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Pre e post COVID-19: quali requisiti di comfort per le scuole

Criteri generali per garantire confort negli edifici scolastici del futuro

Il COMFORT all’interno di una scuola è da intendersi come “tutto ciò che occorre per rendere agevole, bene organizzata e piacevole la vita quotidiana” (definizione applicabile in generale), al fine di massimizzare l’apprendimento e la funzione educativa della scuola stessa. Ciò significa agire su tutti i fattori che influenzano il BENESSERE di tutti gli utenti della scuola: sia esso fisico, emotivo, mentale e sociale. Se da un lato è infatti fondamentale il comfort fisico delle persone (termo-igrometrico, qualità dell’aria, visivo ed acustico), non bisogna però mai tralasciare l’importanza del benessere psicologico, per favorire la predisposizione al sistema insegnamento/apprendimento.

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Il concetto di Comfort e dell'importanza dell'integrazione di tutte le sue componenti

Siamo spesso abituati a collegare il concetto di comfort al benessere fisico delle persone. È però estremamente importante non dimenticarsi mai del benessere psicologico. In particolare, negli “edifici di apprendimento”, siano essi scuole o centri di formazione, tale aspetto è fondamentale, perché influisce fortemente sull’inclinazione personale all’assimilazione delle informazioni ricevute, e quindi all’apprendimento.

Immaginiamo di essere in un’aula grigia, spoglia e, per così dire, asettica. Dopo mezz’ora il livello di attenzione cala drasticamente, perché non ci sentiamo stimolati da quanto ci circonda. Un effetto analogo si avrebbe anche nel caso di un ambiente psicologicamente più accogliente, ma mal progettato dal punto di vista termo-igrometrico e/o dal punto di vista acustico/illuminotecnico (mantenere la concentrazione a 30°C con il “sole che entra diretto dalla finestra”, e il rumore del clacson di una macchina bloccata nella strada adiacente, non è cosa da tutti).

Vediamo quindi che l’importanza del comfort fisico è del tutto paragonabile a quello psicologico, e sono entrambi requisiti essenziali di una corretta progettazione, specialmente in ambienti reattivi come le scuole. Ovviamente, sia benessere fisico, ma ancor più quello psicologico, variano fortemente in funzione dell’utenza (in particolar modo l’età) e dello “scopo” educativo dell’edificio o del singolo ambiente che lo compone (scuola, centro di formazione volontaria, ambienti “creativi”, ecc.). Non è quindi assolutamente possibile ricorrere ad una generalizzazione del concetto di comfort.

Negli ultimi mesi si è inoltre fatto largo uno specifico fattore di rischio per il comfort degli ambienti scolastici: stiamo parlando del rischio biologico, derivato da virus, batteri e parassiti, i quali si trovano particolarmente a proprio agio in ambienti densamente popolati come le scuole.
Gli effetti di questi agenti patologici non sono solo fisici, ma anche psicologici. Se prima del COVID-19 le attività svolte a scuola (didattiche e ludiche) erano basate su rapporti interumani “di contatto”, mentre nel futuro (tralasciando l’attuale periodo di relazioni al 100% cibernetiche) le stesse attività dovranno essere mutate in interazione “distanziata”.

In altre parole, ciò che ci creava benessere nell’attività didattica di ieri, potrà essere fonte di discomfort domani, e come tale dovrà subire delle modifiche. Il comfort quindi, nella sua estensione più generale, non solo dipende da contesto e utenza, ma è anche fortemente mutevole nel tempo. E come tale, necessita di sistemi di valutazione e progettazione, in tutte le sue accezioni, che siano altamente flessibili e dinamici, per seguire la variabilità dei bisogni dell’utenza. In quest’ottica, la situazione emergenziale che saremo costretti ad affrontare nel post-COVID 19, non va vista come un problema da aggirare, ma come un’opportunità per avviare vista come una risorsa e non come un problema.

