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Costruzioni: Rischio e Sicurezza, what else?

Non esiste una sicurezza assoluta delle Costruzioni. L'ing. Cardinale spiega come in un qualsiasi processo costruttivo occorra accettare un livello di rischio condivisa tra tutti gli attori del processo.

Partendo dal concetto ormai assodato che per una costruzione il "rischio zero" non esiste occorre guardare al futuro cercando di far comprendere a tutti i livelli che un processo costruttivo, specie se relativo ad una costruzione esistente, deve essere basato su una accettazione di un livello di rischio condivisa tra tutti gli attori del processo in cui trova spazio solo una cultura della responsabilità e delle competenze. Di seguito un'attenta analisi dell'ing. Giovanni Cardinale sul concetto di sicurezza nelle costruzioni in cui ci aggiorna anche sulla bozza del nuovo Testo Unico delle Costruzioni.

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Il Provveditore Pietro Baratono, nell’articolo apparso sul quotidiano del Sole 24 ore, Edilizia e Territorio del 10 marzo us, "Il falso mito della sicurezza", ha toccato un tema di assoluta importanza indicando, lucidamente, diagnosi e terapie assolutamente condivisibili.

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La misura della sicurezza di una costruzione

Intere generazioni di ingegneri si sono formati misurando la sicurezza di una costruzione attraverso l’esame di un solo parametro: il livello tensionale.

Il metodo delle tensioni ammissibili era questo e, nella sua insuperata sintesi, traduceva, per i sistemi strutturali, il determinismo così ben espresso da una legge ferrea come F=ma.

Il linguaggio delle norme era semplice e chiaro: se non superi un certo livello di tensione (normale, tangenziale..) la verifica della sezione è soddisfatta e con essa è assicurata la “sicurezza” della costruzione.

Anche la progettazione di strutture in zona sismica, almeno fino all’entrata in vigore della OPCM 3274, avveniva con identico approccio: le forze orizzontali, attraverso l’analisi statica lineare, venivano valutate come una frazione dei carichi verticali ed applicate, nelle due direzioni, ai telai in cui potevano essere ammessi anche comportamenti a traverso infinitamente rigido.

Certo, accanto al determinismo di certe regole e di certi approcci, è sempre stato necessario tenere presente la natura convenzionale di ogni assunzione normativa, come il maestro O. Belluzzi ci ricordava, a proposito delle tensioni tangenziali nella sua nota 89 al capitolo XXIII del Volume secondo “veramente c’è contraddizione fra supporre nulla la sigma di trazione ed ammettere che esista la tau, perchè, se la sezione è fessurata, il calcestruzzo non resiste nemmeno alla tau; ma in realtà alla tau non resiste il calcestruzzo ma...” e nessun progettista accorto ha mai usato il metodo come una semplice “macchinetta”; ne sono prova le tante opere, anche molto ardite, che sono state concepite in quel contesto culturale e normativo.

Nel 1980 in Francia, nello spazio di un giorno, il metodo delle tensioni ammissibili, almeno per il calcestruzzo armato, fu sostituito dalle B.A.E.L. 80 (Beton Armè aux Etats Limtes) ed anche in Italia, dal 1996, è stato possibile utilizzare, anche per costruzioni in zona sismica, il metodo semiprobabilistico agli stati limite, in alternativa a quello alle tensioni ammissibili che continuava a rimanere in vigore.

La sicurezza non è una "questione deterministica"

Il progressivo abbandono del metodo alle tensioni ammissibili dall’entrata in vigore della OPCM 3274 del 2003 e, comunque, in maniera definitiva, con le vigenti norme tecniche, ha sancito la consapevolezza di tutti circa l’aleatorietà delle grandezze in gioco, sia lato azioni che lato resistenze; ha dato evidenza al fatto che la sicurezza non poteva più avere un carattere deterministico e che andavano ricercate le soluzioni che rendevano bassa la probabilità di un evento negativo quale il collasso di una struttura.

Chi assume l’onere e la responsabilità di quantificare la “bassa probabilità”?
Ovviamente il legislatore che in Italia lo ha fatto attraverso Norme cogenti sul piano della legge.

Ho detto consapevolezza di tutti; è esatto?

Si, se ci riferiamo al mondo dei tecnici, No se ci riferiamo alla società intesa come cittadini ed anche come Istituzioni; ha dunque assolutamente ragione Pietro Baratono ad indicare le evidenti contraddizioni tra legge primaria (DPR 380/01) e Norme Tecniche per le Costruzioni e le storture anche giudiziarie che queste contraddizioni causano ogni giorno.

Declinare i termini Rischio e Sicurezza, quindi, non è più rinviabile anche perchè, per i cittadini, questi due termini sono antitetici: se c’è Rischio non c’è Sicurezza, se c’è Sicurezza non c’è Rischio.

