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“Ingegneri: legittimati ad intervenire sugli immobili di interesse artistico”

Ad affermarlo è il Presidente del CNI, Armando Zambrano, che commenta la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea (Quinta Sezione, del 21 febbraio 2013) che mette fine all’annosa questione che vedeva contrapposti ingegneri ed architetti.

È la fine di uno steccato che, in un mercato europeo dei servizi professionali, non aveva più senso di esistere”. Così Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, commenta la recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea (Quinta Sezione, del 21 febbraio 2013) che dirime una annosa questione che vedeva contrapposti ingegneri e architetti. Oggetto del contendere il secondo comma dell’articolo 52 del Regio Decreto n.2537/1925 che delimitava l’intervento degli ingegneri sugli immobili di interesse artistico alla sola “parte tecnica”.
Secondo il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, tale limitazione doveva applicarsi anche ai laureati in ingegneria civile appartenenti agli Stati Membri diversi dall’Italia. Per poter operare nel nostro paese senza vincoli sugli immobili di interesse artistico, secondo il Consiglio nazionale degli Architetti PPC, i laureati in ingegneria civile di altri Stati Membri avrebbero dovuto sottoporsi ad una verifica in merito alle qualifiche possedute nel settore dell’architettura. La sentenza della Corte di Giustizia Europea spazza via tale imposizione. Nel considerando il punto 43 della sentenza, la Corte, infatti, dichiara “..contrariamente alla tesi difesa dal Consiglio nazionale degli Architetti….non può dedursi che la direttiva 85/384 consenta a detto Stato membro (l’Italia ndr) di subordinare l’esercizio delle attività aventi ad oggetto immobili di interesse artistico alla verifica delle qualifiche degli interessati in questo settore”.
Di conseguenza, secondo la Corte Europea (considerando il punto 51 della sentenza) “l’accesso alle attività previste all’articolo 52, secondo comma, del regio decreto n. 2537/25,….,non può essere negato alle persone in possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in uno Stato membro diverso dalla Repubblica Italiana”. “Questa sentenza” prosegue Zambrano “ha una immediata ricaduta anche sugli ingegneri italiani”. La Corte di Giustizia europea ha, infatti, ritenuto di doversi esprimere su tale questione perché non si può negare ad un ingegnere civile italiano “gli stessi diritti di cui il cittadino di un altro Stato membro, nella stessa situazione (in possesso cioè in una laurea in ingegneria civile, ndr), beneficerebbe in forza del diritto dell’Unione”.
La Corte di giustizia Europea ha dunque confermato l’orientamento del TAR Veneto (sentenza n. 3630 del 15 novembre 2007) che si era espresso sulla questione ritenendo che occorresse disapplicare il secondo comma dell’art. 52 “in quanto tale disposizione è incompatibile con il principio della parità di trattamento come interpretato dalla Corte costituzionale, a causa del fatto che i professionisti nazionali non possono essere trattati in maniera discriminatoria rispetto ai professionisti provenienti da altri Stati membri”.

Fonte: Ufficio Stampa Segni e Suoni