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Verifica di edifici in muratura tramite l’analisi statica non lineare: criteri di definizione degli stati limite

Alcune procedure per la definizione degli stati limite proposte in letteratura e nelle normative, unitamente ad altre sviluppate appositamente per gli edifici in muratura dagli Autori, confrontarne i risultati e valutarne le potenziali ripercussioni nei riguardi della valutazione della sicurezza sismica.

E’ ormai consolidato, sia nella ricerca che nella pratica professionale, l’uso dell’analisi statica non lineare per la valutazione della sicurezza sismica degli edifici esistenti in muratura secondo un approccio prestazionale agli stati limite. Diverse metodologie sono proposte in letteratura e nelle normative per la definizione degli stati limite: alcune sono basate su criteri di controllo del danno nei singoli elementi strutturali (maschi e fasce); altre monitorano il raggiungimento di prefissate percentuali del taglio sulla curva pushover rappresentativa della risposta globale; altre ancora operano controlli a livello di parete rispetto al raggiungimento di prefissate soglie del drift d’interpiano; infine recenti proposte propongono approcci misti con controlli a diverse scale.

Obiettivo della presente memoria è applicare criticamente alcune procedure per la definizione degli stati limite proposte in letteratura e nelle normative, unitamente ad altre sviluppate appositamente per gli edifici in muratura dagli Autori, confrontarne i risultati e valutarne le potenziali ripercussioni nei riguardi della valutazione della sicurezza sismica. I risultati sono presentati con riferimento all’analisi della risposta di un edificio prototipo analizzato con approccio statico non lineare parametricamente al variare di diverse configurazioni regolari o irregolari, con solai rigidi o flessibili, e di diversi dettagli costruttivi (con catene o cordoli di piano). 

La valutazione sismica di edifici esistenti in muratura

La valutazione sismica di edifici esistenti in muratura è un tema complesso e per molti aspetti ancora dibattuto. L’orientamento più diffuso a livello scientifico, e anche professionale, è verso l’uso dell’analisi statica non lineare, secondo un approccio prestazionale agli stati limite come previsto dall’impianto generale delle attuali normative sia a livello nazionale che internazionale. A tal fine risulta necessario disporre di criteri per la definizione della posizione degli stati limite sulla curva pushover (risultato dell’analisi statica nonlineare atta a descrivere la risposta strutturale dell’edificio in esame in termini di curva taglio di base- spostamento) che siano in grado di tenere in considerazione le specificità degli edifici in muratura, ed in particolare di quelli esistenti.

In tale ambito, nell’articolo sono analizzati i criteri proposti in alcune normative nazionali (Norme Tecniche delle Costruzioni 2008) ed internazionali (EN 1998-1 2004, ASCE/SEI 41-13 2014 di riferimento rispettivamente in Europa e negli Stati Uniti). Tali approcci possono essere classificati secondo tre principali famiglie basate: su controlli globali analizzando il raggiungimento di prefissate percentuali del taglio di base; su controlli a livello di parete rispetto al raggiungimento di prefissate soglie del drift d’interpiano; o sul monitoraggio dell’avanzamento del danno nei singoli elementi strutturali. A queste si aggiungono proposte presenti in letteratura che combinano più controlli, come l’approccio multiscala recentemente proposto in Lagomarsino e Cattari (2015a) oppure quello illustrato in Mouyiannou (2014), rivolto però solo all’ambito dinamico nonlineare.

L’obiettivo della ricerca illustrata nella presente memoria è quindi quello di confrontare dapprima i risultati ottenuti applicando le diverse procedure in termini di posizione degli stati limite nelle curve pushover, analizzare  eventuali criticità e proporre l’adozione di ulteriori criteri, nel caso in cui quelli attuali non appaiono adeguati.

Le normative analizzate definiscono diversi stati limite (da tre a quattro), ma la ricerca si focalizza sull’analisi dei due maggiormente usati per la valutazione sismica degli edifici e cioè quelli equivalenti allo stato limite di danno (SLD) e allo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) come introdotti nelle NTC 2008.

La ricerca si basa sui risultati ottenuti da analisi statiche non lineari eseguite su tredici modelli numerici rappresentativi di edifici in muratura italiani, modellati tramite l’approccio a telaio equivalente (Lagomarsino et al. 2013) e descritti al §2. Al §3 sono descritti i metodi analizzati per valutare la posizione degli stati limite ed infine al §4 sono riportati i principali risultati della ricerca. Per avere dei valori di riferimento al §4 sono anche riportati i valori derivanti dall’analisi dinamica non lineare, ritenuta attualmente come la procedura più affidabile. Per ogni modello sono state svolte dieci analisi dinamiche incrementali, riscalando le accelerazioni fino ad ottenere il raggiungimento degli stati limite desiderati. Per maggiori informazioni sulle storie temporali adottate si rimanda a Cattari et al. (2015).

I casi studio analizzati e i relativi modelli numerici

I casi studio analizzati ambiscono ad essere rappresentativi di tipici edifici esistenti in muratura. La configurazione prototipo dalla quale si è partiti è stata elaborata facendo riferimento a quella già analizzata in Cattari e Lagomarsino (2013a). Si tratta di un edificio in muratura di tre piani con mattoni pieni e giunti in malta di calce. Partendo dalla configurazione base dell’edificio prototipo (Figura 1), che presenta una struttura regolare sia in pianta che in elevazione, una distribuzione regolare delle aperture ed è caratterizzata da solai rigidi (solette in c.a.), sono state definite diverse varianti al fine di esaminare: (i) gli effetti legati a cambiamenti nella rigidezza dei solai e all’introduzione dell’irregolarità in (ii) pianta ed in (iii) elevato. Ulteriori configurazioni sono state poi definite al variare dei dettagli costruttivi (in relazione agli elementi resistenti a trazione accoppiati alle fasce, quali catene e cordoli).

Riguardo alle configurazioni regolari in elevazione, sono state definite dieci configurazioni, di cui la metà regolari in pianta, sei di esse con catene ad ogni livello e quattro con cordoli. Quella irregolare in pianta è stata ottenuta a partire da quella base variando la distribuzione delle aperture nelle pareti esterne. Maggiori informazioni sulla geometria dei modelli e sull’irregolarità in pianta introdotta si trovano in Cattari et al. (2015).

Vista 3D del modello base con evidenziati i maschi (in rosso), le fasce (in verde) e i nodi rigidi (in grigio)

Figura 1. Vista 3D del modello base con evidenziati i maschi (in rosso), le fasce (in verde) e i nodi rigidi (in grigio)

A questi modelli sono state aggiunte altre tre configurazioni che presentano irregolarità in altezza (Figura 2) ottenuta tramite l’inserimento di una parziale sopraelevazione. Quest’ultima spesso infatti caratterizza gli edifici esistenti: si pensi ad esempio agli edifici in muratura dei centri storici cittadini, dove frequentemente si osserva la realizzazione di uno o più piani al di sopra di costruzioni risalenti ad epoche precedenti. Sono state quindi definite in totale tredici configurazioni, le cui caratteristiche peculiari sono riassunte in Tabella 1 insieme alle sigle identificative adottate nell’illustrazione dei risultati.

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Articolo tratto dagli Atti del XVII Convegno ANIDIS - settembre 2017; si ringrazia ANIDIS per la gentile collaborazione.

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