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Architetti e Ingegneri: versamenti a Inarcassa non dovuti se l'attività non è strettamente correlata al titolo

Cassazione: se le attività svolte dal professionista non sono strettamente connesse con il suo titolo professionale, non è obbligatorio il versamento dei contributi a Inarcassa

I contributi a Inarcassa da parte dei professionisti tecnici, ingegneri e architetti, non sono sempre dovuti: se, infatti, la prestazione svolta non è strettamente collegata al titolo professionale, si possono omettere.

L'importantissimo principio è contenuto nella sentenza della Cassazione Lavoro n.20389-2018 dello scorso 1° agosto, riferita al caso di un ingegnere nucleare il quale aveva svolto un'attività di marketing come consulente per un'azienda, occupandosi nello specifico di analisi di marginalità (costi benefici) e analisi dei processi per porre i prodotti sul mercato.

Lo stesso ingegnere, iscritto ad Inarcassa, non aveva versato i contributi sui compensi percepiti per queste attività perché considerate estranee all'ambito della sua categoria professionale. Inarcassa era insorta, chiedendo il pagamento dei contributi sui compensi percepiti e una sanzione. Da qui l'intervento della Cassazione.

Professionisti tecnici e obbligatorierà dei versamenti Inarcassa

La Corte Suprema ha respinto il ricorso della Cassa dei professionisti, perché in questo specifico caso l'attività svolta dall'ingegnere in realtà "era connotata dalla sua prevalente operatività delle strategie di marketing, quindi estranea all'ambito della riserva della categoria professionale, come prevista dagli artt. 51 e 52 del Regolamento di cui al RD 2537/1925".
 
I giudici hanno escluso quindi ogni nesso di riferibilità tra l'attività svolta ed il bagaglio culturale tipico del titolo professionale acquisito con la laurea in ingegneria nucleare, ritenendo "non dovuti" i contributi richiesti da Inarcassa.

Letteralmente, per la Cassazione, "in tema di previdenza di ingegneri e architetti, l'imponibile contributivo va determinato alla stregua dell'oggettiva riconducibilità alla professione dell'attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando che le cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscono sull'esercizio dell'attività. La limitazione dell'imponibile contributivo ai soli redditi da attività professionali tipiche non trova fondamento nell'art. 7 della legge n. 1395 del 1923 e negli artt. 51, 52 e 53 del r.d. n. 2537 del 1925, che riguardano soltanto la ripartizione di competenze tra ingegneri e architetti, mentre l'art. 21 della legge n. 6 del 1981 stabilisce unicamente che l'iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità".

Prestazioni professionali passibili di contributi e collegamento con il titolo

In definitiva assume, ai fini dell'iscrizione, l'oggettiva valutazione dell'attività svolta, avendo il profilo soggettivo, ovvero la qualità di ingegnere e il bagaglio professionale a cio' collegato, solo un peso indiretto costituito, eventualmente, dall'utilizzo delle cognizioni possedute in ragione del titolo conseguito.

Ciò significa, nel caso di specie, che alcun effetto deve attribuirsi al fatto che il protagonista della vicenda fosse ingegnere, dovendosi invece valutare l'attività concreta svolta dallo stesso. "In particolare il possesso di una laurea in ingegneria nucleare ed il bagaglio culturare a ciò conseguente, risultano elementi estranei alla concreta attività di analisi marketing in quanto non riconoscibili nella attività svolta" dall'ingegnere.

Per i giudici deve quindi escludersi che nel caso in esame sia riscontrabile lo "speciale contributo fornito dal professionista", in ragione delle sue specifiche competente legate al titolo posseduto, anche in settori tradizionalmente estranei alla struttura formativa del professionista, tale quindi da influire direttamente nell'attività svolta e da connotarla significativamente.

LA SENTENZA INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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