Nelle prossime sezioni del presente articolo verrà trattato il concetto di comfort nelle scuole in tutte le sue accezioni separatamente (termo-igrometrica, acustica, illuminotecnica e psicologica), senza dimenticare che il benessere dell’utente finale è garantito solo tramite una loro corretta interazione ed integrazione.

Come garantire il comfort psicologico

Iniziamo con l’affrontare l’aspetto del benessere psicologico in quanto, seppur meno tecnico, rappresenta il fondamento su cui poggiano gli altri elementi. Innanzitutto, vale la pena riflettere sul ruolo della scuola. La scuola, intessa come ambiente, è spesso definita come “Terzo Educatore”, in virtù del ruolo che essa ricopre nel progetto educativo dei futuri cittadini. E come tale, essa deve essere in grado di adattarsi alle esigenze della società contemporanea. Questa connessione tra processo educativo e contesto socio/culturale e territoriale in cui la scuola si inserisce, rappresenta la sottile ma sostanziale differenza tra edilizia scolastica ad architettura educativa (in cui si ha integrazione tra l’architettura stessa e il risvolto pedagogico). Lo spazio della scuola deve quindi essere aperto e stimolante per favorire la propensione all’apprendimento ed alla scoperta. Un approccio alla progettazione/riprogettazione scolastica che si sta diffondendo nell’ultimo periodo, è quello della progettazione integrata dal contributo degli utenti finali, i quali possono definire le esigenze a cui rispondere per garantire qualità di apprendimento e di sviluppo delle relazioni sociali. Oltre alla trasmissione di conoscenze, la scuola dei giorni d’oggi ha come obiettivo lo sviluppo dell’individualità personale, il che richiede, ad esempio, una modifica nelle modalità di erogazione delle lezioni (da frontale a interattiva), con conseguente modifica degli ambienti. Ovviamente questa modifica non deve riguardare solo le aule, ma dovrebbe prevedere una ridefinizione di tutti gli spazi componenti la scuola per creare dei luoghi di scambio ed interazione, non solo accademica ma anche personale.

È ovvio che, alla luce della recente chiusura forzata della scuola per evitare la contaminazione da virus, si rende necessaria un ulteriore adattamento dell’edilizia scolastica: favorire la collaborazione e le relazioni interpersonali, limitando il contatto diretto. Si richiede quindi, ad esempio di rimodulare gli ambienti per crearne di nuovi, fruibili in gruppi ridotti di persone, e magari prevedere la possibilità di interagire “informaticamente”. Un ruolo sempre più rilevante, per garantire la fruibilità completa degli spazi (intesi come risorse) sarà rivestito dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT). In questo contesto però, sarà molto importante evitare l’alienazione derivante dall’uso eccessivo delle tecnologie. Una possibilità sarà legata all’utilizzo dei cortili, intesi come nuovi ambienti educativi, una sorta di “aule a cielo aperto”, per consentire lo svolgimento di attività in sicurezza con l’intero gruppo classe. Perché non va dimenticato che, per consentire il benessere psicologico dell’utenza, è necessario garantire sicurezza e salute, ma senza trascurare mai l’accoglienza e la possibilità di socializzare, interagire e legare rapporti di amicizia.

Luce e benessere

Fortemente connessa al benessere psicologico è la corretta progettazione della luce, intesa in maniera integrata tra luce naturale ed artificiale. Il comfort visivo può essere definito come la condizione di benessere visivo durante lo svolgimento delle attività specifiche dell’ambiente in cui ci si trova. Nelle scuole, così come negli uffici, questo fattore è fondamentale, perché la maggior parte dei compiti richiesti implica un certo impegno visivo. Una corretta illuminazione consente inoltre di incrementare la produttività degli utenti, sia dal punto di vista della capacità di attenzione che del pensiero logico e rapidità di calcolo/elaborazione. Non va inoltre dimenticato l’effetto di benessere psicologico legato alla possibilità di connessione con l’ambiente esterno, legato alla presenza di ampie finestre.

Risulta quindi fondamentale una corretta valutazione innanzitutto dell’illuminazione naturale, per progettare correttamente il contributo di integrazione artificiale. L’ottimizzazione dello sfruttamento della luce naturale, se da un lato ha effetti benefici sul comfort, consente anche di ridurre i consumi energetici legati all’illuminazione.

