Digital Twin
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La Piattaformizzazione dell’Ambiente Costruito tra Smart Home e Digital Twin

Una riflessione di Angelo Ciribini su due espressioni al centro del settore della costruzione e dell’immobiliare: la smart home e il digital twin. Quali interrelazioni con i comportamenti umani?

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Sfida immateriale per gli operatori tradizionali del settore

La riflessione su espressioni quali smart home e digital twin e, soprattutto sull’intervallo che intercorre tra di esse, evidenzia, per gli operatori del comparto della costruzione e dell’immobiliare, una possibile dissociazione tra piani argomentativi sostanzialmente eterogenei, ma, almeno in apparenza, convergenti.

Da un lato, infatti, l’offerta merceologica relativa alla «casa intelligente» appare piuttosto estranea agli operatori tradizionali del comparto che, non a caso, la recepiscono esclusivamente in termini addizionali di domotica e di Building Management System (BMS), senza forse intuirne le implicazioni più profonde sulla natura del «prodotto» immobiliare che, sino al 2007, nella forma dell’edilizia residenziale di nuova edificazione, costituiva un riferimento identitario, e che attualmente riemerge come emergenza abitativa per il tramite dell’edilizia residenziale sociale e popolare, possibilmente come edilizia di sostituzione per tessuti non dismessi.

Da un altro canto, invece, il «gemello digitale», una delle locuzioni oggi più in voga per indicare le evoluzioni del ciclo di vita del bene costruito, appare, curiosamente, più rilevante per le co-simulazioni comportamentali inerenti alla occupancy, anziché, o ancor maggiormente, per quelle prestazionali attinenti ai cespiti fisici che la ospitano.

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D’altra parte, appare difficile distinguere, nei cosiddetti innovation district, quanta parte appartenga davvero ai principi dell’inclusività, della resilienza e della connettività e quanta, invece, resti nell’alveo dello sviluppo immobiliare classico impostato su bricks and mortar, ma, almeno in termini di marketing e di comunicazione, l’immateriale pare essere determinante per attrarre investitori e investiti.

Helpful home e cognitive building

A dire il vero, l’attributo helpful che Amazon e Google associano alla home e l’aggettivo cognitive che IBM ha affiancato al building raccontano di una storia intrigante e inquietante al tempo stesso che evidenzia il riduzionismo di quell’aggettivo inflazionato che è smart, poiché evoca innumerevoli tratti dello spazio sociale ed economico, lambendo persino le istanze politiche, nelle sue conseguenze sul piano delle istanze democratiche.

Helpful e cognitive narrano, in effetti, di una grande value proposition che potenzialmente unirebbe l’intelligence relativa alle connessioni interpersonali che avvengono sui social media e network, la localizzazione geo-spaziale dei dati che concernono gli stili di vita delle persone (dai consumi agli investimenti), il tracciamento dei loro movimenti, le prestazioni interattive tra utenti dei social/fruitori dei cespiti e questi ultimi, entrambi sensorizzati, come, tra gli altri, la valutazione del sentiment e i suggerimenti comportamentali legati agli stili di vita (programmi nutrizionali, indumenti idonei, ecc.).

In altre parole, anche se l’idea di «contratto esistenziale» non appare (ancora) plausibile, lifestyle, community, mobility e servizi alla cura della persona sembrano essere driver caratterizzanti le operazioni di sviluppo immobiliare degli innovation and smart urban district, pure nel caso domestico di Milano.

Naturalmente, in tempi recenti, soprattutto all’interno dello spazio economico europeo, sia la legislazione sia la consapevolezza della sensibilità e del valore dei dati personali sta riconducendo entro limiti circoscritti tali potenzialità, attraverso la protezione, ma il confronto ambiguo tra Sharing Economy e Surveillance Capitalism è destinato a proseguire, tra collaborazione e controllo, come testimonia il controverso caso di Toronto.

Del resto, si oscilla tra comandi vocali che attiverebbero misure severe di tutela della privacy e dispositivi che implicano il monitoraggio continuo.

In questo contesto, legato, in primo luogo, alla home e al workspace, che palesemente si stanno servitizzando, laddove as a Service e Co- hanno sempre più a che fare cogli spazi e coi luoghi delle esperienze e delle relazioni, il digital twin, che in alcuni ambiti governativi sta divenendo «nazionale», non più solo «edilizio», «infrastrutturale» o «urbano», costituisce il teatro principale di una sfida digitale che progressivamente «marginalizza» paradossalmente la tangibilità dei beni immobiliari (e infrastrutturali) a favore dell’immaterialità dei servizi esistenziali.

Orbene, una simile affermazione deve scontare una serie di scetticismi, a iniziare dal fatto che la pretesa di governare le dinamiche urbane e territoriali in tempo reale in modo regolato dai dati appare illusoria e sterile, per finire col rilievo che i cespiti fisici seguitano ad avere, anche nel gemellaggio che, per dire il vero, sembra essere solo a essi finalizzato.

Rigenerazione urbana in termini di smart district

Al contempo, tuttavia, anche il pensiero sull’economia circolare e sull’innovazione sociale, in corrispondenza, ad esempio, della rigenerazione delle periferie urbane, che, peraltro, si stanno sempre più de-spazializzando, non certo entusiasta nei confronti degli smart district, sottolinea come agire principalmente sul rammendo delle entità tangibili non sia sufficiente, stante l’influenza immateriale delle dimensioni economiche e sociali, laddove, peraltro, il concetto di «periferia» diviene parzialmente a-spaziale e si presta a uno sfruttamento nella comunicazione politica in merito a sicurezza e inclusione.

