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Volumi abitabili: come si calcola il criterio del "vuoto per pieno"? Le indicazioni del Consiglio di Stato

Palazzo Spada precisa che l'unica deduzione consentita è quella dei volumi tecnici, realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori)

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Una recente sentenza del Consiglio di Stato, la n.7087 del 18 ottobre 2019, ha fatto il punto sul criterio del "vuoto per pieno" riferito ai volumi abitabili, chiarendo che soltanto i locali tecnici sono esclusi dal calcolo della volumetria ammissibile.

Cos'è

Il cosiddetto criterio del "vuoto per pieno" (inteso come volume totale dello spazio compreso tra le pareti esterne, il pavimento più basso e la copertura, misurato all'esterno) di cui all'art. 3 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 (quello sulle distanze in edilizia) non esclude, in linea di principio, alcuno spazio e/o superficie.

 

I parametri di riferimento? Questi: ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente "25 mq di superficie lorda abitabile" pari a "circa" 80 mc vuoto per pieno.

Le uniche esclusioni

L'unica deduzione consentita - osserva Palazzo Spada - è quella dei volumi tecnici, espressione con la quale si fa riferimento esclusivamente a quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale.

Il caso

Nel nostro caso, il Commissario straordinario di un comune aveva annullato la delibera di giunta recante la revisione del Piano particolareggiato esecutivo (Ppe) relativo ai lavori di recupero di un quartiere del centro storico. Tale provvedimento era stato adottato perché nel computo della volumetria massima ammissibile erano stati inseriti "locali tecnici, androni, scale, cantine, garage e interrati" il cui effetto si era tradotto in "una maggiore disponibilità di volumetria realizzabile di circa 10.125 mc." rispetto a quella prevista dallo strumento urbanistico.

Nonostante le rimostranze dell'impresa ricorrente, che ha portato a corredo delle motivazioni una serie di precisazioni a come era stato effettuato il calcolo dei volumi e di norme, il Consiglio di Stato l'ha respinto alla luce, tra l'altro, della circolare del Ministero dei lavori pubblici del 31 gennaio 1973, secondo la quale "devono intendersi per volumi tecnici, ai fini del calcolo della cubatura degli edifici, i volumi strettamente necessari a contenere e a consentire l'accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche".

Inoltre, il Consiglio di Stato ha ritenuto inapplicabili al caso di specie gli artt. 12 della legge regionale 6/2008 e 34, comma 2-ter del dpr 380/2001 in quanto il primo "riguarda gli interventi di edilizia sostenibile, architettura sostenibile e di bioedilizia" mentre il secondo "disciplina gli interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire".

LA SENTENZA INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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