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Gemelli Digitali e Comportamenti Umani

Considerazioni sul report "Digital twins for the built environment. An introduction to the opportunities, benefits, challenges and risks". Una riflessione di Angelo Ciribini

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La nozione di gemello digitale è attualmente citata ossessivamente nonché superficialmente da molti operatori del settore della costruzione e dell’immobiliare, con modalità ed esiti raramente, invero, affatto convincenti.

Molto spesso, infatti, non si tratta altro che di modelli geometrico-dimensionali tratti, per lo più manualmente e soggettivamente, da rilievi digitali, in qualche modo eventualmente alimentati periodicamente, per quanto concerne alcuni metadati e proprietà alfanumeriche, da una serie di sensori posti sul cespite immobiliare o infrastrutturale corrispondente.

Considerazioni sul r "Digital twins for the built environment. An introduction to the opportunities, benefits, challenges and risks"

Il report, curato da IET e da Atkins, intitolato Digital twins for the built environment. An introduction to the opportunities, benefits, challenges and risks, fornisce un contributo sistematico alla comprensione del tema, anche se si ferma alle soglie di ciò che rappresenta la vera sfida della trasformazione digitale, di cui si accennerà: la questione comportamentale, più volte trattata in questa sede.

Il punto di partenza su cui si basa il rapporto, dedicata prevalentemente alle reti di di mobilità, di distribuzione, di comunicazione, ma valida anche per gli edifici e le risorse naturali, è costituito dalla modellazione informativa quale presupposto abilitante lo sviluppo digitale dell’ambiente costruito, assunto, peraltro, solo in parte condivisibile, stanti i limiti sempre più evidenti della tecnologia e, soprattutto, del modo in cui essa è impiegata.

All’origine della strategia del governo britannico, che risale a un fondamentale documento sui dati come beni di interesse collettivo della National Infrastructure Commission prefetto da Lord Adonis nel 2017, sta l’ambizione di realizzare una sorta di gemello digitale nazionale che si sviluppi incrementalmente, coi Federated Digital Twin, e a iniziare dalle iniziative singolari che condividano, appunto, il medesimo digital framework.

Ciò, tuttavia, implica un primo confronto tra la dimensione tangibile del bene fisico e quella immateriale del suo corredo numerico, che si palesa sotto diverse forme, ma che interroga una interpretazione troppo frequentemente banalizzata del concetto di «riproduzione» o di «replica», oltre a tutto quasi esclusivamente focalizzata sui Built Asset (come anche nelle norme UNI EN ISO 19650), mentre, in realtà, la dialettica tra ciclo di vita del cespite e ciclo delle vite dei suoi fruitori assai più significativa.

Di questa difficoltà concettuale è eloquente testimonianza l’espressione Reality Capture.

In ogni maniera, lo stagliarsi dell’Information Modeling entro l’Information Management tende a porre in secondo piano il tema, decisivo, del Data Modeling.

È, comunque, pur vero che in alcuni documenti editi dal Centre for Digital Built Britain, la locuzione embedded service rimanda alla questione del bene che veicola il servizio.

Il report riconosce, a ogni buon conto, l’eterogeneità nell’offerta di gemelli digitali e la difficoltà, in termini di ingegneria dei sistemi, di raggiungere nel breve termine un approccio olistico, ma esplicita chiaramente la necessità di evitare discontinuità dei flussi informativi tra ambiente di condivisione dei dati e gemello digitale.

La definizione proposta di gemello digitale, di natura geospaziale, a realistic digital representation of assets, processes or systems in the built or natural environment, evoca, d’altra parte, molte criticità, ben lungi dall’essere risolte.

La prima di esse, ovviamente, concerne la «realtà», ormai con-fusa tra materialità e immaterialità; la seconda di esse richiama la prevalenza dei modi di funzionamento sulla rappresentazione, sia pure dinamica, dei manufatti; la terza di esse, come detto, riguarda l’assenza della dimensione comportamentale, così rilevante nell’economia all’epoca della digitalizzazione che, sotto dizioni come economia delle piattaforme o economia della sorveglianza, ha a che fare con l’economia delle reti.

È, per certi versi, sorprendente, alla luce delle conclusioni che si proporranno, che allorché il piano comportamentale sia evocato per il tramite delle cosiddette Operations, subito esso sia ricondotto alla Maintenance: Operational and occupational data can be monitored and analysed in real-time, providing valuable insights on how the asset is used and currently performing.

D’altra parte, il rapporto stesso ricorda che l’origine del Digital Twin, di carattere manifatturiero, si riferisca alla evoluzione del Product Lifecycle Management, imponendo alcune riflessioni sulla trasferibilità degli approcci tra settori economici.

Il che comporta il fatto che la disponibilità di un efficace gemello digitale non nasca dal rilievo dell’esistente, bensì, anche in rapporto ai cespiti costruiti su cui intervenire, da una preliminare progettualità su di esso e sulle attività che in esso si debbano svolgere.

