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Sanatoria edilizia e obbligo di verifica sismica: le conseguenze

Tar Napoli: nessuno ha il potere di auto-referenziare che l’intervento di manutenzione straordinaria (in avanti) sia esentabile dal previo permesso sismico

Il permesso di costruire in sanatoria col quale il comune ha concesso l’accertamento di conformità per una tettoia-copertura e dell’ampliamento del vano di accesso al terrazzo in cui la tettoia è stata realizzata senza previa verifica sismica è un atto illegittimo.

Lo ha chiarito il Tar Napoli nell'interessante sentenza 1935/2020 dello scorso 22 maggio, che va ad abbracciare diversi ambiti della normativa urbanistica.

Il permesso in sanatoria e l'autorizzazione paesaggistica della 'discordia'

Un privato ha denunciato che il permesso di costruire in sanatoria di cui sopra fosse illegittimo in quanto:

  • a) rilasciato a soggetto privo di legittimazione ex art.11 del dpr 380/2001, in quanto non esclusivo titolare della proprietà dei luoghi in cui insistono le opere; in pratica la ricorrente denuncia che le opere insistono sul muro di sua esclusiva proprietà e coprono una porzione della sua cucina;
  • b) viziato da istruttoria insufficiente dato che i grafici allegati al permesso di costruire presentano incoerenze tra piante e prospetti che impedirebbero addirittura di comprendere cosa effettivamente sia stato autorizzato; la ricorrente denuncia altresì che i grafici di progetto del permesso di costruire sarebbero diversi da quelli trasmessi e approvati dalla soprintendenza (che sul progetto ha espresso ai fini dell’autorizzazione paesaggistica il suo parere obbligatorio e vincolante), presentando delle evidenti divergenze nel posizionamento delle travi costituenti la struttura della copertura;
  • c) relativo a un immobile che non può essere considerato urbanisticamente regolare dato che in esso sono presenti opere (in particolare il soppalco e il terrazzo a livello) mai autorizzate o sanate e modifiche a porte e finestre sulle quali mai è stata chiesta e ottenuta l’autorizzazione paesaggistica; la tesi della ricorrente è che il permesso di costruire – essendo basato su grafici di progetto rappresentanti opere urbanisticamente non regolari regolarizzate – finirebbe per sanare illegittimamente tutte queste opere;
  • d) autorizza interventi ampliativi non consentiti dalla vigente normativa urbanistico-edilizia che permette esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria laddove le opere realizzate, ivi compresa la tettoia oggetto di sanatoria, superano il limite della manutenzione;
  • e) è stato rilasciato senza preventivamente acquisire la documentazione attestante la verifica sismica delle opere e del fabbricato o almeno il certificato di collaudo statico (venendo in rilievo un comune situato in zona sismica).

Non solo: la ricorrente impugna anche il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, sostenendo che essa è illegittima in quanto:

  • a) le opere realizzate non rientrerebbero tra quelle che, in base all’articolo 167 del d.lgs. 42/2004, sono suscettibili di sanatoria a fini paesaggistici, dato che nella fattispecie ricorrerebbe una ristrutturazione edilizia con creazione di nuove superfici utili; in ogni caso l’accertamento di compatibilità avrebbe l’effetto di sanare anche le altre opere abusive realizzate nel corso del tempo nella proprietà; sotto questo profilo la ricorrente riprende l’argomento già speso contro il permesso di costruire secondo cui la sanatoria – anche a fini paesaggistici – presuppone un immobile urbanisticamente e paesaggisticamente regolare;
  • b) privo di motivazione in ordine alle ragioni per cui l’intervento è stato ritenuto compatibile con la normativa di P.T.P. e con i valori tutelati;
  • c) basata sul falso presupposto che essa costituisse un atto endoprocedimentale (la censura si riferisce a un inciso contenuto nell’atto che, appunto, lo qualifica come atto endoprocedimentale).

La sanatoria da considerare

Prima di tutto, i giudici amministrativi evidenziano che il permesso in sanatoria impugnato e la correlata autorizzazione paesaggistica si limitano alla sanatoria dell’intervento che di essi forma oggetto, cioè la realizzazione della tettoia e l’ampliamento del relativo vano di accesso. Queste sono le opere che sono state sanate; la sanatoria quindi non si estende ad altre opere eventualmente prive di titolo edilizio e paesaggistico presenti nella proprietà del controinteressato e rappresentate nei grafici allegati alla istanza.

