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La Digitalizzazione come Fattore Abilitante della Domanda Pubblica

Leggi l'ultimo articolo del prof. Angelo Ciribini sul tema della qualificazione digitale della Domanda Pubblica

Qualificazione digitale della Domanda Pubblica

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Si riscontra sul mercato della consulenza un interesse crescente, nell’ambito del settore della costruzione e dell’immobiliare, per la qualificazione digitale della Domanda Pubblica, sia al fine di migliorarne le prestazioni nei servizi di acquisizione sia di accrescerne le capacità di gestione dei contratti.

Ciò si deve, probabilmente, al fatto che la Domanda possa essere considerata, in termini di obbligatorietà, sia il principale destinatario delle imposizioni contenute nel DM 560/2017 sia la leva per riconfigurare l’Offerta, vale a dire le catene di fornitura.

Di conseguenza,  si ritiene, a livello nazionale, la committenza pubblica digitalizzata in grado di innescare una politica industriale di riconfigurazione del mercato e degli operatori economici: la serie normativa UNI EN ISO 19650 è, a questo proposito, esemplare, poiché concepisce bidirezionalmente gli scambi informativi a ogni livello della filiera.

L’altra motivazione per cui la digitalizzazione della Domanda sia così rilevante concerne la qualificazione della spesa pubblica in conto capitale e per spesa corrente e la valorizzazione dei beni immobiliari e immobiliari, disponibili e indisponibili.

Il tema della digitalizzazione, includente l’e-procurement e l’information modeling, delle strutture di acquisizione (e gestione) dei servizi, dei lavori e dei beni o forniture ricade in realtà, anche a livello comunitario, nell’alveo della questione della qualificazione del compratore pubblico, intesa come professionalizzazione dello stesso, con evidenti nessi colle categorie della centralizzazione e della aggregazione.

Naturalmente, tale professionalizzazione presenta, come detto, una stretta correlazione con l’efficienza della spesa pubblica che ha a che vedere con le categorie del «valore» e del «rischio».

Si tratta, cioè, non tanto di generare economie da ribasso quanto di ottenere, nella prospettiva del ciclo di vita, cespiti che offrano maggiori vantaggi agli utenti in materia di benessere e di produttività, nel contesto di una prevedibilità e di una predittività degli avvenimenti, oltre a una maggiore bancabilità degli investimenti.

Per questa ragione, le metriche tese a misurare i costi e i benefici della digitalizzazione, nonché i livelli di maturità, devono considerare aspetti particolarmente complessi.

Lo stesso decreto ministeriale in precedenza citato risulta, peraltro, palesemente indebolito dalla assenza dell’atteso DPCM sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e, comunque, si situa nel contesto di una azione legislativa di riforma del tessuto committente pubblico, intrapresa negli scorsi lustri, benché, forse, oggi rimessa parzialmente in discussione colla recente riforma del Codice dei Contratti Pubblici.

Vi è chi, naturalmente, sotto il profilo giuridico ed economico, studia rigorosamente i criteri di qualificazione delle strutture di committenza e dei metodi selezione dei candidati nelle procedure competitive, attraverso, ad esempio, la auction theory: a essi, ovviamente, occorre rimandare per questa materia.

Valgano, per tutte, le menzioni inerenti agli studi sui soggetti aggregatori e sull’esclusione automatica delle offerte anomale.

Digitalizzazione e Pubblica Amministrazione, tra capitolato informativo e ambiente di condivisione dei dati

Nell’ottica di chi scrive, tuttavia, attesa la diffusa ignoranza presso le amministrazioni pubbliche dei contenuti del DM 560/2017, oltre che la scarsa preoccupazione nutrita nei suoi confronti, probabilmente in virtù della percezione del suo carattere «non prioritario» e dell’assenza in esso di un quadro sanzionatorio, il fenomeno più preoccupante che sia dato rilevare concerne un certo manierismo, o se si vuole, banalizzazione, per quanto attiene al capitolato informativo e all’ambiente di condivisione dei dati, ridotti, il primo, a un documento stereotipato e, il secondo, a un mero strumento.

Dietro a queste constatazioni sta, a parere dello scrivente, oltreché una modesta e insufficiente comprensione del fenomeno della digitalizzazione e una oggettiva carenza di organico e di competenze relative, la difficoltà a interpretare la dinamica di formulazione dei requisiti (informativi) quale processo intimamente connesso alla gestione manageriale del procedimento tecnico-amministrativo, nonché di farlo secondo una modalità fortemente computazionale.

Ciò, anzitutto, che si rileva nei capitolati informativi, di là di un processo di emulazione pedissequo dalle fonti di letteratura, di normativa o di altre amministrazioni (oltre a quella proposta a livello nazionale dalla norma UNI 11337-6 vi è in gestazione un progetto di norma sovranazionale presso il CEN), prescindendo dal fatto che autori ne siano soggetti interni od esterni alle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti, è, in effetti, la diffusa concezione statica dell’istruttoria che non appare coerente con l’approccio dinamico proposto dalle norme della serie UNI EN ISO 19650 attraverso acronimi come OIR, AIR, PIR e, infine, EIR.