La centralità, secondo il report, della interconnessione meriterebbe, inoltre, a sua volta, una attenta riflessione, anzitutto, poiché la significatività dei flussi di dati e di informazioni generati dal cespite fisico attraverso la sensoristica dipende strettamente dalla conoscenza naturale profonda dei modi di funzionamento, «immateriali» dei beni fisici.

A questo proposito, si apre, tra «IoT & AI», una domanda determinante sulla opportunità di fare affidamento sulla «intelligenza artificiale» (tra l’altro, deep learning, machine learning e così via sono argomenti troppo spesso acriticamente affastellati in un unico contenitore) in luogo della esplicazione, per così dire causale, dei fenomeni.

Si tratta, evidentemente, di una vicenda epocale, che non può essere risolta adducendo a esempio, i risultati conseguiti dal riconoscimento automatico delle immagini finalizzato alla guida autonoma dei veicoli.

Senza contare che si profilano potenziali gravi rischi in materia di cybersecurity per quanto concerne gli oggetti connessi e di health per ciò che inerisce al 5G.

Il rapporto, a ogni buon conto, trattando dell’assenza del gemello digitale, affermando che sia in gioco una experience-based wisdom to manage and manipulate a multitude of datasets, prudentemente parla di «versione» unica della «verità», anziché di «fonte».

L’elemento più rilevante del rapporto, citando i Gemini Principles, verte su due aspetti, per lo scrivente, cruciali, del tema When the Social Networks meet the Real World by means of the Built Environment, che accostano esplicitamente il livello argomentativo dello stesso, tutto imperniato sulle categorie tipiche del settore della costruzione e dell’immobiliare, a quello dei social media: Value Creation e Curation.

Ciò, dunque, attiene alla possibilità di creare valore attraverso modalità corrette di estrazione dello stesso dai dati per insight e prediction (senza, come direbbe la Zuboff, modification) e modi di assicurare la liceità dei contenuti degli scambi informativi.

La consapevolezza, da parte degli estensori del documento, della difficoltà di mettere in relazione, o addirittura a sistema, in termini unitari, il gemello, spiega, ovviamente, il motivo per cui oggi assumano rilievo le ontologie, le semantiche e i collegamenti: The physical and digital are securely connected via a constellation of data platforms or aggregators. This enables data from asset management systems, document management systems, common data environments, data historians and so forth, to come together in support of new business scenarios.

Questa considerazione rimanda alla constatazione che, in termini ideali, il gemello digitale dovrebbe consentire, mediante l’interconnessione, la generazione e di simulazioni e di previsioni iterate sistematicamente, quasi in tempo reale, oltre che in remoto.

Di conseguenza, al livello elementare di Element 0 e 1, del digital survey, è evidente che occorra evitare, come si ricordava nell’incipit, di cadere nel tranello della restituzione non finalizzata a obiettivi per cui siano resi disponibili modelli e strutture di dati coerenti, come appare inequivocabile parlando di Element 2.

I successivi livelli, Element 3 e 4, denotano, da un canto, il pericolo che si installi una sensoristica passiva, costituita da recettori, che non sia rappresentativa della effettiva comprensione dei modelli di funzionamento, mentre, per un altro lato, la presenza di attuatori, legata al rapporto che intercorre tra macchina e macchina e, in particolare, tra uomo e macchina, solleva, appunto risvolti sensibili, oltre che evidenzia, nel rapporto, l’unicità del riferimento al manutentore, tralasciando l’occupante.

Si tratti di questioni che hanno fatto parte integrante dei lavori di ricerca sperimentale condotti, ad esempio, nel programma ELISIR.

La stessa considerazione, amplificata, vale per Element 5, inerente alla autonomazione delle funzioni manutentive da parte del cespite e dei suoi componenti: un tema sempre presente nei prototipi messi a punto da eLuxLab.

È curiosamente, però, che nelle esemplificazioni relative alle possibili applicazioni dei gemelli digitali, inevitabilmente attinenti agli edifici cognitivi e alle città intelligenti, che il report incontra, infine, sia pure parzialmente, l’ambito comportamentale: This creates an inherent understanding of the way the built asset has been designed and constructed, the capabilities of all components, and how its constraints interact with each other, the environment and society over time.

La sensazione, comunque, è che sinché non si comprenderà appieno il passaggio che le Technology Company (da Airbnb a Google) stanno proponendo da Smartness a Helpfulness, non si riuscirà a fuoriuscire da una prospettiva che oggettiva il business nel Built Asset anziché nello User.

E, dunque, si rischierà di perseguire un fine intrinseco che appare, invece, solo ausiliario rispetto a un obiettivo estrinseco.

Non per nulla, benché tutta la narrazione dello UK BIM Mandate fosse basata sul Life Cycle, le Operations, lì così rilevanti, erano, nella Digital Built Britain Strategy, subito sfociate nei Social Outcome.

Insomma, il primo gemello digitale è dato dalla profilazione degli individui nelle reti sociali, a partire dalle preferenze personali per concludere coi dati sanitari.

Da lì occorre cominciare il viaggio per comprendere a che cosa serva il National (o Global?) Digital Twin e quale ruolo in essi possano giocare i Built Asset.

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