Con l'ottimizzare non si intende però massimizzare, perché un eccessivo apporto di luce naturale può creare sia delle situazioni di discomfort visivo che termico (con conseguente aumento dei consumi energetici per la climatizzazione estiva).

Ovviamente valutare il contributo di luce naturale non è cosa semplice, perché altamente variabile in funzione dell’ora, della stagione e del meteo esterno. In ogni caso esistono dei metodi di valutazione che prevedono l’utilizzo di diversi indicatori per quantificare il contributo di luce naturale, da utilizzare possibilmente in maniera integrata, quali ad esempio il Fattore medio di Luce Diurna - FLDm, l’autonomia di luce diurna - DA e l’illuminamento utile da luce diurna - UDI 

Per ulteriori dettagli relativi alla progettazione illuminotecnica si rimanda all’articolo “Come progettare l'illuminazione negli ambienti scolastici: tra requisiti e linee guida” ).

Il parametro di riferimento è, almeno in Italia, il FLDm, il quale esprime il rapporto tra l’illuminamento dell’ambiente interno (ovvero il rapporto tra il flusso luminoso che incide su una superficie e l’area della superficie stessa) e l’illuminamento esterno, misurato su una superficie di riferimento orizzontale (indice adimensionale).

Negli edifici scolastici, ad esempio, viene richiesto un FLDm pari al 3% per gli ambienti didattici e all’1% negli spazi di distribuzione e nei servizi igienici.

È inoltre importante progettare ambienti in cui la luce naturale sia sufficiente per svolgere il compito visivo richiesto, senza affaticamento, per un tempo compreso tra il 40% e il 60% delle ore di occupazione dell’ambiente (indice DA), ovvero che riceva un illuminamento minimo di 300 lux per almeno il 50% delle ore occupate durante l’anno.
Da non trascurare è il rischio di abbagliamento, quantificabile tramite il conteggio delle ore in cui l’illuminamento dovuto alla luce naturale supera i 2000 lux (indice UDI). L’abbagliamento è inoltre quantificabile tramite il fattore UGR (Unified Glare Rating), introdotto anche nella normativa italiana, del quale sono stabiliti dei valori massimi raccomandati per garantire il benessere, in funzione del compito visivo, e non della tipologia di ambiente.
Prima ancora di valutare questi indici, per una corretta progettazione che garantisca il comfort visivo, e necessario tenere in considerazione orientamento, geometria degli ambienti e sistemi di ombreggiamento (tutte caratteristiche che influenzano il benessere sia visivo che termico, e di conseguenza il risparmio energetico).
La necessità di controllare la radiazione solare entrante in ambiente, sia luminosa che termica, ha portato allo sviluppo di numerose soluzioni e sistemi di controllo della luce (schermature ed ombreggiamenti), alcuni dei quali molto innovativi ed in fase di sperimentazione (si pensi ad esempio al sistema di ombreggiamento dinamico a base di microalghe, studiato da Politecnico di Torino e Arpa Valle D’Aosta).

Nei momenti in cui l’illuminazione naturale non è in grado di garantire i livelli minimi richiesti, è necessario integrare con sistemi di illuminazione artificiale. L’ambiente illuminato, non solo non deve compromettere la vista degli utenti, ma deve anche essere in grado di migliorare il comfort dell’utente e ottimizzare la produttività, in funzione dello specifico ambiente scolastico.
L’eterogeneità di tali spazi (aule, intese sia nella concezione tradizionale che in quella più contemporanea illustrata in precedenza, laboratori, ambienti di aggregazione, biblioteche, luoghi ricreativi, ecc.) richiede infatti una progettazione specifica dell’impianto di illuminazione artificiale. Ad esempio, in ambienti in cui si prevede l’interazione di gruppi, si può prevedere un’illuminazione diffusa; al contrario in luoghi di lavoro individuale può essere utile realizzare impianti di illuminazione più puntuale, da utilizzare al bisogno evitando sprechi di energia.

