Ponti e Viadotti
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Presentate le Linee Guida Mit sulla manutenzione dei viadotti autostradali

Ecco di cosa si tratti e i testi distribuiti

In data 08.08.2019 si è tenuta a Roma, presso La Sala del Parlamentino del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alle ore 10:00, la Conferenza Stampa per la presentazione dei risultati preliminari delle “Linee Guida Mit sulla manutenzione dei viadotti autostradali”.

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L’emanazione di tali linee guida è stata necessaria a seguito del crollo del Ponte Morandi, avvenuto il 14.08.2018, evento che ha confermato la necessità di indagare sullo stato attuale delle infrastrutture, in particolare delle opere esistenti, procedendo a verifiche di dettaglio e definendo adeguati criteri di monitoraggio manutentivo.

Linee Guida Mit sulla manutenzione dei viadotti autostradali: una decisione del Ministro Toninelli

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha incaricato l’Ufficio Ispettivo Territoriale di Roma (UIT) di eseguire sulla rete autostradale di propria competenza (circa 2.000 km nel centro-sud della Nazione), delle verifiche straordinarie finalizzate ad accertare lo stato conservativo dei viadotti e le relative condizioni di sicurezza. L’assoluta novità dell’incarico risiede nel fatto che l’accertamento non fosse demandato alle Società Concessionarie (art. 14 Codice della Strada), ma si espletasse attraverso dei criteri di verifica oggettivi disposti direttamente dall’Ufficio del Ministero.

linee-guida-mit-sulla-manutenzione-dei-viadotti-autostradali-02.jpgVerificati ca 180 viadotti

L’incarico, è stato finalizzato da parte dell’UIT di Roma eseguendo dal mese di settembre 2018 al mese di luglio 2019, circa 180 sopralluoghi e verificando lo stato di conservazione di diversi viadotti: questi ultimi, nella maggior parte dei casi, erano facenti parte della famiglia di opere ammalorate individuate dalle Società Concessionarie.

Durante la Conferenza stampa sono stati descritti gli scopi e gli aspetti peculiari alla base delle linee guida tra cui:

  1. definizione delle azioni di calcolo da adottare nelle verifiche;
  2. definizione del “Fattore di Rischio” per ogni opera che consente di valutare la vulnerabilità manutentiva della stessa e quindi associare una priorità di intervento, procedendo eventualmente con le verifiche di sicurezza e di funzionalità relative;
  3. indicazioni per l’individuazione dei “difetti” delle strutture non facilmente visibili con una semplice analisi superficiale, quali ad esempio lo stato dei cavi da precompressione, delle armature e dei dispositivi d’appoggio;
  4. indicazioni aggiuntive riguardo le verifiche di sicurezza (SLU) e di funzionalità (SLE) da effettuare sulle opere, rispetto alle prescrizioni delle NTC 2018;
  5. introduzione delle verifiche di ”transitabilità“ in relazione all’arco temporale di interesse (ad esempio tra l’individuazione dell’ammaloramento e la messa in opera dell’intervento);
  6. indicazioni preliminari sulle procedure oggettive da adottare ai fini delle verifiche dei viadotti, utili a prevenire anomalie di calcolo che potrebbero rendere poco esaustive e realistiche le verifiche in termini di funzionalità (SLE) e di sicurezza (SLU);
  7. suggerimento della definizione di adeguati programmi di manutenzione e di monitoraggio strutturale, in particolare attraverso il concetto di Monitoraggio “attivo”.

Monitoraggio: realizzato con la collaborazione di numerose università

Per la redazione delle linee guida, l’Ufficio Ispettivo Territoriale di Roma di Roma, incaricato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, si è avvalso del supporto di diverse Istituzioni Universitarie tra cui La Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, il Politecnico di Torino, l’Università di Trento e di alcuni Professionisti Esterni che collaborano con l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Sono intervenuti alla Conferenza pertanto diversi esponenti coinvolti nel progetto, tra cui il capo dell’UIT di Roma, Placito Migliorino, il Prof. Ing. Salvatore Perno dell’Università di Roma La Sapienza, il Prof. Ing. Massimo Acanfora dell’Università degli Studi di Federico II di Napoli, il Prof. Ing. Giulio Ventura del Politecnico di Torino, il Direttore Generale Vigilanza sulle concessioni autostradali Felice Morisco, nonché il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli.

