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Riccardo Morandi, l’uomo, l’ingegnere e le opere: ricordo di un collaboratore

Sintesi della lezione tenutasi lo scorso 4 ottobre a L'Aquila

Questo articolo è un breve resoconto di una conferenza tenutasi il 4 ottobre 2018 presso il polo didattico di Ingegneria dell’Università dell’Aquila, alla presenza di studenti, ricercatori e liberi professionisti. La conferenza ha illustrato l’opera di Riccardo Morandi, attraverso la testimonianza di uno dei suoi più stretti collaboratori, Silvio Masciocchi. L’introduzione di Angelo Luongo illustra le motivazioni e l’impatto dell’evento.

Il perchè di un evento dedicato a Riccardo Morandi

Dopo la tragedia del crollo del Ponte sul Polcevera, ho assistito basito al profluvio di commenti levatosi dai settori più disparati della Scienza e Tecnologia. I media hanno rilanciato alla popolazione messaggi di scarsa affidabilità delle opere di ingegneria strutturale, che potrebbero aver minato alle basi il rapporto di fiducia che è sempre esistito tra ingegnere e società civile. Il tutto accompagnato da “schizzi di fango” che hanno macchiato la figura di un progettista, Riccardo Morandi, che è icona dell’ingegneria strutturale. Da direttore di un dipartimento di Ingegneria Civile e, soprattutto, da docente di Scienza delle Costruzioni, ho ritenuto necessario che i nostri allievi ingegneri sapessero chi fosse Riccardo Morandi, in quale periodo storico fosse vissuto, di quali strumenti scientifici e normativi disponesse, quali fossero i materiali e le relative conoscenze dell’epoca.

A questo fine, ho chiesto la collaborazione di uno stimato ingegnere aquilano, Silvio Masciocchi, che fu collaboratore di Morandi (e che ebbi il piacere di conoscere quaranta anni orsono, quando, da ingegnere neo-laureato, ho per breve tempo lavorato come ragazzo di bottega allo Studio Morandi). Gli ho chiesto di fare una lezione a classi riunite a tutti gli studenti di ingegneria civile, edile-architettura, ed ambientale della nostra Università, che ripristinasse la verità storica e trasmettesse ai ragazzi un ritratto di quello che era uno studio di ingegneria negli anni ’60-’70.

silvio-masciocchi-lezione-aquila.JPGLa lezione, dal titolo “Riccardo Morandi, l’uomo, l’ingegnere e le opere; ricordo di un collaboratore”, si è tenuta a Monteluco di Roio (AQ) il 4 ottobre 2018, nell’aula magna del polo di ingegneria, gremita di studenti, dottorandi, ricercatori, professori, autorità accademiche, professionisti e rappresentanti apicali dell’Ordine degli Ingegneri.

Il risultato è stato straordinario. Silvio Masciocchi ha rievocato, con commossi accenti che denunciavano affetto e stima verso l’uomo, la figura di Riccardo Morandi e le sue opere, coinvolgendo l’uditorio tutto in un sentimento di profonda partecipazione. Ha ripercorso le tappe dell’esperienza professionale di Riccardo Morandi, le sue invenzioni geniali, il suo contributo innovativo. Le sue parole hanno rapito l’uditorio, ed hanno impartito agli studenti una lezione magistrale, di tipo sia tecnico sia storico. Hanno recuperato alla memoria degli anziani e all’immaginario dei giovani, le radici profonde della ingegneria civile italiana.  

La conferenza ha suscitato interesse in generazioni così lontane negli anni: quella dei giovani di cinquanta anni fa (generazione “regolo calcolatore”), che vedevano in Riccardo Morandi l'esempio del "genio italiano", e quella degli attuali studenti (generazione “smartphone”), che sono rimasti stupiti e affascinati da quello che Morandi, con così pochi mezzi, è riuscito a realizzare. Ho rilevato commenti fortemente positivi da parte dei giovani, che sono arrivati a paragonare lo Studio Morandi ad una sorta di "bottega rinascimentale".

In conclusione, la conferenza ha permesso alla comunità aquilana degli ingegneri, nuovi e vecchi, di ritrovarsi a dibattere temi importanti, ma soprattutto a mettere in comune un patrimonio immenso di conoscenza, che è fondamentale a favorire la crescita delle nuove generazioni di tecnici.

Silvio Masciocchi e la sua esperienza con Riccardo Morandi 

Ho lavorato presso lo Studio Morandi a Roma dal 1976 al 1982 e, uscitone, ho continuato a collaborare con il Prof. Morandi fino ai suoi ultimi giorni di vita. Si può quindi immaginare quale onore sia stato per me ricevere dal Prof. Angelo Luongo un invito a tenere una conferenza su Riccardo Morandi. Avrei parlato dell’uomo che tanta importanza ha avuto nella mia vita umana e professionale, agli studenti, ricercatori e professori dell’Università in cui mi sono laureato, ed ai professionisti della città in cui sono nato e vissuto. Al di là delle motivazioni personali, ho accettato l’invito per diversi altre ragioni, che vado ad illustrare.

