazione (elencate nell'art.1 comma 48 della Legge di Bilancio 2018) per ciascun anno. Le attività di formazione dovranno essere concordate attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali.

I commi di riferimento della legge 205/2017 sono quelli che vanno dal 46 al 56: in attesa delle disposizioni applicative, da adottare con apposito decreto interministeriale entro fine marzo 2018, si può semplicemente rifarsi a quanto 'recita' il comma 46: "a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato..." tende ad escludere il settore dei liberi professionisti dall'agevolazione in quanto essi, secondo l'ordinamento italiano, non sono considerati imprenditori.

In questo senso, viene disconosciuta l'equiparazione richiesta dalla sopracitata sentenza della Corte di Giustizia UE. Tornando al comma 46, vengono utilizzate le parole "...attribuito un credito d'imposta nella misura del 40% delle spese relative al solo costo aziendale del personale dipendente per il periodo in cui è occupato in attività di formazione negli ambiti di cui al...". Pertanto, se la ditta individuale ha in carico del personale dipendente, e se, quest'ultimo è stato occupato in quelle attività di formazione, allora il credito sarà fruibile. Se invece è il titolare della ditta individuale (cioè il professionista!) ad aver partecipato alla formazione allora il credito non sarà fruibile in quanto non è il personale dipendente ad essere coinvolto. Attendiamo, in merito, specifiche più chiare da parte del MISE.