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Edifici e Infrastrutture: tra Intelligenza, Cognitività e IoT

La digitalizzazione delle costruzioni può trasformarsi in un labirinto in cui i riflessi distorcono la percezione della realtà?

ANAS ha recentemente bandito, sulla scorta delle attività precedentemente proposte sulle Smart Road, dall'Unità di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, allora presieduta dallo stesso attuale presidente dell'ente predetto, Ennio Cascetta, una gara relativa al cosiddetto Internet of Roads.
Si tratta, in effetti, di una interessante iniziativa, affidata a chi si era, in passato, già occupato di creare condizioni micro fisico-ambientali personalizzate per edifici per uffici o di visualizzare gli stati d'animo dei visitatori in spazi pubblici.
Al contempo, l'Osservatorio dedicato della School of Management del Politecnico di Milano organizza un importante convegno intitolato Non manca (quasi) più nessuno: la Smart Home apre i battenti.

In un saggio intitolato Urban Sensing:Towards a New Form of Collective Consciousness, Antoine Picon, oggi alla GSD a Harvard University, a cui si deve un importante volume sulla Ville Intélligente, non lontano, dunque, da coloro che, sempre a Boston, Ma., sono stati precedentemente evocati, afferma: the digital revolution also brings to sensing the possibility of sharing the sensory in way that were still unthinkable a couple of decades ago. Whereas traditional sensing was a unique experience difficult to communicate—hence the crucial importance of the arts in such a communication—such is no longer the case in the digital age, avvertendo, però, che without opacity and inertia, without materiality envisaged as a resistance to our capacity to scheme, urban sensing could end up transforming itself into a labyrinth of misguided perceptions, a fascinating shared sensorium analogous to the halls of mirrors.

La riflessione che, in questi anni, specialmente all'interno del centro interdipartimentale e multidisciplinare eLux Lab dell'Università degli Studi di Brescia, ho potuto condurre sui Cognitive Built Asset mi induce a pensare, sulla scorta di quanto affermato dallo studioso francese, che quello della digitalizzazione possa facilmente trasformarsi in un labirinto in cui i riflessi distorcano qualsiasi percezione della realtà.
In particolare, il racconto più affascinante è quello condotto a proposito dei Cognitive Built Asset, promosso, in particolare, da IBM, in rapporto ai Living Service di cui accennava Accenture.
Il migliore interprete di questa narrazione è, senza dubbio stato Andrew McNaughton che, a proposito di High Speed 2, ha avuto la forza di immaginare una infrastruttura ferroviaria quale erogazione di esperienze individualizzate di viaggio contestualizzate nelle fasi precedenti e successive al tragitto medesimo.
Se, peraltro, guardiamo a questa esperienza, il recente intervento di Sonia Zahiroddiny a Dublino spiega esemplarmente come questo tentativo, che consiste, in definitiva, almeno in teoria, nel concepire assieme, sin dall'inizio le opere d'arte, l'armamento, il segnalamento e il materiale rotabile, in funzione dei servizi interconnessi e sartoriali erogabili nel corso dell'esercizio, implichi la definizione di Data Model assai sofisticati che governino il Common Data Environment.

In altri termini, l'ambizione potrebbe consistere nel progettare gli spazi e le opere contestualmente ai servizi, attraverso le stesse modalità di simulazione.

Oggi, in effetti, la «architettura» dei sistemi «intelligenti» prevede essenzialmente che dispositivi collocati negli spazi, nei componenti, presso le persone, siano connessi, che generino e scambino dati in formati digitali, computazionalmente, generando semi-automatismi nelle prestazioni degli oggetti «non umani» che siano attagliati al singolo soggetto utente che sia in relazione con essi.
Il meccanismo prevede che anche una parte delle sensazioni, della sensorialità, oltre che delle intenzioni e delle fisiologie, degli «abitanti» rientri nell'ecosistema digitale e sia tradotto, appunto, in termini numerici.
Tutto ciò dovrebbe, infine, consentire di avere una «intelligenza» dei fenomeni, di semplificare le interazioni tra utenti e prodotti immobiliari e infrastrutturali, di prevedere le esigenze e i comportamenti degli individui, apprendendo da essi: sino a «orientarli»?.

In realtà, questo passaggio dalla «intelligenza» alla «cognitività» dei cespiti, degli «immobili» che diverrebbero proattivi, adattivi, interattivi, «dialettici», nei confronti dei fruitori cela molte incognite e molte inquietudini.

