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Canna fumaria del pub: non serve il permesso di costruire (anche se da fastidio al condominio)

Tar Campania: l'impianto di trattamento di fumi e odori non costituisce un manufatto che richiede il permesso di costruire, a meno che non modifichi il prospetto del fabbricato

Canna fumaria: niente permesso di costruire

La canna fumaria del pub non va abbattuta, anche se il locale da fastidio ai condomini: è piuttosto interessante, quanto affermato dal Tar Campania (Salerno) con la sentenza 592/2019 dello scorso 11 aprile, che ha dichiarato illegittima l'ordinanza di demolizione adottata dal comune poiché l'impianto di trattamento di fumi e odori non costituisce un manufatto che richiede il permesso di costruire, a meno che non modifichi il prospetto del fabbricato. 

Ne deriva che, non necessitando l'installazione di una canna fumaria del permesso di costruire, non può essere colpito da un provvedimento di cui all'art. 31 del dpr 380/2001.

Un caso controverso: abuso edilizio, schiamazzi o immissioni acustiche?

Durante il sopralluogo in un pub, i vigili urbani scoprono che la cappa della cucina non è a norma. Il funzionario dell'ente dispone la demolizione minacciando l'acquisizione al patrimonio dell'amministrazione in caso d'inottemperanza, misura che i giudici reputano "sproporzionata". L'impianto di trattamento deve infatti ritenersi un volume tecnico, quindi un'opera priva di un'autonoma rilevanza dal punto di vista urbanistico e funzionale: il comune ne ingiunge la rimozione senza motivarla, per esempio perché il manufatto risulti molto evidente rispetto alla costruzione e alla sagoma dell'immobile.

In realtà, fanno notare i giudici del Tar, il pub in questione è stato già multato per schiamazzi, ma le immissioni acustiche rimangono fuori dal provvedimento annullato e resta l'impressione che "dietro lo schermo" dell'ordinanza edilizia il comune abbia voluto tutelare la salute dei condomini messa a rischio da fumi e odori di cucina: sarebbe però servito un provvedimento extra ordinem, quindi eccezionale. Questo perché l'ordinanza contingibile e urgente deve essere emessa dal sindaco, non dal dirigente dell'ente, e soltanto in caso di grave pericolo per la comunità.

Letteralmente, "l’ivi evidenziata commistione tra aspetti di natura urbanistico – edilizia ed aspetti di natura igienico – sanitaria (concernenti, in particolare, la salvaguardia della salute pubblica, asseritamente minacciata dai fumi e dagli odori provenienti dal locale, dov’era ubicata l’attività di ristorazione svolta dalla ricorrente: aspetti questi ultimi che, per quanto non espressamente esplicitati, nel testo del provvedimento gravato, emergono tuttavia, in maniera incontestabile, dal riferimento, in esso contenuto, alla relazione tecnica di sopralluogo, prot. n. 41966 del 21/09/2017 e al verbale della Polizia Municipale, prot. n. 37642 dell’11/09/2017), rende sostanzialmente condivisibile la prima censura dell’atto introduttivo del giudizio, con la quale s’è in pratica lamentato che – dietro lo schermo dell’adottata ordinanza, ex art. 31 T. U. Ed. – si volesse in realtà, da parte del Comune, piuttosto preservare – con un intervento, dalla chiara matrice extra ordinem – la salute dei residenti nell’immobile de quo (i quali del resto – come emerge dalla costituzione in giudizio del condominio controinteressato – più volte s’erano lamentati delle immissioni, odorigene e sonore, provenienti dal locale in questione; del profilo delle immissioni sonore si tratterà, peraltro, infra)".

Ma se lo scopo, cui il provvedimento impugnato in ultima analisi tendeva, era quello, testé enucleato, esso fuoriesce evidentemente dall'ambito del contestato abuso edilizio, e avrebbe piuttosto richiesto l'utilizzazione di un diverso strumentario giuridico, e segnatamente di un'ordinanza contingibile e urgente, ex art. 50 e 54 del d.lgs. 267/2000, ove ovviamente ne ricorressero i presupposti, con conseguente incompetenza del dirigente, firmatario dell’atto, spettando la sua adozione al sindaco.

La decisione finale

Il Tar evidenzia che deve fondatamente escludersi, aderendo alle suddette censure, che la canna fumaria de qua possa essere assimilata, per le sue concrete caratteristiche (“l’impianto della ricorrente è di piccole dimensioni, con nessun impatto sul paesaggio e non modifica minimamente il prospetto condominiale”), ad opera, per la quale fosse necessario il permesso di costruire, con conseguente impossibilità d’ordinarne la demolizione, ex art. 31 dpr 380/2001.

Del resto, la necessità del permesso di costruire è circoscritta ad ipotesi ben circoscritte e senz’altro differenti da quella, considerata nella specie: “L'installazione di una canna fumaria è riconducibile ai lavori di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3 comma 1 lett. d ), d.P.R. n. 380 del 2001, realizzati tramite inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c ), dello stesso d.P.R.laddove comporti, come nella fattispecie, una modifica del prospetto del fabbricato cui inerisce” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VIII, 1/10/2012, n. 4005).

In aderenza alle suddette argomentazioni, e prescindendo dagli ulteriori profili, pure evidenziati in ricorso, ne risulta provato che - non richiedendo, la contestata canna fumaria, il rilascio del p. d. c. - la stessa giammai poteva essere attinta dall’ordinanza di demolizione impugnata.

Le massime di giurisprudenza sulle canne fumarie

1. "La canna fumaria deve ritenersi un'opera priva di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, per la cui realizzazione non è necessario il permesso di costruire, a meno che non si tratti di opere di palese evidenza rispetto alla costruzione ed alla sagoma dell'immobile, occorrendo solo in tal caso il permesso di costruire. Nella specie, il Comune ha completamente omesso qualsiasi indagine, dando per scontata la misura demolitoria, senza alcuna motivazione sul punto e comunque nell'implicito erroneo assunto che le canne fumarie debbano tout court ricondursi ad opere sottoposte a permesso" (T. A. R. Abruzzo – L’Aquila, Sez. I, 7/04/2016, n. 209).
2. "È illegittima l'ordinanza di demolizione adottata in relazione all'installazione di una canna fumaria, relativa ad un impianto ecocompatibile a basso impatto ambientale alimentato con materiali biodegradabili, in quanto trattasi di opera priva di autonoma rilevanza urbanistico — funzionale e che non risulta particolarmente pregiudizievole per il territorio, costituendo peraltro un volume tecnico" (T. A. R. Calabria – Catanzaro, Sez. I, 17/04/2012, n. 391).

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