Tutto ciò, nonostante le frequenti invocazioni a «incrementare gli investimenti» e ad «aprire i cantieri», sottolineando l’interventismo edilizio e infrastrutturale come motore di rilancio dell’economia nazionale, rischiano di palesare una grande difficoltà del settore della costruzione e dell’immobiliare a confrontarsi con un nuovo settore dell’ambiente costruito che, probabilmente, si fonderà su altri presupposti e proporrà metriche inedite per stimare e per valutare il «valore» immobiliare, oltre che per legittimare l’edilizia di sostituzione.

Il che riporta alla constatazione che smart home e digital twin, a discapito delle apparenze basate su assistenti vocali e sensoristica, presuppongano la costituzione di ecosistemi socio-tecnici digitalmente abilitati, potenzialmente in grado di agire sul vissuto quotidiano incentrato sulla individualizzazione (ed omologazione?) dei bisogni.

Non è agevole, per gli attori convenzionali del comparto, interiorizzare questa dimensione, perché i collassi strutturali e i fenomeni alluvionali a livello infrastrutturale e ambientale, nonché la vetustà del patrimonio a livello edilizio, sembrano attribuire una priorità agli interventi sul «concreto», ma, a ben vedere, anche in questo ambito, sia i temi contrattuali, regolamentari e societari (dalle concessioni autostradali all’abusivismo edilizio) sia i modi di funzionamento delle opere indicano una «immaterialità» delle cause ultime.

Se, dunque, i due estremi della helpful home e del digital twin restituiscono uno scenario intermedio in cui potrebbero darsi le operazioni di rigenerazione urbana in termini di smart district, a opera di soggetti ibridi (promossi, ad esempio, dalle Tech Company e dalle Public Utility, ma anche da Social Enterprise e da SocialTech o, ad esempio, da CleanTech), per gli operatori tradizionali del settore della costruzione e dell’immobiliare sarà possibile conservare una distinzione tra materiale e immateriale, limitandosi ad aggiungere i BMS ai contenitori?

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Basterà promuovere genericamente, o meglio, complessivamente, ConTech e PropTech, entità assai sistemicamente eterogenee e finalizzate puntualmente, per affermare che il settore della costruzione e dell’immobiliare abbia recepito appieno i challenge dell’ambiente costruito?

Dalla risposta a questi interrogativi dipende, infatti, la risoluzione della questione identitaria, poiché la sfera che si riferisce al contenitore potrebbe essere, almeno quanto a marginalità conseguibili, ridimensionata a favore dell’universo dei contenuti.

Con ogni probabilità, agli operatori a cui si accennava sarebbe necessario acquisire una diversa prospettiva culturale, che non sia solo focalizzata sull’«oggetto», ma sul «soggetto», benché, in realtà, le valenze intangibili e simboliche dello spazio antropizzato e costruito abbiano sempre fatto parte della narrazione disciplinare.

Le prime indicazioni, a questo proposito, derivano dalla centralità dell’utente nel conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica, sempre più accostata ai temi relativi al cosiddetto cambiamento climatico, ma esse preludono all’analisi dei flussi spaziali e dei modi fruitivi che originano la presenza, a titolo esemplificativo, di neuroscienziati e di psicologi cognitivi entro i gruppi di progettazione.

Parimenti, alcuni committenti infrastrutturali, come Heathrow, cominciano a remunerare i propri contraenti sulla scorta della qualità dei corredi informativi che accompagnano le opere realizzate, enfatizzando la valutazione della qualità dei dati per gestire i Life Cycle dei Built Asset.

In questo senso, nel mondo delle interconnessioni, e degli algoritmi, spesso nascosti, che ne traggono le (in)debite conclusioni, la scommessa per gli operatori del comparto può essere data dal diventare professionisti e imprenditori dell’offerta esperienziale, ma, comprensibilmente, appare difficile immaginare che essi possano rapidamente introiettare questi immaginari, nonostante la loro storica «trasversalità».

È importante, però, che la questione sia posta con urgenza, proprio allorché, nelle politiche di riqualificazione urbana la dimensione fisica, già resa plurale nei decenni scorsi, assume una veste digitale, tanto più nella sintesi tra dimensioni edificatorie e sociali, tra approcci place-based e people-based.

Google Assistant is now used by 500 million monthly active users, and today Google is previewing features on the way in 2020 like a new voice that reads articles and web pages aloud to users with a more natural and humanlike voice. Later this year, saying “Hey Google, read it” or “Hey Google, read this page” will trigger the assistant to read or translate text from an article or webpage into 42 languages.  

Technology is undermining the foundations of real estate asset value. It is changing the way humans use retail, office, residential, lodging, and industrial space. It is redefining the meaning of location, visibility, and accessibility. It is democratizing access to capital, relationships, and information. It is eroding the power of regulation and the validity of zoning laws. It is even questioning the very idea that land is a scarce and finite resource.
Dror Poleg, Rethinking Real Estate: A Roadmap to Technology’s Impact on the World’s Largest Asset Class, Palgrave Macmillan, Brooklyn, NY, 2020

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