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Equo compenso, Tar Marche: bandi illegittimi se non rispettano i parametri

Secondo i giudici amministrativi marchigiani, il bando pubblico con compenso non proporzionato è illegittimo in quanto le pubbliche amministrazioni, nell’affidamento dei servizi di opera professionale, sono tenute a corrispondere un compenso congruo ed equo, ovvero proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione

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La sentenza è di quelle molto importanti. Non definitiva, perché l'ultimo grado di giudizio 'amministrativo' è il Consiglio di Stato, ma per la prima volta un Tribunale riconosce l'equo compenso come tale, sancendo una sorta di riconoscimento per il rispetto della norma dal punto di vista dell'applicazione dei parametri di riferimento per la determinazione del compenso che possa definirsi “equo”.

Il caso in questione riguarda il ricorso dell’Ordine dei commercialisti di Ancona, contro un bando di un comune per la nomina dell’Organo di controllo di una società in house, nel quale veniva previsto un compenso di 2 mila euro all'anno per il professionista. Poco importa, però, perché leggendo la sentenza si evincono principi che possono essere assolutamente validi anche per i professionisti tecnici, il cui decreto di riferimento è il DM Parametri BIS.

I principi sull'equo compenso contenuti nella sentenza

  • le PA, nell’affidamento dei servizi di opera professionale (qual è quello in questione, ma quale potrebbe essere l'affidamento di una progettazione tecnica), sono tenute a corrispondere un compenso congruo ed equo, ovvero proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione;
  • al fine di accertare l’equità del compenso, occorre far riferimento ai parametri stabiliti dai singoli decreti ministeriali per ciascuna categoria di professionisti (quindi, nel caso dei tecnici, il DM Giustizia del 17 giugno 2016 (DM Parametri BIS);
  • detti parametri non possono essere considerati alla stregua di minimi tariffari inderogabili (pena la surrettizia introduzione di tariffe obbligatorie fisse o minime per le attività professionali e intellettuali, abolite dal cosiddetto “decreto Bersani”), ma costituiscono un criterio orientativo per la determinazione del compenso; in altri termini, non è esclusa, in via di principio, la possibilità che le parti pattuiscano liberamente il compenso anche in deroga ai parametri di liquidazione indicati nei citati decreti ministeriali (in particolare, art. 1, comma 7, del DM 140/2012);
  • quando il cliente è un contraente forte - ovvero, come nella specie, la pubblica amministrazione - la pattuizione del compenso professionale incontra il limite del rispetto del principio dell’equo compenso (inteso, si ribadisce, come proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione), che va armonizzato con le esigenze di riequilibrio finanziario e non recedere rispetto ad esse (TAR Campania Napoli, sez. I, ordinanza n. 1541 del 25 ottobre 2018).

Il bando della PA è illegittimo se il compenso non è adeguato

Tornando al caso specifico, il TAR rileva che, dagli atti impugnati, non risulta sulla base di quali parametri l’amministrazione sia giunta alla determinazione del compenso annuo al professionista per l’incarico in questione, né se la stessa abbia fatto applicazione, a tal fine, del principio dell’equo compenso; ciò anche avuto riguardo alle risultanze della consulenza tecnica dalla quale emerge che, sulla base dei parametri di liquidazione di cui al DM 140/2012, la determinazione del compenso annuo spettante per la prestazione professionale in parola sarebbe di molto superiore all’importo di 2000 euro previsto dall’avviso pubblico.

Ne consegue l’illegittimità della clausola contenuta nell’art. 1 di detto avviso pubblico, secondo cui “all’Organo di Controllo (Sindaco Unico) sarà corrisposto un compenso annuo pari ad € 2.000,00 oltre IVA e CAP …”, nei limiti e nella misura in cui, per l’individuazione del compenso da corrispondere al professionista, l’Amministrazione non abbia rispettato il principio dell’equo compenso, che impone l’applicazione di un criterio di proporzionalità rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, in attuazione dei principi di trasparenza, di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa, nonché di fare riferimento ai parametri stabiliti - per quel che qui interessa - dal DM 140/2012.

Insomma: il compenso non è equo in base al decreto sui parametri di riferimento per quella professione, pertanto il bando è illegittimo.

LA SENTENZA E' DISPONIBILE NEL FILE ALLEGATO

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