Le indagini condotte dall’ UIT hanno condotto a diverse conclusioni.

Si conferma il problema di ammaloramento dei ponti italiani

Anzitutto esse hanno confermato l’effettivo stato di ammaloramento dei viadotti, in alcuni casi anche molto avanzato, tale da rendere necessario (a giudizio stesso di UIT) le verifiche prescritte dal Cap. 8 delle NTC 2018. 

linee-guida-mit-sulla-manutenzione-dei-viadotti-autostradali-03.jpgSono state valutate le condizioni di transitabilità provvisoria, disponendo in alcuni casi la totale interdizione al traffico dei viadotti o la restrizione al loro uso.

Sono state analizzate inoltre le relazioni e i calcoli condotti dalle Società Concessionarie sui viadotti, da cui sono emerse evidenti anomalie che hanno condizionato in maniera rilevante gli esiti delle verifiche stesse: 

  • l’assunzione dei carichi derivanti dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 1962, ossia dei carichi di progetto;
  • la caratterizzazione dei materiali, la valutazione delle sezioni geometriche e, laddove necessario, dello stato di precompressione, spesso è stata effettuata in riferimento alle ipotesi progettuali, in maniera non conservativa, rendendo impossibile il raggiungimento del livello di conoscenza più avanzato richiesto dalle Norme ossia LC3 (FC=1);
  • le verifiche sono state condotte su famiglie tipologiche di opere (impalcati a cassone, a travi, etc.) e non per singolo viadotto, conducendo a una mediazione dello stato dell’arte non condivisibile.

Infine, nell’ambito di questo importante lavoro, sono state eseguite diverse prove di carico e sono in corso ulteriori attività scientifiche che tuttavia non saranno espletate prima di 12 mesi: tra le prove di carico più rilevanti sono da citare le prove a collasso sul viadotto abbandonato Alveo Vecchio al km 122+700 dell’autostrada A 16 Napoli- Canosa, la prova sul viadotto Colle Castino dell’autostrada A 24 Roma-Teramo e la prova sul viadotto Coltano dell’autostrada A12 Livorno- S. Pietro in Palazzi.

I risultati della campagna di prove e controlli

I principali risultati a seguito di questa campagna di indagini sui viadotti e dello studio circa le procedure da adottare in termini di verifiche e manutenzione, ha condotto ad alcuni risultati preliminari presentati durante la Conferenza Stampa.

1. Definizione delle azioni di calcolo da adottare nelle verifiche

Nelle verifiche condotte dalle Società Concessionarie sui viadotti interessati, è stata rilevata spesso l’assunzione dei carichi derivanti dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 1962, ossia dei carichi di progetto, anziché di quelli prescritti dalle NTC 2018. Tale criterio è stato rigettato, definendo dunque come carichi da impiegare nelle verifiche dei viadotti quelli definiti dalle attuali Norme per le Costruzioni.

2. Analisi dello stato manutentivo: individuazione del Fattore di Rischio 

Le verifiche di sicurezza e di funzionalità dei viadotti devono essere precedute dalla redazione delle schede di rilievo a seguito delle visite periodiche previste dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 19.07.1967: secondo le indicazioni di quest’ultima, le ispezioni sulle strutture devono essere effettuate con cadenza periodica almeno trimestrale, consentendo di individuare i difetti manutentivi che dovranno poi essere riportati nelle apposite schede di cui ogni Società deve essere dotata.

L’approvazione dei programmi e dei criteri di manutenzione elaborati dalle Società concessionarie devono essere approvati dagli Uffici Ispettivi Territoriali della DGVCA , e quindi anche dallo UIT di Roma, secondo quanto disposto dal DM 346/2014. 

Stante ciò, si è reso necessario definire una procedura decisionale, basata su analisi multicriteria, che consenta di sviluppare un adeguato piano di monitoraggio e di controllo delle opere, individuando una scala di interventi manutentivi da eseguire.

Pertanto, l’UIT di Roma ha istituito un tavolo tecnico con le Società Concessionarie rientranti nella propria competenza territoriale, il cui obiettivo è stato quello di individuare un parametro che indichi in maniera sintetica la vulnerabilità manutentiva della singola opera d’arte attraverso un “Fattore di Rischio”, dato sinteticamente dalla relazione:

RISCHIO = VULNERABILITA’ X PERICOLOSITA’ x ESPOSIZIONE

Tale Fattore di rischio sarà correlato con diversi indici, ognuno dei quali può incidere sulla stabilità globale dell’opera e/o sulla sua durabilità, ad esempio:

  • indice di criticità manutentiva;
  • indice di invecchiamento;
  • indice di vulnerabilità di precompressione;
  • indice di pericolosità sismica;
  • indice di pericolosità idrogeologica;
  • indice di esposizione al traffico;
  • indice di esposizione.

