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Distanze tra edifici: modo lineare o modo radiale? La corretta misurazione

Cassazione: i comuni possono stabilire distanze dal confine maggiori rispetto a quelle indicate dalla normativa ma senza alterare il metodo di calcolozione: le distanze tra edifici si misurano in modo lineare e non radiale

Distanze tra edifici: quale metodo si applica?

Le distanze tra edifici non ci mollano più: dopo le varie querelle e novità (o presunte tali) del Decreto Sblocca Cantieri, anche la Cassazione ci torna sopra e, in una recente sentenza (n.10580/2019 dello scorso 16 aprile), ricorda che con piano regolatore, i comuni possono stabilire distanze dal confine maggiori rispetto a quelle indicate dalla normativa ma senza alterare il metodo di calcolo lineare.

Distanze tra edifici: l'oggetto del contendere

Tutto nasce dalla citazione in giudizio, da parte di due proprietarie di un immobile, di una SRL che stava ultimando, nel terreno confinante con il loro, un fabbricato che violava le norme fissate dal piano regolatore generale comunale, in riferimento sia alla distanza tra edifici che a quella dal confine. Di qui, la richiesta di condanna al ristoro dei danni e di "riduzione a distanza legale mediante abbattimento" dello stabile.

La società non si arrende e impugna la sentenza lamentando la scorretta modalità di calcolo della distanza, radiale e non lineare - ma il giudice d'appello la conferma. Pertanto si arriva in Cassazione, ma nel frattempo, rileva la SRL, la vicenda non riguardava edifici antagonisti ma contrapposti solo di spigolo. E disattendendo il principio per cui "le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare" era stato erroneamente affermato che la distanza di 10 metri non sarebbe stata rispettata seppur calcolata in modo ortogonale.

Siccome il comune aveva, nel caso specifico, adottato un nuovo strumento urbanistico che prevedeva la misura lineare e non più radiale, il ricorso viene accolto dalla Cassazione.

Distanze tra edifici e piani regolatori generali: le regole del gioco

La massima, fondamentalmente, è questa: i regolamenti edilizi e i piani regolatori generali hanno valore di legge e possono sempre stabilire una distanza maggiore sia indicando una più ampia misura dello spazio che affidandosi ad una particolare misurazione. 

Quindi: il ragionamento di ritenere violata la distanza minima tenuto conto del metodo radiale era "lineare" ma contrastava con la tesi consolidata - e ribadita da Cassazione nella sentenza 9649/2016 - per cui "le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare".

Distanze tra edifici: lo scopo principale del limite

La Cassazione conclude ricordando lo scopo primigenio dell'art. 873 del Codice civile, che è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, e quindi la norma cennata non trova giustificazione "se non nel caso che i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farle avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto"

Quindi, concludendo, i comuni possono stabilire negli strumenti urbanistici distanze maggiori, ma non di certo alterare il metodo di calcolo lineare.

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