A partire da settembre 2020, in cui il rientro a scuola dovrebbe avvenire con circa metà classe in collegamento streaming, questo tipo di progettazione sarà fondamentale, per garantire allo stesso tempo qualità di illuminazione dell’aula e corretta visibilità degli schermi e dei sistemi di collegamento online (inteso sia del punto di vista di chi è in aula che deve poter vedere i volti e l’operato dei ragazzi connessi, e sia/soprattutto dal punto di vista di questi ultimi che devono poter vedere quanto spiegato in aula) in modo da consentire l’interazione delle due porzioni di classe. Oltre alla configurazione spaziale dell’impianto di illuminazione artificiale, si può ragionare anche su altri aspetti, quali ad esempio la Temperatura di Colore Correlata (TCC) delle sorgenti luminose utilizzate. Tale proprietà infatti è in grado di influenzare lo stato di sonnolenza o di stimolazione del sistema nervoso (basti pensare alla modalità notturna dei monitor dei computer, in cui si passa da una retroilluminazione fredda ad una calda, per prevenire disturbi del sonno).

Per una progettazione ideale dal punto di vista del benessere, gioca nuovamente un ruolo fondamentale l’eterogeneità degli ambenti nel nuovo modello di scuola: la variazione delle funzioni svolte in uno stesso spazio sarebbe favorita, a livello di adattamento umano, se si utilizzasse un sistema di illuminazione dinamico, in grado di passare da una temperatura fredda durante le ore di lezione frontale (favorisce la concentrazione) ad una luce calda e soffusa (rilassante) durante i momenti di riposo e svago.

I requisiti progettuali necessari (ma non cogenti) per garantire benessere visivo nei luoghi di lavoro, sono riportati nelle norme UNI EN 12464-1:2011 “Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro - Parte 1: Posti di lavoro in interni” ”, in cui si evidenzia la differenza tra area del compito visivo, l’area immediatamente circostante ad esso e l’area di “contorno”, e si pone grande attenzione ai concetti di contrasto luminoso ed abbagliamento, e UNI 11630:2016 “Luce e illuminazione - Criteri per la stesura del progetto illuminotecnico.

Il benessere termo-igrometrico

La quantità di superfici vetrate, oltre ad avere effetti sul benessere psicologico e su quello visivo, influenza anche fortemente il comfort termo-igrometrico. In questo caso però, l’utilizzo di grandi superfici vetrate ha un rischio più elevato di causare discomfort piuttosto che avere effetti positivi (lavorare in una “serra”, non correttamente progettata, è sicuramente poco gradevole). Ovviamente, per una corretta valutazione del comfort, bisogna tenere in considerazione le caratteristiche ambientali, ma anche quelle legate all’attività metabolica degli utenti, in funzione della specifica attività che essi sono chiamati a svolgere in ogni ambiente.

I parametri che influenzano il benessere termo-igrometrico

I parametri che influenzano il benessere termo-igrometrico sono quindi:

  • Temperatura [°C];
  • Umidità relativa [%];
  • Velocità dell’aria [m/s];
  • Qualità dell’aria (intesa come inquinamento della stessa);
  • Temperatura delle superfici radianti [°C];
  • Vestiario [m2°C/W] o [clo] e attività svolta dagli occupanti [W/m2] o [met].

