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Come garantire la sicurezza di strutture a rischio di incidente con rilevanti conseguenze: alcune proposte

Una soluzione viene dalla filosofia della sicurezza delle insfrastrutture nucleari. Scopri qual è

A seguito del doloroso evento di Genova l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma e in particolare gli ingegneri strutturisti appartenenti alle Commissioni dell’Area Nucleare dello stesso Ordine, vogliono offrire un loro contributo, delle loro considerazioni per evitare future catastrofi di questo tipo.

La "filosofia della sicurezza" delle insfrastrutture nucleari

Essi ritengono che, al fine di una efficace prevenzione di simili evenienze, sia necessario mutuare per strutture civili di determinate opere convenzionali la “filosofia della sicurezzadelle infrastrutture nucleari e degli impianti chimici a rischio incidente rilevante.

Questo, sia per il maggior numero di ipotesi incidentali ipotizzabili e le conseguenti ridondanze da adottare, che per le metodologie di controllo e vigilanza (su progettazione, costruzione, esercizio) che, basate su protocolli internazionali, ne assicurano l’assoluta indipendenza.

Si osserva anzitutto che la principale differenza fra i due casi è che, mentre in ambito convenzionale ci si affida solo alle norme tecniche (Eurocode, ASME, ACI, regolamenti nazionali), nell’ambito suddetto si è istituita una "superprocedura di studio e controllo" basata su entità quali il Rapporto di Sicurezza che studia, fatto salvo il rispetto delle norme, tutti i possibili incidenti credibili, dovuti a fenomeni naturali e azioni umane deliberate o no, e le loro combinazioni eventistiche.

In base a questa "superanalisi" si impostano

  • i programmi di controllo ed ispezione; 
  • le procedure di gestione di un incidente severo; 
  • il piano di emergenza esterno;

il tutto sotto il controllo di un ente indipendente, competente ed autorevole, esclusivamente dedicato alla sicurezza delle opere.

Si ritiene, pertanto, necessaria una procedura simile per opere civili a rischio di grave incidente (viadotti, trafori con criticità, bacini montani, dighe, porti , ecc.), che analizzi in modo esaustivo gli scenari incidentali e gli effetti indiretti di ogni fenomeno e/o carico agente. 

Nel caso italiano si potrebbe creare una "rete" per i controlli che includa le competenze istituzionali oggi esistenti, operando alternativamente attraverso 

  • la creazione di un Ente apposito,
  • l’attribuzione di gestione del sistema ad Enti quali Ordini degli Ingegneri, ISPRA, ENEA, CNR, VVFF, INGV, PROTEZIONE CIVILE, Consiglio Sup. Lav. Pubblici, e relative Commissioni ecc., che potrebbero fornire competenze e risorse opportunamente coordinate 

A supporto dell’approccio proposto, si osserva che l'AEC americana nacque dopo e sull'onda delle bombe in Giappone, l'organizzazione per i Major Hazards in Gran Bretagna dopo l'incidente di Flixborough e la Direttiva U.E. ”Seveso” a seguito dell'incidente del 1976. 

Non è escluso che sia l’U.E. a prendere l’iniziativa di una nuova Direttiva dopo il disastro di Genova.

Tra l’altro si riscontra, in generale, come il diritto costituzionale della sicurezza del cittadino sia assicurato con approcci del tutto differenti per le diverse attività che possono avere un impatto su di essa (costruzioni, infrastrutture tecnologiche a rischio di incidente rilevante, opere ad alto impatto ambientale, impianti nucleari, ecc). In particolare non è possibile stabilire in che misura la tutela nei confronti dei diversi rischi ipotizzabili sia omogenea e commisurata all’entità del rischio stesso.

Il principio di ALARA

In proposito, si segnala che in ambito nucleare si ricorre al principio ALARA (acronimo di As Low As Reasonably Achievable), ove ogni esposizione alle radiazioni deve essere tenuta tanto bassa quanto è ragionevolmente ottenibile sulla base di considerazioni sia economiche sia sociali.

Una proposta di linee guida 

Si potrebbe partire da una proposta di linee guida (fundamental safety criteria, applicabili ad opere civili), discutendo la quale possono essere evidenziate tutte le necessità del caso, il perimetro di applicabilità e la disponibilità di norme tecniche di riferimento adeguate (gli enti di normazione potrebbero fornire il loro contributo).

Più in particolare, potrebbe essere necessario uno sforzo iniziale che consenta di mettere a fuoco:

  • gli obbiettivi che si intendono perseguire in termini di riduzione del rischio, con i criteri per la selezione delle opere a cui essi si applicano, e l’eventuale introduzione di un criterio di giustificazione delle opere programmate;
  • le tipologie di documenti da produrre (la “superanalisi”) ed i loro contenuti;
  • l’eventuale necessità di graduare i requisiti in funzione del rischio, di richiedere l’applicazione di procedure di gestione della sicurezza nelle organizzazioni responsabili;
  • le tipologie e le frequenze delle revisioni/verifiche periodiche;
  • l’impatto delle del nuovo approccio sulle opere esistenti, etc.

Assumere posizione su ciascuno di questi ed altri aspetti da un lato rappresenta un necessario approccio preliminare razionale, d’altro lato comporta aggiustamenti di norme tecniche esistenti o la produzione di nuove norme.

Un ente indipendente che vigili in assenza di guide o norme tecniche congruenti con le nuove scelte sarebbe, anche sulla base delle passate esperienze in vari campi, come un passaggio formale che pone in contradditorio tecnici con diverse formazioni e con diverse “pressioni”, non necessariamente convergente verso soluzioni ottimali. 

A partire da queste considerazioni di carattere molto generale, si ritiene sussistano le condizioni per mettere in atto uno sforzo concentrato per formulare una proposta concreta di maggior dettaglio, il più congruente possibile con le attuali normative e leggi.


Sin ringrazia l'Ordine degli Ingegneri di Roma per la gentile collaborazione


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