In seguito a ciò, si potrà effettuare una mappatura delle opere esistenti e associare a ognuna di esse una priorità di intervento e quindi eventualmente procedere con le verifiche di sicurezza e di funzionalità , in base ai cui esisti saranno stabiliti gli eventuali interventi di adeguamento.

3. Analisi dello stato manutentivo: individuazione dei principali difetti delle strutture non visibili 

In particolare, circa il criterio di “criticità manutentiva”, le schede di rilievo non si devono limitare a un’indagine meramente visiva dell’opera ma devono consentire di evidenziare, attraverso indagini indirette, anche eventuali criticità strutturali non sempre visionabili. 

Tra i difetti più importanti che si possono manifestare, ma che sono di difficile valutazione in seguito a una semplice indagine visiva, sono da valutare, ad esempio:

  • difetti dei cavi da precompressione, in particolare la valutazione della precompressione residua;
  • difetti agli apparecchi d’appoggio e ai dispositivi antisismici;
  • difetti delle armature ordinarie.

Difetti dei cavi da precompressione

La valutazione dello stato delle armature da precompressione, in particolare della determinazione della precompressione residua, risulta raramente visibile, per cui si pone la necessita di eseguire specifiche ispezioni e verifiche mediante opportuni metodi.

In particolare, le cadute di tensione a tempo infinito sono risultate spesso superiori rispetto a quelle ipotizzate nel progetto, raggiungendo valori oltre il 30%.

A tal proposito, dato che il valore della precompressione residua e della relativa armatura hanno un ruolo importante sia nelle verifiche a taglio che a flessione a SLU che nelle verifiche agli SLE, è stato individuato attraverso un metodo grafico,  un criterio per la determinazione dello stato di precompressione residua, ideato dal DISG della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma La Sapienza, e utilizzato nella prova di carico del viadotto Colle Castino dell’autostrada A24  Roma- Teramo.

In particolare, di tale aspetto si è occupato il Prof. Davide Bernardini dell’Università di Roma La Sapienza.

Nel processo di valutazione delle prestazioni strutturali di viadotti esistenti in c.a.p., può essere utile ricorrere a prove di carico a flessione, il cui carico deve essere opportunamente valutato. Nonostante ciò, può accadere di osservare l’ apertura delle fessure per livelli di sollecitazioni inferiori rispetto a quelli massimi previsti dalla prova: in questi casi può essere utile appunto l’applicazione in forma grafica, del metodo del momento di fessurazione per stimare il valore della precompressione residua.

Difetti agli apparecchi d’appoggio e ai dispositivi antisismici 

Oltre alla valutazione della precompressione residua durante la prova di carico, un discorso analogo può essere esteso sugli apparecchi d’appoggio e  sui dispositivi antisismici, il cui non corretto funzionamento, per anomalie ad esempio del sistema oleodinamico, quasi sempre non viene percepito a seguito di una superficiale analisi visiva. L’inadeguato comportamento dei sistemi di appoggio può avere conseguenze rilevanti sia sugli impalcati che sulle pile, in cui potrebbe esserci una trasmissione degli sforzi non previsti in fase di progetto.

Difetti delle armature ordinarie

Eventuali difetti nelle armature ordinarie possono minare la duttilità del sistema resistente, consentendo l’instaurarsi di una gerarchia di rotture di tipo fragile a taglio o a pressoflessione o ridurre la capacità deformativa della pile, riducendo quindi la capacità dissipativa dell’elemento in fase sismica.

A tal proposito l’UIT di Roma ha commissionato all’Università di Roma La Sapienza una ricerca scientifica finalizzata a correlare stati di ammaloramento delle strutture alla capacità dissipativa e quindi alla duttilità strutturale.