Siamo pronti ad un nuovo concetto di "Rischio"?

Mai come oggi, forse, la Società civile è pronta a fare i conti con il significato della parola Rischio che può essere ritenuto “... il moderno approccio per prevedere e controllare le conseguenze future dell'azione umana ..” (U.Beck) perchè, forse, “Il regime del rischio è la funzione di un nuovo ordine” (UB) e perchè, mai come oggi, le idee di controllabilità, certezze, sicurezze, così fondamentali nella prima modernità, tendono a crollare.

La valutazione e gestione del “rischio”, piuttosto, richiedono un processo decisionale tanto di natura amministrativa che tecnica; il Rischio richiede decisioni e gli ingegneri sono tra coloro che devono assumere decisioni, spesso in un arco temporale molto stretto, in condizioni di rischio.

Ancora Beck: La questione principale è in che modo si possano prendere decisioni in condizioni di incertezza prodotta in una situazione in cui non solo la base di conoscenza è incompleta, ma, inoltre, una conoscenza maggiore e migliore implica spesso una maggiore incertezza 

Indagare le correlazioni fra Rischio e fiducia, tra rischio e sicurezza, deve essere allora un compito, un obbligo, di una larga parte della società, certo di quella che riguarda la formazione dei futuri tecnici, di quella che rappresenta le professioni intellettuali, di quella composta dagli attori di ogni processo edilizio, e, infine, di chi ha l’obbligo di scrivere le leggi, farle rispettare, ed amministrare la giustizia. 

L'incolmabile distanza tra la filosofia del dpr 380/01 e la realtà dei processi progettuali e costruttivi di un'opera

Come Pietro Baratono ha ben detto tra la filosofia dell’art. 64 del dpr 380/01 (“La realizzazione delle opere ....deve avvenire in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità”) e la realtà di ogni processo progettuale e costruttivo e del ciclo di vita si ogni costruzione, c’è ormai una distanza incolmabile che rende la legge del tutto incoerente con le basi scientifiche delle Norme Tecniche.

Rischio e responsabilità sono intimamente correlati ed in una società giusta non può esserci qualcuno che, come i tecnici progettisti, direttori dei lavori, dirigenti e funzionari pubblici, è più esposto di altri rispetto al Rischio, in nome di una “perfetta stabilità e sicurezza” impossibili da raggiungere. 

Le recenti norme tecniche introdotte con DM Infrastrutture del 17 gennaio 2018, la Circolare del 2019, le norme ad esse correlate come quelle note come “sismabonus” , ma anche quelle di prossima emanazione come le Linee guida sui ponti esistenti, hanno già fatto molti passi in avanti nella direzione di un carattere prestazionale che ben si lega con l’autonomia delle scelte tecniche, e nell’ assumere il Rischio come elemento che governa una processo costruttivo.

Quale futuro per la progettazione e costruzione di un'opera?

Sono certo che la cultura tecnica e professionale è ormai pronta per uno scenario ancora più avanzato: ridurre la cogenza delle norme a pochi aspetti assolutamente chiari e non interpretabili collocati nella responsabilità dello Stato, e porre altri aspetti, più squisitamente legati alla concezione ed alla costruzione, nella sfera delle competenze e delle responsabilità professionali, e nella cogenza dei contratti e non delle leggi.

Su questa strada le prossime edizioni delle norme tecniche potranno dare una migliore esplicazione concettuale a quel processo di “valutazione della sicurezza” che, nel titolo, pare richiamare un determinismo ormai sconfitto dalla realtà e dalla complessità e singolarità di ogni costruzione.

Al lavoro per un nuovo Testo Unico delle Costruzioni

La legge primaria è quella che deve essere riscritta da capo, annullando le arretratezze e le contraddizioni di leggi importantissime del passato (legge 1086/71, legge 64/74) e di ordinanze frutto, spesso, di momenti emergenziali; testi che, spesso in contrasto tra loro, disegnano solo un panorama di incertezze nel profilo di responsabilità dei singoli.
Questo processo di revisione è in corso da quasi due anni, in un tavolo tecnico voluto dal Ministero delle Infrastrutture, coordinato dal CSLLPP, che produrrà un nuovo Testo Unico delle Costruzioni orientato a mandare in soffitta l’attuale Testo Unico dell’edilizia, interessando non solo gli edifici ma, appunto, tutto il complesso mondo delle costruzioni.
I lavori sono molto avanzati, come è noto dai tanti momenti di discussione e partecipazione che vari soggetti che lavorano al tavolo (ANCI, Rete delle Professioni Tecniche, Regioni, ecc.) hanno promosso in varie parti d’Italia, e c’è una diffusa condivisione su un testo nel quale viene introdotto il concetto di rischio delle costruzioni, si formalizza il fatto che le ipotesi alla base della progettazione delle nuove costruzioni e delle costruzioni esistenti si rifanno al concetto probabilistico di sicurezza e di rischio, e si dà evidenza all’assunto che il rischio “zero” non esiste.

