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Immobili vincolati: la Direzione dei Lavori spetta all'architetto e non all'ingegnere

Tar Campania: è giusto che il comune riservi la direzione dei lavori su un immobile sottoposto a tutela culturale e ambientale ad un professionista in possesso della qualifica di architetto

La riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le qualil'art.52 del R.D. n. 2537/1925 prevede la competenza anche degli ingegneri. La competenza degli architetti si estende inoltre anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo quando presentino "rilevante interesse artistico".

I 'paletti' sono stati ricordati dal Tar Campania nella sentenza 3718/2018 dello scorso 5 giugno, che ha legittimato la decisione di un comune di riservare la direzione dei lavori su un immobile sottoposto a tutela culturale e ambientale (e per i quali la Soprintendenza aveva espresso parere con precise prescrizioni) ad un professionista in possesso della qualifica di architetto.

Secondo quanto disposto dal sopracitato art.52, infatti, "le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere".

Il Tar aggiunge anche che non è condivisibile la tesi di parte ricorrente che riconduce l'intervento a meri lavori a carattere edile di completamento e di natura impiantistica; invero, la deduzione collide con le risultanze di causa e, segnatamente, con il descritto parere della Soprintendenza che, come si è visto, ha ritenuto imprescindibile la qualificazione della impresa incaricata per la categoria OG2 che, come noto, attiene più in generale al restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali (quindi ad un complesso di interventi più ampio rispetto alla mera attività di impiantistica e di completamento edile prospettato dalla parte istante).

Infine, è interessante richiamare il passaggio in cui si sottolinea che, con sentenza n. 21/2014 (richiamata nella pronuncia del T.A.R. Veneto n. 743/2014, a sua volta citata nel provvedimento impugnato) il Consiglio di Stato, richiamando anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non sia esatto affermare che l'ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi dell'U.E. diversi dall'Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l'indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico-artistico); al contrario, giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che l'esercizio di tali attività - in regime di mutuo riconoscimento – è consentito ai soli professionisti che (al di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. In altri termini, è sempre vigente ed applicabile, non contrastando con il diritto comunitario, la su citata normativa nazionale secondo cui la progettazione e la direzione lavori su beni di interesse storico e/o artistico è riservata agli architetti, ovvero a coloro che hanno compiuto un percorso formativo equiparabile a quello che in Italia è necessario per conseguire tale titolo.

Quindi, la giurisprudenza amministrativa ha concluso sul punto che la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.

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