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Distanze tra edifici: anche la presenza di balconi assicura la possibilità di veduta! La sentenza

Cassazione: anche la presenza di balconi assicura la possibilità di veduta e quindi la loro presenza sul fronte del fabbricato impone l'applicazione della norma sulle distanze

Distanze in edilizia: anche i balconi contano

Anche la presenza di balconi assicura la possibilità di veduta (cfr. da ultimo Cass. n. 8010/2018, a mente della quale con riferimento ai balconi, rispetto ad ogni lato di questo si hanno una veduta diretta, ovvero frontale, e due laterali o oblique, a seconda dell'ampiezza dell'angolo) e, di conseguenza, la loro presenza sul fronte del fabbricato impone l'applicazione della norma sulle distanze di cui al DM 1444/1968.

Lo ha ricordato, cerchiandolo in rosso, la Corte di Cassazione nella recente ordinanza 4834/2019 dello scorso 21 febbraio, riferita al caso di un condominio, che aveva citato in giudizio una società immobiliare lamentando che la convenuta aveva realizzato su un'area un fabbricato a confine con l'edificio condominiale, ma a distanza inferiore a quella di legge individuata nella previsione di cui all'art. 9 del DM n. 1444/1968.

Il Tribunale di Milano - sezione distaccata di Legnano - rigettava la domanda ma la Corte d'Appello di Milano, con la sentenza n. 2123 del 18 maggio 2015, in accoglimento del gravame del condominio condannava la società convenuta a demolire ed arretrare le porzioni del fabbricato H, compresi i balconi sulle medesime aggettanti sino a garantire il rispetto della distanza di metri 10 dal frontistante condominio, secondo le indicazioni contenute nella CTU alle pagg. da 15 a 19, nonché al risarcimento del danno che quantificava nell'importo di 10.000,00 euro.

Distanze tra edifici e servitù di veduta: cosa rileva?

Si parte dal presupposto che, come ammesso da parte della stessa ricorrente, sulla parete del fabbricato di cui è stata ordinata la demolizione ovvero l'arretramento sono collocate, oltre ad alcune aperture, di cui si discute se abbiano carattere di veduta oppure di semplici luci, anche dei balconi, dei quali si è tenuto conto ai fini del calcolo delle distanze (sul presupposto che non fossero dei meri sporti ornamentali), come confortato anche dalla lettura del dispositivo.

La tesi della ricorrente è che, perché possa invocarsi la previsione di cui al citato DM del 1968 n. 1444, lungo una delle pareti frontistanti debbano aprirsi delle finestre intese quali vedute, con la conseguenza che, essendo state apposte delle sbarre in corrispondenza delle finestre ivi allocate, che impediscono la possibilità di affaccio, diretto, laterale e/o obliquo, non si sarebbe più al cospetto di vedute, ma di semplici aperture lucifere, che appunto non rilevano ai fini della norma in esame.

La Cassazione ha ricordato la giurisprudenza passata, che “ha costantemente ribadito che (cfr. da ultimo Cass. n. 26383/2016), poiché nella disciplina legale dei "rapporti di vicinato" l'obbligo di osservare nelle costruzioni determinate distanze sussiste solo in relazione alle vedute, e non anche alle luci, la dizione "pareti finestrate" contenuta in un regolamento edilizio che si ispiri all'art. 9 del d.nn. n. 1444 del 1968 – il quale prescrive nelle sopraelevazioni la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - non potrebbe che riferirsi esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come "vedute", senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono finestre cosiddette "lucifere" (conf. Cass. n. 6604/2012)”.

Deve quindi ritenersi che anche la presenza di balconi assicuri la possibilità di veduta e che quindi la loro presenza sul fronte del fabbricato impone l'applicazione della norma alla quale hanno fatto riferimento i giudici di merito (si veda per la giurisprudenza amministrativa Cons. Stato 5/10/2015 n. 4628, che ha ribadito che per pareti finestrate si devono intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere in esse anche quelle sulle quali si aprono semplici luci, nonché T.A.R. L'Aquila, (Abruzzo), 20/11/2012, n. 788, che ha specificato che ai sensi dell'art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi per "pareti finestrate", non solo le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo, bastando altresì che sia finestrata anche la sola parete che subisce l'illegittimo avvicinamento.

Quindi, attesa la presenza di balconi lungo la parete dell'edificio della ricorrente, va esclusa la dedotta violazione di legge, mentre risulta priva del carattere della decisività la pretesa omessa disamina della circostanza che alcune delle aperture non consentano l'affaccio, trattandosi di affermazione che non tiene conto della necessaria rilevanza che invece assumono i balconi ai fini della presente vicenda.

Mancato rispetto delle distanze: la demolizione è confermata

Viene respinto anche il quinto motivo di ricorso, che denuncia la violazione sotto altro profilo dell'art. 9 del DM n. 1444/1968 nonché dell'art. 113 c.p.c. e dell'art. 2058 c.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha condannato la società a demolire tutta la parete finestrata, sebbene la stessa fronteggi una parete priva di finestre.

La Corte, infatti, ha avuto modo anche di recente di ribadire il principio per il quale (Cass. n. 5017/2018) è illegittima una previsione che imponga il rispetto di una distanza minima di dieci metri tra pareti soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi, in quanto l'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 detta disposizioni inderogabili da parte dei regolamenti locali in tema di limiti di densità, altezza, e distanza fra i fabbricati, destinate a disciplinare le distanze tra costruzioni e non tra queste e le vedute.

Ad avviso del Collegio - quindi - la tesi della ricorrente non può essere condivisa in quanto contrasta con l'interpretazione che delle norme in esame è stata in passato offerta dal giudice di legittimità.Ciò perché assume carattere preminente, nel calcolo delle distanze, la parete munita di finestre, nel suo sviluppo ideale verticale od orizzontale rispetto alla frontistante facciata e non già la reciproca posizione delle finestre in entrambe le superfici aperte.

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