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Alcuni Interrogativi Urgenti per il Settore

Una riflessione di Angelo Ciribini

È oggi molto difficile interrogarsi sia sul come sia, soprattutto, sul quando «riaprire» le amministrazioni pubbliche e gli organismi professionali (che pure spesso restano attivi in smart working), così come le fabbriche dell'indotto e i cantieri.

È, tuttavia, evidente che occorra con urgenza inaugurare un dibattito serio e rigoroso su quale settore dovremmo immaginare per il prossimo futuro.

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Di là del fatto che occorra ripensare i luoghi produttivi, dai workspace degli uffici ai lay out dei cantieri, è proprio la natura strutturale degli attori e dei prodotti che abbisogna con grande solerzia di essere riconfigurata.
 
È, infatti, davvero pensabile proseguire identitariamente nella differenziazione radicale tra sfera professionale e sfera imprenditoriale, in coerenza con i nuovi paradigmi della cultura industriale?
 
Potranno realmente attributi quali ambientale, circolare, climatico, digitale, resiliente, sociale, sostenibile, essere interiorizzati nei modi di pensare e di agire senza provocare un grande rivolgimento a proposito della natura dei prodotti e dei servizi che il settore propone?
 
Sarà credibilmente possibile rimandare una autentica digitalizzazione, una Data Driveness, non affrettata né semplicistica, della Domanda Pubblica e Privata e, di conseguenza, della sua controparte?
 
Potremo davvero evitare che piattaforme digitali assumano la regia di reti di micro e di piccole organizzazioni sul versante dell'Offerta e che non si valorizzino i processi di acquisizione e di fusione atti a creare medie organizzazioni strutturate dalle capacità innovative, in grado di investire in ricerca e in sviluppo per la concezione del cespite nel suo,ciclo di vita e in quello delle vite degli utenti?
 
Potranno ancora essere trascurate le nuove forme contrattuali e para-contrattuali legate a nozioni come Alliancing e Social Outcome?
 
Desideriamo, sul serio, fingere di non sapere che la digitalizzazione agirà spietatamente nelle filiere e nelle catene di fornitura nei confronti di coloro che non saranno in grado di generare valore e che relazioni, ontologie, semantiche e dizionari saranno i nuovi e invisibili instrumentum regni dei beni interconnessi?
 
Supponiamo a ragion veduta che Informazione e Comunicazione non siano determinanti nell'ipotizzare un modello di salute e di sanità pubblica territoriale che si intrecci coll'ambiente costruito agile e cognitivo e che, a partire dai modi di interagire corporei, tra prossimità e distanza, non faccia dell'«esperienza relazionale» la principale unità di misura del mercato dell'abitare, del lavorare, dell'intrattenersi, dello spostarsi?
 
Le dinamiche virali stanno, infatti, agendo da tremendo acceleratore di tendenze sinora differite.
Non ci si illuda che sopraggiunga un «piano Marshall» a salvare il nostro passato.
È tempo, in effetti, di guadagnarci il nostro futuro con una originale strategia industriale.