Quindi:

  • può rilevarsi che ogni opera presente all’interno di un compendio immobiliare dovrebbe trovare la sua legittimazione nei titoli edilizi che di volta in volta lo hanno riguardato; fisiologicamente il grafico di progetto rappresentante lo “stato attuale” di un titolo edilizio dovrebbe essere esattamente corrispondente allo “stato di progetto” del titolo edilizio immediatamente precedente relativo allo stesso immobile;
  • eventuali divergenze hanno carattere tendenzialmente patologico e costituiscono l’indizio della realizzazione di opere abusive (nel periodo intermedio tra il rilascio del precedente titolo e la presentazione dell’istanza di rilascio del nuovo); tuttavia la circostanza che sia rilasciato un titolo edilizio (o paesaggistico) in cui lo stato attuale non corrisponda esattamente allo stato di progetto di titoli precedenti relativi allo stesso immobile non implica una sanatoria delle difformità e quindi di eventuali abusi che siano stati compiuti, dato che il titolo edilizio (o paesaggistico) legittima le sole opere cui esso specificamente si riferisce.

Questo discorso ha rilevanza nella fattispecie all’esame in cui l’immobile del controinteressato pare aver subito nel corso del tempo modifiche interne (realizzazione di nicchie all’interno dei muri e ampliamento del soppalco) che non sembra siano mai state autorizzate pur essendo rappresentate nei vari titoli edilizi che hanno riguardato l’immobile.

Ma la circostanza che l’immobile del controinteressato non sia (o possa non essere) interamente regolare dal punto di vista urbanistico-edilizio non implica l’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso all’esame né che – come pare temere la ricorrente – tali provvedimenti abbiano implicato la sanatoria di queste opere che il comune potrebbe quindi sanzionare dopo aver avviato una verifica in merito.

La divergenza dei grafici allegati

Quanto alla lettera b) sulla divergenza tra i grafici allegati al permesso di costruire e quelli inviati alla Soprintendenza per il parere si tratta di una apparente e minima diversità nella rappresentazione dell’interasse esistente tra le travi poste al centro della tettoia che, non incidendo in alcun modo sulla sostanza dell’intervento, non determina l’illegittimità dei titoli.

La legittimazione dell'intervento

La ricorrente sostiene che l’intervento autorizzato inciderebbe su porzioni immobiliari di sua esclusiva proprietà (il muro posto al confine della sua abitazione e la “risega” che si sporge sul terrazzino dell’abitazione del controinteressato) e che comunque quest’ultimo non avrebbe dimostrato di essere proprietario delle porzioni di immobile (in pratica il muro) in cui le travi che sostengono la tettoia sono state inserite.

Per il Tar la censura è infondata, poiché può trovare applicazione nella fattispecie la presunzione di comunione del muro di confine stabilita dall’articolo 880 c.c.. La ricorrente obietta che la presunzione di comunione nel caso di edifici di altezza diversa si estende sino alla sommità di quello più basso e che quindi il muro sarebbe di sua esclusiva proprietà a partire dalla quota del terrazzo, ma in realtà:

  • a) i due edifici (quello della ricorrente e quello del controinteressato) hanno in realtà la medesima altezza anche se in ragione delle diverse sagome e del loro diverso sviluppo quello del controinteressato si eleva sino alla sommità di quello della ricorrente solo nella parte retrostante il terrazzo; deve però ritenersi che ai fini della applicazione della presunzione dell’articolo 880 c.c. il muro al confine vada considerato nella sua unità e quindi debba farsi riferimento alle altezze massime dei due edifici adiacenti prescindendo dalle rientranze poste in corrispondenza di terrazzi; insomma la presunzione di comunione non si applica alla sola porzione di muro posta al di sopra dell’altezza massima dell’edificio più basso;
  • b) la stessa ricorrente ammette poi che in passato sul terrazzo in questione esisteva un localetto (ha oltretutto inserito nella propria memoria una foto di esso presa in epoca non precisata) per cui non può già solo per questa ragione ritenersi che la proprietà comune venga meno alla quota del terrazzo.