L’attività svolta dagli occupanti genera una potenza termica prodotta dal metabolismo (attività metabolica), che è data dalla somma della potenza termica accumulata o ceduta dal corpo, il lavoro meccanico scambiato dal corpo con l'esterno, la potenza termica scambiata per convezione, conduzione ed irraggiamento e la potenza termica scambiata attraverso la respirazione, meno la potenza termica scambiata per evaporazione e traspirazione (gli ultimi due contributi sono calore latente, mentre gli altri sono calore sensibile).
L’attività metabolica, essendo una potenza, si misura in W/m2 (riferito all’unità di superficie media del corpo umano), o in MET, che è un’unità di misura convenzionale che corrisponde all’attività metabolica di una persona seduta a riposo (1 met = 58,15 W/m2 = 3,5 ml di O2/kg/min = 1 Kcal/kg/h. Cioè una persona “media”, a riposo, seduta, produce 58,15 W/m2 di potenza termica per ogni metro quadro di superficie corporea, consuma 3,5 millilitri di ossigeno o 1 chilocaloria per chilogrammo di peso corporeo per i minuti/ore di attività). Maggiori sono i met, maggiore è il dispendio di energia richiesto da quell’attività: il lavoro di ufficio (paragonabile allo studio) è 1,2 met, mentre l’attività sportiva varia tra 3 met del ballo leggero fino ai 12 met della corsa. Altra variabile da tenere in considerazione è la resistenza termica del vestiario degli utenti, che può variare a seconda dell’ambiente in cui ci si trova, e che influenza lo scambio termico per conduzione e per evaporazione. Tale resistenza termica si misura in m2°C/W o in CLO: 1 clo = 0,155 m2°C/W e corrisponde ad un abbigliamento composto da slip, camicia, pantaloni, giacca, calzini, scarpe (un abbigliamento invernale da esterno corrisponde a circa 1,2 clo, uno estivo da interni a circa 0,5 clo, mentre una persona in costume è caratterizzata da 0,15 clo). 

A seconda quindi dell’attività metabolica svolta e della tipologia di vestiario indossata, il corpo umano mette in atto tutti i sistemi di termoregolazione per mantenere la temperatura corporea intorno ai 37°C. È quindi molto importante, anche in questo caso, analizzare il comfort in funzione delle diverse tipologie di ambienti scolastici (aule, sala cinema/aula magna, palestra, piscina). 

Negli ambienti di lavoro scolastici, come le aule, le condizioni microclimatiche di riferimento per garantire il benessere (fisico e conseguentemente psicologico) degli occupanti sono:

  • Umidità dell’aria: 40 – 50% in inverno e 50 – 60% in estate;
  • Portata d’aria fresca di rinnovo: almeno 25 m3/ora per occupante;
  • Temperatura dell’aria: 19 - 22°C in inverno; 24 - 26°C in estate;
  • Velocità dell’aria: minima 0,05 m/s, massima in inverno 0,15 m/s, in estate 0,25 m/s.
La portata d’aria di rinnovo è direttamente connessa alla qualità dell’aria interna, aspetto che sarà fondamentale garantire nel post-COVID per ridurre al minimo la presenza di virus nell’aria.
La riduzione del numero di persone in ambiente aiuterà sicuramente in questo senso, ma potrebbe essere necessario comunque un aumento della portata d’aria di rinnovo immessa, l’implementazione di sistemi di filtraggio adeguati (dove siano presenti di impianti di ventilazione meccanica) e un monitoraggio continuo degli inquinanti presenti nell’aria.

Gli inquinanti, siano essi gas, solidi, liquidi o biologici, possono causare sollecitazioni sensoriali (odori), fisiologiche (mal di testa, affaticamento) e biologiche (irritazioni, allergie, effetti mutageni e carcinogeni) che compromettono lo stato di comfort delle persone, e possono causare veri e propri disagi e malattie. Un ruolo molto importante nel mantenimento delle condizioni di comfort interno è legato all’utilizzo di impianti di climatizzazione HVAC, i quali consentono il controllo delle quattro grandezze sopra elencate e contemporaneamente della qualità dell’aria interna. 

Particolare attenzione va fatta alle situazioni di discomfort locale, ovvero situazioni/posizioni in cui i valori delle grandezze fondamentali sopra indicate sono diversi da quelli medi. Le principali fonti di disagio di questo tipo sono:

  • Assimmetria radiante, ovvero la differenza di temperatura piana radiante tra due superfici opposte (ad esempio uno studente posizionato accanto alla parete esterna mal coibentata e quindi molto più fredda delle altre superfici dell’aula);
  • Gradiente termico verticale (tra la temperatura dell’aria all’altezza della testa, ad 1,10 m dal suolo, e quella in corrispondenza delle caviglie devono esserci al massimo 3°C di differenza);
  • Temperatura del pavimento (né troppo calda né troppo fredda);
  • Presenza di correnti d'aria eccessive.