Il crollo del ponte sul Polcevera dell’Autostrada A10 è tragedia che mai sarebbe dovuta accadere, per il carico di vittime innocenti e le pesanti conseguenze che ha comportato sulla città di Genova e sul Paese. Il disastro, nella sua immediatezza, ha correttamente suscitato dibattiti su tutti i media, alla ricerca delle motivazioni che chiarissero il perché di un fatto così eccezionale.  Tuttavia, mentre la maggioranza dei tecnici che hanno partecipato ai talk shows, o intervistati, ha mantenuto un atteggiamento di prudente attesa di indagini che evidenziassero i reali accadimenti, qualcun altro ha azzardato ipotesi che hanno dato sponda, nell’immaginario collettivo, a facile dietrologia e sensazionalismo. E’ auspicabile, dunque, che, passato quel primo momento, si arrivi presto alla fase delle perizie e controperizie di parte, che, se pure utili al rimpallo delle responsabilità, serviranno a chiarire i reali accadimenti. 

Nella conferenza ho dato testimonianza dell’uomo-Morandi, con la sua enciclopedica cultura, e dell’ingegnere-Morandi, con la sua “filosofia progettuale” che lui stesso così ben descriveva in uno scritto del 1962: ”ho sempre amato schemi semplici facilmente controllabili, anche nei riguardi di una sempre possibile imperfetta esecuzione, ed in cui la disposizione e la forma delle varie membrature esprimesse chiaramente la funzione statica, cioè in ultima analisi la loro ragione di esistere”.

Ho descritto il modus operandi del suo Studio, la Morandi SpA, tutto proteso all’attuazione delle progettazioni che Morandi impostava sempre con massima dedizione e cura dei particolari (si veda ad esempio un disegno eseguito a matita da Morandi riportato sotto); ho cercato di far immedesimare l’uditorio nel periodo compreso tra gli anni dal 1960 al 1980, mostrando i metodi e gli strumenti di calcolo che all’epoca erano a disposizione dei progettisti, le scarne normative e le tecnologie costruttive ancora in via di sviluppo. 

disegno-morandi.JPG

Un disegno originale di Riccardo Morandi, relativo al Bridge over Sharm Obhur (Jeddah – Saudi Arabia) mai realizzato.

E’ seguita una carrellata delle opere più significative di Morandi, dai ponti ad arco quali lo Storms River Bridge (South Africa 1953/55) e il “Fiumarella” (Italia 1958/61) 

Storms River Bridge

Ponti ad arco: Storms River Bridge

Ponti ad arco: “Fiumarella”.

Ponti ad arco: “Fiumarella”.

a quelli strallati, partendo dal Maracaibo (Venezuela 1957/62), che gli ha dato notorietà mondiale, fino al Carpineto I° (Italia 1971/76), ultimo realizzato. 

Ponti strallati: Maracaibo

Ponti strallati: Maracaibo

Ponti strallati: Carpineto I°

Ponti strallati: Carpineto I°

Di tutti questi ho illustrato non solo il funzionamento statico, chiaramente auto-denunciato dall’opera, ma mi sono molto soffermato sulla descrizione delle fasi e dei dettagli costruttivi, a cui Morandi dedicava sempre grandissima attenzione.

Ho terminato quindi la disamina con l’Edificio della Fata di Torino, uno degli esempi più significativi di incontro fortunato tra un grande architetto, Oscar Niemeyer e un grande strutturista, Riccardo Morandi. 

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Edificio della Fata – Torino

Tutte le opere presentate, lette nel loro sviluppo temporale, hanno evidenziato la continua ricerca di innovazione strutturale sviluppata da Morandi.

Non poteva mancare ora la descrizione del “metodo Morandiper la realizzazione degli stralli precompressi: il loro aspetto teorico, molto semplice ma efficace, e quello realizzativo, decisamente più delicato e complesso. Ho voluto così dare ai convenuti le indicazioni e le conoscenze necessarie a sviluppare una propria capacità di interpretazione delle risultanze delle indagini sul ponte sul Polcevera, quando esse verranno rese note.

A conclusione dell’intervento, ho descritto la tecnologia ben più raffinata che attualmente viene utilizzata per i ponti strallati: i cinque strati di protezione degli stralli, i loro dispositivi per l’ancoraggio e tesatura, i “dampers” per lo smorzamento delle oscillazioni dinamiche, i “cross-ties”, gli accorgimenti aerodinamici per limitare l’azione del vento sull’impalcato, e quant’altro la scienza e la tecnica attuali ci ha messo a disposizione per realizzare strutture sempre più ardite ed impegnative.

Tutto ciò nella convinzione che tutte le conoscenze attuali, scientifiche e tecnologiche, discendono da quanto ci hanno tramandato i grandi Tecnici del passato, dalle loro esperienze, dalle loro vittorie ma anche, e forse soprattutto, dalle loro sconfitte; è grazie a loro che noi possiamo intraprendere e portare a termine grandi progettazioni. 

Una considerazione finale. Se oggi siamo portati a sorridere delle opere dei nostri predecessori, anzi talvolta a criticarle non contestualizzandole correttamente all’epoca del loro concepimento, cosa sarà mai delle nostre agli occhi dei futuri Tecnici, stante il vorticoso progresso della scienza e della tecnica?