E' altresì escluso che l’intervento oggetto di sanatoria abbia implicato un aumento di superficie e/o volume; in realtà nella fattispecie viene in rilievo la realizzazione di una tettoia relativamente modesta sostenuta da travi in legno che sono semplicemente appoggiate (e non innestate) nella muratura; si tratta quindi di un intervento di manutenzione straordinaria consentito dal p.r.g. del comune e dal P.T.P. regionale.

L’assunto della ricorrente, secondo cui si tratterebbe in sostanza di un intervento di nuova costruzione incompatibile con la normativa urbanistica e paesaggistica, non è condivisibile. Al riguardo soccorre l’orientamento giurisprudenziale secondo cui solo le tettoie che incidono sull’assetto preesistente del territorio costituiscono interventi di nuova costruzione sottoposti al regime del permesso di costruire; nella fattispecie la tettoia ha un carattere modesto e, pur modificando il prospetto dell’edificio (e ciò rende necessaria l’autorizzazione paesaggistica), non incide sui suoi elementi strutturali risolvendosi in un elemento di copertura del terrazzino avente una funzione protettiva della superficie dagli agenti atmosferici.

Le violazioni della normativa sismica

Arriviamo al punto dolente, quindi, cioè alla violazione accertata della normativa della legge regionale 9/1983 sulle costruzioni in zona sismica.

La relativa verifica è infatti prescritta per qualsiasi costruzione o riparazione eseguita in zona sismica che superi il limite della manutenzione ordinaria (Cassazione penale , sez. III , 09/07/2018 , n. 39335); poiché, nella fattispecie, viene in rilievo un intervento di manutenzione straordinaria è corretto affermare che il relativo progetto dovesse essere sottoposto alle verifiche prescritte dalla legge citata secondo le procedure degli articoli 2 e 6.

Illegittimamente quindi il comune non ha prima di concedere la sanatoria verifica che si fosse dato luogo agli adempimenti prescritti dall’articolo 2.

L'autorizzazione paesaggistica

L’intervento oggetto di sanatoria può essere qualificato come intervento di manutenzione straordinaria; è quindi anzitutto infondato l’assunto della ricorrente secondo cui nella fattispecie non sarebbe stato ammissibile l’accertamento di compatibilità paesaggistica dato che l’articolo 167 d.lg. 20 gennaio 2004, n. 42 per questa categoria di opere lo permette.

Il permesso sismico e l'iter obbligato della giurisprudenza

Possiamo quindi concludere che al momento attuale (non esiste ancora giurisprudenza sul DL 32/2019 - Sblocca Cantieri, di cui art.94-bis comma 1 del DPR 380/2001)  tutti gli interventi edilizi dalla manutenzione straordinaria compresa in avanti sono obbligati al rilascio del previo permesso sismico.

Il TAR Napoli, qui, ha quindi confermato la giurisprudenza della Cassazione penale, per cui l’agente e suoi tecnici e impresa esecutrice, non possono esimersi dal richiedere il permesso sismico, a nulla sopperendo una personale considerazione del progettista che l’intervento non abbia carattere sismico.

Rileva l’intervento in se stesso come definito all’art.3 dal dpr 380/2001 e non le opere ricomprese nell’intervento.

Alcuno ha il potere di auto referenziare che l’intervento di manutenzione straordinaria (in avanti) sia esentabile dal previo permesso sismico.

Questo l'iter da seguire:

  • una volta appurato che si richieda una sanatoria edilizia (accertamento di doppia conformità) al Comune, il Genio civile interpellato per forza dal Comune, deve trasmettere la notizia di reato alla Procura e attendere, prima di poter delibare, il giudicato penale. Solo successivamente al Genio Civile può intervenire l'ex art 100 del TUED;
  • la sanatoria edilizia resta quindi in stand by e non può essere rilasciata dal Comune;
  • occorre che il genio civile (e non il Comune) accerti, essendo in suo potere, la sussistenza della “doppia conformità strutturale” imposta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 101/2013, fatto che come indubitabile è quasi impossibile;
  • la doppia conformità strutturale attiene alla conformità sismica nei due tempi, uno della realizzazione dell’abuso e l’altro al momento della domanda e quindi come spesso avviene con decreti ministeriali sismici tra loro del tutto incompatibili ed inconciliabili;
  • anche la sanatoria edilizia va respinta in assenza di “doppia conformità strutturale”.

LA SENTENZA E' SCARICABILE IN FORMATO PDF


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