Le normative di riferimento per la corretta progettazione del comfort termo-igrometrico sono le seguenti:

  • UNI EN ISO 7726:2002 “Ergonomia degli ambienti termici - Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche”;
  • EN ISO 7730:2006 “Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di benessere termico locale” norma che include quindi la ben nota Teoria del comfort di Fanger, relativa ad ambienti confinati di tipo “moderato” (quindi privi di sollecitazioni termiche nocive: stress termico, disidratazione, ecc.);
  • UNI EN ISO 9920:2009 “Ergonomia degli ambienti termici. Valutazione dell’isolamento termico e della resistenza evaporativa dell’abbigliamento”;
  • UNI 10339:1995 “Impianti aeraulici al fine di benessere. Generalità, classificazione e requisiti. Regole per la richiesta d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura”;
  • ASHRAE 55-2004 “Thermal environmental conditions for human occupancy”;
  • ASHRAE 62-2004 “Ventilation for Acceptable Indoor Air Quality”.

Va inoltre ricordato che l’art.9 della EPBD 31/2010, definisce l’obbligo che tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione a partire dal 31 dicembre 2018 siano ad energia quasi zero nZEB), mentre per gli edifici privati il termine è posticipato al 31 dicembre 2020. Si rende quindi fondamentale ridurre al massimo il fabbisogno energetico degli edifici (rendendolo quasi nullo) prevedendo adeguate strategie progettuali e tecnologiche, con l’obbiettivo di ottenere sempre più edifici scolastici green.

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Tale obiettivo dovrebbe essere perseguito anche per la riqualificazione delle scuole esistenti: nell’articolo “Trasformare una scuola esistente in un edificio nZEB è possibile?” si propone un innovativo approccio integrato di audit energetico e analisi costi, per valutare le effettive implicazioni richieste da questo tipo di interventi.

Il problema dell’acustica

La corretta progettazione acustica negli edifici scolastici ha lo scopo principale di consentire un’adeguata comprensione verbale tra studenti ed insegnanti (intelligibilità), agendo sia sulle fonti di rumore esterne all’ambiente in analisi, che sulla corretta gestione di quelle interne.

In altre parole, bisogna garantire

  1. un buon grado di isolamento acustico,
  2. la riduzione e il controllo del rumore generato dalle sorgenti interne (come gli impianti), 
  3. un fattore di assorbimento acustico interno tale da garantire un tempo di riverberazione ottimale, in funzione della specifica attività svolta.

Non bisogna dimenticare che un ambiente ben progettato acusticamente riduce il rischio di patologie vocali negli insegnanti: così come gli altri aspetti visti fino adesso, anche il benessere acustico favorisce sia l’apprendimento che le condizioni di salute degli utenti. Infatti, in caso di allievi non madrelingua, o con deficit acustici, dell’attenzione o del linguaggio, sono previste condizioni acustiche particolarmente restrittive. La Legge n. 447 del 26/10/1995, integrata dai suoi decreti applicativi e norme regionali, è la legge quadro in materia di acustica. Essa prevede che le scuole siano ubicate il più lontano possibile da forti sorgenti di rumore (infrastrutture di trasporto e industrie), in modo da ridurre i livelli sonori disturbanti. La progettazione acustica parte da uno studio preventivo del contesto, in modo tale da definirne il “clima acustico” e poter individuare l’orientamento e la geometria più corretta dell’edificio, e l’eventuale necessità di barriere (evitando quelle vegetali, perché di scarsa efficacia). 

Per ridurre la trasmissione sonora attraverso tutti i componenti dell’edificio, bisogna valutare attentamente sia il potere fonoisolante dei materiali utilizzati (serramenti, porte, pareti, solai e giunti) che la corretta posa in opera (per evitare ponti acustici). La norma UNI 11367:2010 definisce tutti i requisiti prestazionali degli edifici scolastici.