4. Verifiche di sicurezza (SLU) e di funzionalità (SLE): indicazioni aggiuntive

Oltre all’individuazione dei difetti delle strutture attraverso indagini cui fa seguito la redazione di schede di rilievo, le linee guida vorrebbero fornire  anche delle  indicazioni aggiuntive, rispetto a quanto individuato già nelle NTC 2018, circa le verifiche di sicurezza (SLU) e di funzionalità (SLE).

In particolare, si è posto il problema della valutazione dell’estensione delle verifiche, se in termini globali o locali: la Norma individua il confine di tale scelta nella possibilità che un ammaloramento interessi porzioni limitate o meno della struttura, tuttavia è risultato necessario sottolineare che ciò dipende anche dal fatto che l’ammaloramento possa comportare o meno una ridistribuzione di carichi tale da compromettere anche parti di strutture apparentemente integre. Nei casi dubbi si consiglia di estendere le verifiche alla globalità della struttura.

Particolarmente importante ai fini delle verifiche dei viadotti esistenti, inoltre, è la ricostruzione del livello di prestazione per cui l’opera era stata progettata: solo limitando le capacità prestazionali ai livelli originariamente fissati, sarà possibile garantire la durabilità e la vita utile ipotizzata, attraverso un adeguato ciclo manutentivo.

5. Verifiche delle condizioni di transitabilità

Un ulteriore aspetto rilevante scaturito dal lavoro condotto, riguarda la valutazione delle condizioni di transitabilità sul viadotto oggetto di indagine: qualora infatti le verifiche di sicurezza dovessero evidenziare che, per le azioni controllate dall’uomo, non sussistano le condizioni di sicurezza prescritte, sarà opportuno adottare specifici provvedimenti restrittivi all’uso.

Le condizioni di transitabilità devono essere stabilite, in assenza di specifiche circolari del CSLLPP, utilizzando i carichi caratteristici di norma e le condizioni e prescrizioni a essi riferite.

Particolare attenzione deve essere disposta nella determinazione dei coefficienti parziali o moltiplicativi dei carichi previsti dalle NTC 2018: riguardo infatti tali coefficienti, le norme consentono l’impiego di valori inferiori a quelli standard, qualora ci siano adeguate motivazioni. Tale possibilità appare particolarmente pertinente nel caso in cui la durata di un evento singolo sia limitata nel tempo e statisticamente non significativa nella determinazione dei carichi caratteristici, ossia occasionale, quindi ad esempio riguardo la gestione delle perturbative di traffico che, in relazione anche alle condizioni di ammaloramento riscontrate, possono portare a condizioni di carico anomale.

Tali aspetti sono stati approfonditi in particolare, dal Prof. Ing. Andrea Acanfora, cultore della materia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che ha lavorato a un criterio di verifica temporanea delle strutture esistenti.

Il lavoro, basato tra l’altro su un esteso studio dello stato dell’arte in materia,  si è concentrato sulla gestione dell’arco temporale che avviene tra la segnalazione dell’anomalia sul viadotto da un punto di vista statico e la messa in opera del relativo intervento di riparazione, sulla gestione dell’arco temporale che riguarda la durata dei lavori programmati che possono infierire con l’attività autostradale e infine sulla gestione dell’arco temporale necessario all’ esecuzione di un intervento pianificato su una singola componente strutturale.

In relazione all’ analisi di suddetti archi temporali e delle possibili situazioni, dal lavoro emergono alcuni valori dei coefficienti parziali di sicurezza che è possibile adottare in relazione ai diversi tipi di carichi (permanenti, , accidentali, etc.) ridotti rispetto a quelli indicati nelle NTC 2018, nelle cosiddette verifiche di transitabilità, effettuate adoperando le colonne di carico convenzionali previste dalle norme.

In conclusione, limitatamente alle verifiche di transitabilità, aventi validità per la gestione di un arco temporale al massimo di pochi anni, lo studio conduce a valori dei coefficienti parziali di sicurezza lato azioni da adottare per le verifiche allo SLU che devono essere ricompresi tra 1.2 e 1.35 per le azioni accidentali, e tra 1.1 e 1.35 per le azioni permanenti.

Qualora le verifiche di transitabilità non risultino soddisfatte, si richiede l’attuazione dell’uso o di opportune restrizioni da studiare caso per caso.

