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L’Ambiente Costruito e la Politica Nazionale

Una riflessione di Angelo Ciribini

Uno degli aspetti interessanti della recente crisi di governo in Italia è che essa, formalmente, si sia innescata sulla questione delle grandi opere infrastrutturali e che il futuro dibattito politico, in sedi elettorali o meno, avrà negli investimenti in lavori pubblici un elemento significativo, anche oltre il suo ambito reale, simbolicamente riassunto nei cosiddetti «partiti del Sì e del No».

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Questa centralità del settore della costruzione e dell’immobiliare appare, in parte, paradossale, dal momento che tale comparto economico ha sofferto nell’ultimo decennio la sua più grave crisi strutturale, lamentandosi, al contempo, di essere stato sistematicamente trascurato dai decisori politici.

Di là della condivisibilità di politiche basate sul deficit spending e della presenza delle competenze in grado di gestire le formule partenariali in un Paese come il nostro, temi su cui occorrerebbero maggiori competenze specialistiche, vi è, però, da osservare che la trasformazione sociale, ambientale e digitale della AECO Industry impone, non solo a livello nazionale, una riflessione sulla natura dei cespiti immobiliari e infrastrutturali.

Natura dei cespiti immobiliari e infrastrutturali: cosa ne sappiamo 

Il rischio è, infatti, quello di contendersi il favore dell’elettorato su una nozione di «opera», piccola, media o grande, da manutenere, rigenerare o ricostruire, che sia, sempre più desueta, come le note del presente autore hanno spesso rimarcato.

È ben vero che il tradizionale concetto di «edificio» o di «infrastruttura», tutto impostato sulla fisicità e sulla tangibilità, sia facilmente comprensibile tanto dagli elettori/cittadini quanto dagli operatori convenzionali, ma vi è, tuttavia, da chiedersi se forze politiche che intendano assumersi le sfide epocali tipiche dei prossimi lustri possano assecondare un simile approccio.

E ciò vale, non tanto in considerazione di prediligere ipotesi sofisticate, ancorché embrionali, sulla dimensione esperienziale di servizio che il prodotto immobiliare o infrastrutturale dovrà sempre maggiormente assumere (WeWork e High Speed Two docent), quanto per il fatto che i cespiti stiano divenendo, comunque, sempre più interattivi coi propri fruitori e che specifici algoritmi, vertenti su criteri di centralizzazione o di distribuzione, ne regolino e ne governino le relazioni.

Se, dunque, i prodotti immobiliari e infrastrutturali dell’ambiente costruito, includenti gli spazi aperti e gli ambiti territoriali, si evolvono in social media, la loro dimensione politica, in senso stretto, appare determinante, poiché essi impattano sui bisogni, personalizzabili ed evolutivi, del vissuto quotidiano dei cittadini (e degli elettori), dalle aspettative formative alle esigenze terapeutiche.

L’ambiente costruito, digitalizzato, interconnesso, emozionale, sensoriale, intercetta, peraltro, i temi, decisivi altrove in molte elezioni politiche quanto nella comunità degli affari, legati alle diseguaglianze sociali e alle sensibilità ambientali.

Non si sa, ovviamente, se le accezioni di edificio e di infrastruttura qui accennate possano, ad esempio, avere una declinazione di centro sinistra o di centro destra, liberale o socialista, sovranista o europeista (anche se il paradigma della sorveglianza potrebbe influire in tutto ciò).

Certo è che di una diversa concezione del Built Environment e dei Built Asset si ragiona propositivamente in altri Paesi Europei, anche a livello politico e governativo, cosicché occorre domandarsi se anche in Italia vi sia la possibilità di elaborare politiche e strategie industriali imperniate sui servizi mediati dai cespiti, anziché ragionare esclusivamente su questi ultimi.

D’altra parte, se anche ci si volesse concentrarsi solo sui risvolti materiali dei beni immobiliari e infrastrutturali, è chiaro che oggi l’attenzione si sia spostata sul funzionamento nella vita utile di servizio.

Qui si tratta, però, di rinnovare sistematicamente la qualità dei servizi erogati anziché di inaugurare, magari più volte, gli stessi manufatti, come frutto di politiche davvero prossime alle esigenze reali dei cittadini e delle comunità.

 

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