La prima di esse riguarda un aspetto apparentemente innocuo, quello dell'Information Model, sempre più onnicomprensivo, sembra più «ambiente di condivisione dei dati», da intendersi come Digital Twin, nel senso che questo gemellanza digitale, questo essere, il modello digitale, doppio dell'analogico, in verità, nasconde una con-fusione, non una replica, così come è chiaramente indicato da espressioni quali «cibernetico-fisico» o «realtà mista».
D'altronde, che cosa veramente sovrintenda all'essere riconosciuto, l'utente, al risveglio, dagli elettrodomestici che si organizzano collettivamente in funzione delle sue decisioni (quanto etero-dirette?), all'essere micro-climaticamente seguito nei suoi spostamenti, all'essere «guidato» (tracciato) nella propria mobilità dai veicoli autonomi e dagli ascensori intelligenti, all'essere condotto al momento giusto nel luogo più idoneo in mensa ovvero al binario della stazione ferroviaria oppure dell'area di servizio o, ancora, alla porta non prima di avere visitato alcuni negozi dell'aeroporto?

Con che cosa il fruitore direttamente interagirebbe? Coi componenti, cogli spazi, col territorio, coi sensori, cogli apparati mobili, con una piattaforma in cloud?
Come interagirebbe? Attraverso comandi vocali, gestuali o altro ancora?

Ovviamente, in apparenza, gli spazi e gli oggetti sensorizzati comunicherebbero dati che concernono se stessi: il risparmio energetico di un involucro, la condizione strutturale di un ponte, e così via, permetterebbero di rendere più «virtuosi» e «sicuri» (o produttivi?) i contributi degli utenti al risparmio energetico o alla propria incolumità.
Ma, in realtà, in che misura rivelerebbero dell'occupante o del viaggiatore la storia che si consuma in tempo reale, come, addirittura, ne limiterebbero l'azione: in nome del «benessere»?
Naturalmente, la capacità di comunicazione e di interazione di un frigorifero, di un autoveicolo, di un serramento e di una trave sono dissimili, così come lo è la loro capacità dinamica di evoluzione o di mobilità.
Il quesito maggiore continua, tuttavia, a riguardare l'identità degli attori del Settore e la natura dei cespiti.
Che cosa, infatti, si concepisce? Di primo acchito, si potrebbe affermare che si possano contemporaneamente progettare strutture, impianti, involucri e sensori oppure ponti, viadotti, gallerie e sensori.
Più probabilmente, ideeranno in termini materiali e tangibili, le architetture di sistema (informativo-gestionale) che mettono in relazione tutte queste entità.
Si comprende, però, che l'oggetto della progettazione divengono i servizi, o meglio, i comportamenti: tutto diventa Operation, le operazioni, appunto, di imbarco per il volo piuttosto che non la fruizione di una postazione in ufficio.

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La sequenza ideale è, infatti, quella di tradurre, colla modellazione informativa, l'edificio o l'infrastruttura in termini computazionali, di permettere la simulazione dei flussi occupativi, di simularne la fruizione immersivamente, di anticipare le interazioni dei fruitori colla Gamification, di virtualizzarne l'interazione nella prospettiva della interconnessione.
Al contempo, quei volumi tridimensionali che identificano l'abitazione, l'ufficio, il vagone ferroviario, la cabina di un aereo, sono, nella loro veste digitale, come modelli informativi geospaziali, il ricettacolo dei dati strutturati in informazioni relativi agli stili di vita, ai consumi, alle opinioni, alla redditività-solvibilità, ecc.

Esisteranno sempre, non vi è dubbio, progettisti di edifici e di infrastrutture, produttori di componenti più o meno sensorizzati così come di sistemi per Smart Home, Smart Building, Smart Land, Smart Infrastructure, costruttori e installatori per la loro realizzazione, manutentori e gestori per il loro esercizio: potranno essere, forse, in parte sostituiti da algoritmi e da automi.
Al contempo, però, la questione esistenziale riguarderà il profilo dei committenti e degli sviluppatori. Che cosa significherà divenire City o Land Provider? Erogare energia o acqua, gestire il portierato e le pulizie, manutenere elementi immobili e mobili, offrire servizi alla persona, rendere più «produttivo» l'occupante? Regolare i comportamenti?