6. Indicazioni preliminari sulle procedure oggettive da adottare ai fini delle verifiche dei viadotti

Per quanto concerne, in generale, lo stato di salute dell’opera, le linee guida mirano a individuare una procedura generalizzata da seguire, a valle della quale il giudizio finale non può prescindere dai alcuni contributi, tra cui:

  • descrizione de tipologia dell’opera;
  • valutazione di eventuali dissesti idrogeologici e geotecnici;
  • individuazione di modifiche progettuali significative rispetto al progetto originario;
  • analisi dello stato di conservazione dell’opera;
  • caratterizzazione dei materiali e della geometria ai fini del raggiungimento del livello di conoscenza LC3 (FC=1). Un supporto utile in tale senso può derivare dalle “Linee guida e manuale applicativo per la valutazione della sicurezza sismica e il consolidamento di ponti esistenti in c.a.” elaborate dal consorzio RELUIS nel 2009;
  • analisi dei carichi permanenti propri e portati previsti nel progetto che dovranno essere confrontati con i risultati delle prove di laboratorio, ispezioni, saggi etc.;
  • verifiche agli SLU e agli SLE secondo NTC 2018 che consentano di valutare eventuali interventi di miglioramento e/o di adeguamento strutturale;
  • infine, il monitoraggio delle opere, in particolare di quelle ammalorate.

7. Monitoraggio delle strutture 

Il monitoraggio delle opere esistenti rappresenta uno degli aspetti più importanti di cui tenere in conto per la valutazione dello stato dell’opera stessa.

Riguardo il monitoraggio cosiddetto  “tradizionale”, a seguito dell’analisi sui viadotti investigati, si è evinto che spesso esso si riduce nell’acquisizione di un numero sproporzionato di dati, spesso di difficile interpretazione e non seguito da un’analisi critica vera e propria.

Le linee guida, dispongono anzitutto l’individuazione delle grandezze da monitorare e la definizione delle soglie d’allerta che manifestino il raggiungimento di una situazione di “rischio”, stabilendo che il monitoraggio delle strutture deve accertare in quale stadio deformativo-tensionale l’opera si trova,  a cui dovrebbe far seguito eventualmente una procedura di gestione delle emergenze per il raggiungimento delle suddette soglie di rischio (raggiungimento della prima fessurazione, dell’ampiezza massima delle fessure, etc.).

In aggiunta ai sistemi di monitoraggio tradizionali, l’ UIT di Roma, sta valutando la possibilità di utilizzare in maniera sistematica l’interferometria (SAR) per il rilievo e il confronto deformativo dei viadotti in epoche successive, e il sistema di Monitoraggio Attivo, cui ha lavorato in particolare, il Prof. Ing. Giulio Ventura, del dipartimento di  Ingegneria Strutturale  e Geotecnica del Politecnico di Torino.

Il sistema di monitoraggio tradizionale, infatti può costituire un onere per l’ente proprietario /Gestore, che deve riuscire a elaborare e interpretare una notevole quantità di dati.

Il Monitoraggio attivo, che consiste nella capacità del sistema di monitoraggio di effettuare un’analisi continua dei dati dei sensori in assenza di intervento umano, implementa:

  • algoritmi di analisi continua dei dati;
  • verifiche in tempo reale del comportamento strutturale rispetto a un modello di calcolo appositamente sviluppato;
  • individuazione dei meccanismi di crisi locale o globale fissati in fase di progettazione della struttura,

ed è basato sulla misura di grandezze ingegneristiche quali rotazioni, spostamenti, deformazioni e temperature, che non solo sono confrontate con soglie prefissate, ma a cui segue una verifica in tempo reale (attraverso modelli di calcolo appositamente sviluppati) che valuta  se le grandezze siano o meno in relazione tra loro.

Allegato

Si segnalano infine, le Società Concessionarie e le Autostrade interessate dai sopralluoghi e verifiche :

  • Autostrade  per l’Italia DT5- DT6-DT7-DT8: A1 Chiusi Napoli, A12 Roma-Civitavecchia, A14 Riccione-Bari-Taranto, A16 Napoli-Canosa; A30 Caserta-Salerno;
  • Strada dei Parchi: A24 Roma-Teramo, A25 Torano-Pescara;
  • Società Autostrade Meridionali: A3 Napoli- Pompei- Salerno;
  • Tangenziale di Napoli: A56  Tangenziale di Napoli;
  • Società Autostrada Tirrenica: A12 Livorno- S. Pietro in Palazzi, A12 Tarquinia- Civitavecchia.

IN ALLEGATO I TESTI CONSEGNATI

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