La "sicurezza statica e stabilità delle costruzioni" non sarà più “perfetta” ma, più giustamente e ragionevolmente, basata sulla valutazione del rischio di fallimento; come tale, l'argomento non può che essere trattato in maniera probabilistica e non già deterministica.

In assenza di procedure relative alle diverse tipologie di rischi naturali dovrà così farsi sempre riferimento alla classificazione del rischio sismico di cui al DM 65/2017 ed anche a quella che le prossime Linee guida sui ponti esistenti daranno per una tipologia costruttiva così importante e così in primo piano, oggi, nell’attenzione e nella sensibilità di tutti.

Anche il “fascicolo del fabbricato” troverà il suo obbligo in questa bozza di legge e così, nell’ambito della redazione o aggiornamento dell’anagrafica della costruzione, dovrà essere sempre definita la classe di rischio.

La nuova legge primaria, quindi, parlerà, oltre al linguaggio della “sicurezza” anche quello del “rischio” ed assumerà, appunto, l’onere e la responsabilità di declinarli.

Una verifica di sicurezza soddisfatta è garanzia che la probabilità con cui si potrà manifestare il fallimento dell'elemento/costruzione è inferiore alla soglia assunta a riferimento dalle norme tecniche e non già che tale eventualità non possa comunque verificarsi.

Ai tanti, troppi, soggetti che nella formazione di un giudizio (tecnico, legale) si dimenticano quanto sopra, ovvero, come nel caso dei giudici, ritengono che l’unica stella polare della complessità di ogni costruzione, piccola o grande che sia, sia il citato art. 64 del DPR 380/01, ma anche a me stesso, ricordo le parole del maestro Piero Pozzati, già Presidente del CSLP :

NON È POSSIBILE IDENTIFICARE LA PIENA OSSERVANZA DI UN REGOLAMENTO TECNICO NEI SUOI VARI ASPETTI TEORICI ED ESECUTIVI CON L'ACCETTABILITÀ E LA SICUREZZA DI UNA COSTRUZIONE, E CHE IL RISCHIO DI UN CROLLO NON PUÒ ESSERE ESCLUSO ANCHE PER UNA COSTRUZIONE PROGETTATA E REALIZZATA CON TUTTI I CRISMI TECNICI, PONENDOSI TRA L'AZIONE TECNICA ED IL RISULTATO DI ESSA UN RAPPORTO DI PROBABILITÀ, MODIFICABILE SI, MA SEMPRE INELUTTABILE”. 

Infine, considerata la sostenibilità sociale ed economica connessa ad ogni intervento su Costruzioni esistenti di carattere strategico o rilevante, come anche per gli edifici scolastici, dovrà imporsi una consapevolezza condivisa del livello di rischio assunto, magari a valle di analisi sociali e benefici-costi che riconducano le responsabilità tecniche, ma anche quelle sociali e politiche, nell’alveo di una giustizia davvero giusta.

Ecco il vero traguardo culturale da raggiungere

...un processo costruttivo, specie se relativo ad una costruzione esistente, deve essere basato su una accettazione di un livello di rischio condivisa tra tutti gli attori del processo.

Quando questo traguardo verrà raggiunto sono certo che le storture giudiziarie ma anche, e soprattutto, la consapevolezza dell’assoluta decisiva importanza dei processi manutentivi delle costruzioni, proprio nell’ottica della corretta valutazione e gestione del rischio, termineranno, lasciando spazio solo ad una cultura della responsabilità, delle competenze e non più a quella del “falso mito della sicurezza”.

Ho detto “quando” ma l’impegno del CNI e della Rete selle Professioni Tecniche, che io rappresento in quel tavolo tecnico , è a fare “subito” perchè il mondo dei tecnici, professionisti e dirigenti e funzionari pubblici , è pronto, le Università e gli Enti di ricerca sono tra i più avanzati al mondo, la struttura delle norme non teme il confronto con altri paesi e la società e la politica hanno assoluta necessità di ritrovare equilibri e consapevolezze che le consentano di affrontare, e risolvere, il difficile tema delle costruzioni esistenti, della loro manutenzione, del loro uso in condizioni di efficienza ridotta e del loro rinnovo.-

L’articolo del Provveditore Pietro Baratono, per l’esperienza, la qualità e l’autorevolezza dell’autore, rappresenta, per me, un aiuto ed uno stimolo molto importanti per andare nella giusta direzione e la mia speranza è che altre voci autorevoli si uniscano a questo grande sforzo di rinnovamento, di crescita e di eliminazione di ogni “falso mito”.