Particolare attenzione al fonoisolamento deve essere posta per gli ambienti confinanti con locali tecnici o locali sanitari (le pareti divisorie devono avere una massa areica > 200 kg/m²). Il rumore impiantistico varia fortemente a seconda della tipologia di impianti utilizzati (climatizzazione, idrico-sanitari e meccanici): impianti di climatizzazione ad aria, per quanto consentano un miglior controllo del benessere termo-igrometrico, sono sicuramente molto rumorosi, e potrebbero causare dei disagi dal punto di vista acustico.
La distribuzione dei locali interni della scuola dovrebbe quindi separare ambienti particolarmente rumorosi da quelli particolarmente sensibili, per ridurre la necessità (ed i costi) di fonoisolamento.

Vediamo quindi che, due elementi che abbiamo visto poter avere effetti positivi nella scuola dopo il periodo Coronavirus, l’utilizzo dei cortili come aule e degli impianti HVAC, potrebbero richiedere degli adeguamenti dal punto di vista acustico, perché fonte di maggior rumore. La comprensione della parola nel singolo ambiente scolastico, oltre a dipendere dal controllo dei rumori provenienti dall’esterno, è fortemente correlata dalle proprietà acustiche interne dell’ambiente stesso.

Aspetto fondamentale è il tempo di riverberazione (il quale dipende dal fonoassorbimento e dal volume dell’ambiente in analisi), che varia anche in funzione del tipo di attività prevista (tempo più breve per il parlato e più lungo per gli ambienti in cui si studia musica). Per le aule più comuni, con un volume minore di 250 m3, il tempo di riverberazione da ottenere è compreso tra 0,5 e 0,8 s.
Nel caso di scuole dedicate all’istruzione primaria, tali tempi devono essere ridotti a causa della maggior vulnerabilità degli occupanti. Ovviamente, la riverberazione è fondamentale anche per il controllo del rumore generato internamente all’ambiente. Se una corretta riverberazione evita il mascheramento del suono, una ricezione del segnale di qualità dipende anche dal numero di riflessioni a cui questo è soggetto, che lo rendono più nitido e comprensibile. Il contributo di riverbero e prime riflessioni viene quantificato dalla norma UNI 11367:2010 tramite due parametri: “Chiarezza della parola” - C50, rapporto tra l’energia sonora che raggiunge l’ascoltatore nei primi 50 ms e quella oltre i 50 ms fino al decadimento del segnale (C50 ≥ 0 dB per le aule), e “Indice di trasmissione del parlato” – STI, il quale dipende dal tempo di riverberazione e dal rapporto segnale/rumore (STI ≥ 0,60). Ambienti di particolare attenzione sono le palestre e le aule musicali. Nelle palestre infatti, si ha molto spesso un’eccessiva difficoltà di comunicazione, dovuta a rumore ed eco, che può portare a sensazione di oppressione e mal di testa: circa l’80% degli insegnanti di educazione fisica sono soggetti ad un livello di esposizione settimanale al rumore superiore a 75 dB(A), e il 25 % addirittura superiore a 80 dB(A) (condizione di rischio).

È fondamentale inoltre non dimenticare che le scuole stesse rappresentano una fonte di rumore verso l’esterno, la cui valutazione previsionale può essere eseguita secondo quanto riportato dalle norme della serie UNI EN 12354 “Acustica in edilizia - Valutazioni delle prestazioni acustiche di edifici a partire dalle prestazioni di prodotti”. Questa serie di norme (composta da sei norme specifiche), rappresenta la normativa di riferimento per i requisiti acustici, insieme alle UNI 11367:2010 “Acustica in edilizia - Classificazione acustica delle unità immobiliari - Procedura di valutazione e verifica in opera”, UNI 11532 parti 1 e 2 “Acustica in edilizia - Caratteristiche acustiche interne di ambienti confinati” e DIN 18041:2016 “Acoustic quality in rooms - Specifications and instructions for the room acoustic design”.