In altri termini, senza considerare una certa disattenzione verso i dispositivi e gli applicativi dedicati alla esplicitazione numerica dei requisiti informativi, alla istruttoria, e al corrispondente controllo successivo, cioè la verifica, di cui si dirà in seguito, sembra assente una connessione con i processi tipici del Project Management, quasi che l’Information Management, assai più della sua sotto categoria dell’Information Modeling, da questi, così come da quelli attinenti al Quality Management e al Property Management, possa essere slegato.

Questa concezione è, in parte, forse derivata dalla sottovalutazione operata sul testo ministeriale in merito al cosiddetto atto organizzativo, passato in sordina a fronte delle scadenze temporali riferite alla natura e agli importi dei lavori, nonché ai piani e ai programmi formativi e strumentali.

In altre parole, i processi digitalizzati applicati ai procedimenti e agli endoprocedimenti, risultano marginali ed eccentrici o, quantomeno, affrontati esclusivamente tramite il documento definito capitolato informativo.

Alla stessa stregua, sembra mancare una contestualizzazione più precisa degli effetti giuridico-contrattuali legati alla digitalizzazione, quasi che, ancora una volta, il capitolato informativo possa risolvere, più che essere risolutivo, la pendenza.

È da notare, inoltre, che anche le componenti del capitolato informativo che meglio si presterebbero a una esplicitazione computazionale sono ricondotte spesso a un piano narrativo, in cui compaiono «misteriosi» LOD, associati a obiettivi della modellazione generalissimi, allineati rigorosamente in tabelle matriciali, sorta di strutture di scomposizione della commessa assai semplificate che dovrebbero restituire le strutture e i modelli dei dati, associate raramente a matrici di responsabilità.

Pare arduo immaginare, stando così i fatti, che queste committenze possano effettuare attività di verifica e di controllo dei modelli informativi che, già dalla fase di progettazione, che raggiungano la necessaria profondità, per non parlare della opportunità di tradurre computazionalmente, assieme ai requisiti contenuti nel capitolato informativo, le richieste presenti nel documento di indirizzo preliminare.

È evidente che, perciò, tanto nella fase di aggiudicazione quanto in quella di esecuzione del contratto, i processi digitalizzati si svolgono con difficoltà in ambienti di condivisione dei dati che hanno certo limiti oggettivi, persistendo l’origine di gestori documentali, ma che come tali continuano a essere intesi e richiesti.

È chiaro, infatti, che i Common Data Environment siano destinati a seguire una evoluzione da information container-based a data base-based per sfociare in linked data base-based.

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Essi, inoltre, vedranno una estensione, a livello dell’organizzazione, da Project a Corporation, e a livello cronologico, da ambiente di condivisione dei dati a gemello digitale.

Se ci si limita alla fase di progettazione si può constatare, dunque, che con fatica la committenza pubblica sia, pur con le debite avvertenze relative all’accesso a dati e a informazioni in divenire, possa seguire lo svolgimento dell’erogazione dei commissionati servizi di architettura e di ingegneria.

Figurarsi se, poi, alla attività computazionali di verifica e di controllo della conformità e della coerenza dei modelli a requisiti informativi vaghi e letterari, si immagina di affiancare l’azione di Business Intelligence inverata grazie all’analisi delle modalità di configurazione e di modificazione dei contenuti dei modelli informativi.

È, tuttavia, il ruolo di ecosistema digitale dell’ambiente di condivisione dei dati che vale maggiormente poiché esso, nelle sue versioni evolutive, includerebbe l’universalità dei dati e la loro correlazione, ma, al contempo, orienterebbe i processi decisionali per il tramite dei flussi informativi, vigendo la centralità delle transazioni di dati nel proprio seno.

Se, in effetti, appare centrale per l’ambiente di condivisione dei dati, la finalizzazione, oltre che la strutturazione dei dati, tanto che la modellazione informativa diverrà sempre più un semplice fattore di produzione di alcuni di essi, il capitolato informativo dovrebbe specificarne le regole operative di ingaggio.

Tali regole, tuttavia, non possono esclusivamente consistere in protocolli di scambio, bensì devono sottostare a criteri di governo dei processi decisionali entro un quadro giuridico-contrattuale coerente.

Per queste ragioni, l’ambiente di condivisione dei dati costituisce il luogo di aggiudicazione nonché di esecuzione del contratto, il luogo in cui è possibile esercitare un controllo, una verifica, ma anche una (alta) sorveglianza.

Alla luce di queste considerazioni, si può realmente valutare le modalità correnti di digitalizzazione della Domanda Pubblica nell’ambito della gestione dei contratti pubblici come un effettivo fattore abilitante, allorché la committenza si palesa quale passive client, anziché active client?

Per rispondere, in mancanza, o meglio in attesa, di analisi comparate a livello comunitario, occorre avviare seri studenti economici e giuridici per monitorare la effettiva evoluzione della cultura e della consapevolezza digitale della Domanda Pubblica nei prossimi dieci anni.

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