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L'Architettura, il Significato e l'Intelligenza del Dato: una Conversazione sui Dati Liberati

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Il Digital Talk dedicato alla architettura del dato e all'intelligenza che da quest'ultimo si può derivare, che ha avuto luogo il 17 Ottobre 2018 presso DIGITAL & BIM ITALIA con il coinvolgimento di Sonia Zahiroddiny (High Speed Two) e Alain Waha (Buro Happold) ha, a parere dello scrivente, in virtù del fatto che si trattava di due dei massimi Digital Strategist internazionali, con un forte background in Data Science, messo in evidenza assoluta il valore del dato numerico e computazionale, ben oltre e forse persino nonostante il BIM, potendosi, paradossalmente, tra le altre cose, menzionare anche il CAD:

Ciò nel senso che ormai, nei grandi interventi edilizi e infrastrutturali di cui i due esperti si occupano, i dati numerici, la loro (de)strutturabilità, la loro semantica (nonché le ontologie, in definitiva) costituiscono il presupposto per concepire i servizi che in essi o attraverso di essi saranno erogati assieme alla ideazione dei cespiti medesimi, nell'ottica della cognitività.

Si tratta, dunque, di immaginare, tra l'altro, organizzazioni in grado di elaborare biblioteche di entità tese a perseguire questo scopo, be oltre i tradizionali Information Requirement, ma recuperando le Language Question.

In buona sostanza, partendo dalla considerazione che ogni opera di questo genere costituisca un sistema di sistemi, la nozione, controversa, di gemello digitale si traduce nella possibilità di replicare e di simulare virtualmente e digitalmente, attraverso modelli e strutture di dati continuamente aggiornati (pure tramite sensori), non solo, e forse neppure tanto, i cespiti fisici, quanto, al contrario, le loro modalità di funzionamento e di fruizione.

Di conseguenza, si tratta, dunque, di affrontare temi e tipologie come la linea ferroviaria, la stazione aeroportuale, lo stadio o l'ospedale davvero come un sistema di relazioni tra la funzionalità del manufatto o della rete di manufatti, posti sul territorio e nel paesaggio, e l'operazionalità derivante dai flussi e dai comportamenti degli utenti a diverso titolo: attraverso una azione di disintermediazione, di liberazione, del dato dai supporti e dalle configurazioni.

Da queste osservazioni deriva, perciò, che l'ambiente di condivisione di dati connessi relazionalmente e aggiornati continuamente, pone le organizzazioni di fronte a una sfida inevitabile, ma tremendamente impegnativa, poiché gli ecosistemi (ma anche le basi di dati) che si generano, sempre più cognitivi, appunto, necessitano della massima apertura e non possono ricondursi ad alcuna soluzione univoca in commercio, bensì, al massimo, grazie ad adeguamenti sartoriali attuabili internamente da Data Scientist, possono mettere a sistema piattaforme parziali (eterogenee nei confronti dei soli ICT Player canonici del settore, implicando ibridazioni con ogni sorta di grande competitore del campo della gestione di enormi moli di dati) e le loro dotazioni di Big Data finalizzate all'Artificial e alla Business Intelligence.

Dalla lunga conversazione con gli strateghi digitali, ciò che è emerso è che non si tratta di introdurre meri automatismi che supportino le attività routinarie in maniera meccanicistica, riducendo e sostituendo il lavoro ad alta intensità di capitale intellettuale umano, bensì di esercitare una capacità progettuale, ideativa e creativa, nella architettura e nella modellazione dei dati, a prescindere dal supporto con cui essi sono, appunti, tradotti e mediati.

Naturalmente, tutto questo ha pure a che fare con la machine readability, ma non nella direzione di popolare l'ambito di automi, quanto di agire con una grande consapevolezza e cultura della computazionalità che finisce per permeare intere catene strategiche di fornitura, persino nella misura in cui la affidabilità della tettonica del dato e del suo fluire non richiederebbe nemmeno più sistemi di accertamento della coerenza e, comunque, essa sarebbe in grado di predirne la non conformità.

E' palese, peraltro, che, sotto questo profilo, la qualità del dato, oltre che la sua eterogeneità e la sua tempestività, risulta determinante per fondare un settore della costruzione e dell'immobiliare molto diverso da quello che siamo soliti conoscere e frequentare.

Il punto maggiormente delicato consiste nel fatto che le prospettive adombrate nel corso del colloquio di approfondimento appaiono sicuramente remote alla luce dello stato di avanzamento della digitalizzazione diffuso nei diversi Paesi, ma assolutamente inevitabili nell'ottica della centralità del dato che il BIM, nella sua fortuna e nei suoi limiti, ha contribuito sin qui a veicolare.

Progettare (e, in qualche modo, ri-progettare periodicamente o continuamente, nel caso di spazi di lavoro, di cura e di divertimento o di esperienze di viaggio) la funzionalità e l'attività (il ciclo della vita dell'opera e i cicli delle vite delle persone che con essa interagiscono) è ormai, almeno embrionalmente, realtà concreta nelle esperienze internazionali più avanzate.

Molto difficilmente i BIM Professional attuali potranno, da soli, soddisfare le esigenze operative di questa nuova dimensione del comparto: sarebbe, perciò, bene sin da subito allestire programmi formativi che tengano in conto questo scenario, oltre che pensare a organizzazioni domestiche in grado di interpretarlo.