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Il Mercato della Costruzione e dell’Immobiliare "nel" o "del" Futuro

Come sarà nel futuro il mercato della costruzione e dell’immobiliare? Una nota del prof. Angelo Ciribini

Ricorrendo a forti semplificazioni e a notevoli forzature, come potremmo immaginarci il mercato della costruzione e dell’immobiliare in futuro?

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Anzitutto, come un luogo pervasivo, abilitato dalla Rete e dal Cloud, in cui a un investitore sia possibile identificare, in remoto e in tempo reale, attraverso un luogo digitalizzato globale di transazioni (un sistema interoperabile di digital marketplace), in base a criteri computazionali avanzati, la localizzazione più appropriata, reperendo, in primo luogo, grazie a esso, anche i capitali di debito, contemporaneamente alla ricerca di coloro che col cespite e coll’intervento da realizzare desiderino perseguire un progetto abitativo, occupazionale o di altra natura.

Tale ecosistema digitale dislocherebbe completamente investitori e finanziatori dai contesti territoriali, innescando una competizione universale per attrarre in esso il maggior numero di proprietari, di committenti e di operatori professionali e imprenditoriali, nei termini di un contesto rigorosamente computazionale, supportato dalle machine readable regulations degli Stati.

Sempre all’interno dello stesso ecosistema potrebbero trovare posto i consulenti di committenza meglio in grado di formulare numericamente i requisiti contenutistici e informativi, di ideare e di simulare profili comportamentali e servizi personalizzati: magari a distanza.

In un certo senso, di là dalla detenzione dei beni immobili, la stessa funzione committente potrebbe assumere una veste «terza», non dissimile da quella di progettisti, di produttori, di costruttori/assemblatori, di manutentori e di gestori.

Al centro del Business Model starebbero, infatti, i servizi esistenziali (certo, anche assistenziali) al cittadino nell’era della digitalizzazione: si tratterebbe, in effetti, di dare forma, in primo luogo, ai profili comportamentali e agli stili di vita, da contrattualizzare, entro una ottica di esasperata mobilità individuale e collettiva, territoriale, reddituale e anagrafica.

La medesima piattaforma consentirebbe all’investitore/committente, successivamente, di essere supportato da sistemi di configurazione semi-automatica degli spazi e dei componenti, eventualmente abilitati e validati da specifiche competenze progettuali multi-disciplinari, perché tesi a generare emozioni, sensorialità, percezioni.

Questi saperi progettuali, peraltro, non potrebbero limitarsi ad assumersi responsabilità inerenti alle morfologie e alle prestazioni iniziali degli edifici e degli inteeventi a essi relativi, ma potrebbero estendersi sino alla validazione delle modalità fruitive nel corso della durata dei contratti esistenziali.

La profilazione computazionale di questi elementi, unici o modulari che fossero, darebbe luogo alla scelta semi-automatica dei produttori degli stessi, dislocati territorialmente in prossimità, nonché degli assemblatori, tenuto conto dei vincoli imposti dal costruito esistente.

La configurazione delle soluzioni progettuali dovrebbe avere un carattere evolutivo, essendo, sin dalla fase di committenza, concepita per il ciclo di vita e per il ciclo delle vite.

Le strutture contrattuali, inerenti all’assemblaggio e alla gestione, dovrebbero essere completamente redatte in maniera computazionale, per mezzo di opportuni codici di calcolo.

La conformità tra i valori attesi e i valori conseguiti, oggettivamente accertata, definitivamente, per il tramite di dispositivi di notarizzazione, darebbe adito a immediate procedure di remunerazione auto esplicantesi dei soggetti situati entro la catena di fornitura.

I componenti edilizi e impiantistici, oltreché gli apparati mobili, completamente sensorizzati e interconnessi prima o sin dalla loro uscita dai luoghi di produzione, dialogherebbero continuativamente con il gemello digitale del cespite di cui fanno parte, così da offrire con esso soluzioni in caso di cattivo funzionamento prestazionale e fruitivo.

Di conseguenza, l’oggetto effettivo dei contratti, attinente più a un progetto esistenziale che non a un bene tangibile, sarebbe costituito dai servizi individualizzati alle persone che il «prodotto» immobiliare contribuirebbe attivamente a erogare in dialogo con queste ultime.

Questo scenario, piuttosto grossolano, presenta, tuttavia, la capacità provocatoria di mettere in risalto quanto il combinato disposto di circolarità, di digitalizzazione, di sostenibilità potrebbe ingenerare in merito a trasformazione della identità dei soggetti e della natura dei prodotti (e dei contratti).

A ciascuno compete di valutare l’improbabilità di questa ipotesi, ma certamente non dovrebbero mancare elementi per una riflessione.