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Responsabilità da Covid-19 per il datore di lavoro e Protocollo di sicurezza: cosa fare per evitare problemi

Confindustria ha pubblicato una circolare sull'applicazione dell'articolo 29-bis del DL Liquidità, che definisce il contenuto dell’obbligo di tutela della integrità psico-sica del lavoratore prevista dall’articolo 2087 del Codice civile a carico dei datori di lavoro pubblici e privati, con specico riferimento al rischio di contagio da COVID-19

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Abbiamo avuto modo di approfondire le novità introdotte dal DL Liquidità (23/2020), convertito dalla legge 40/2020, in materia di responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da Covid-19 di un dipendente, che per l'Inail è equiparabile a infortunio sul lavoro.

L'art.29-bis, recante "obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da Covid-19", ha previsto previsto, in linea con quanto richiesto dall’ANCE, che “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

La disposizione, quindi, fornisce un chiarimento importante rispetto a quanto previsto dall’art.42 del DL 18/2020 - Cura Italia, ossia che “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell'allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante «Modalità per l'applicazione delle tariffe 2019». La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.

In definitiva, il datore di lavoro sarà penalmente responsabile nel caso di un contagio da Covid-19 di un dipendente solamente se non ha osservato le prescrizioni dei Protocolli di sicurezza. Vengono meglio circoscritti gli obblighi e le conseguenti responsabilità dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio.

L'ambito oggettivo di riferimento

Nella circolare di Confindustria si evidenzia che la disposizione è evidentemente limitata alla finalità del contenimento del virus. Mancando un preciso riferimento temporale, l’efficacia della disposizione potrà eccedere anche la fine del periodo di emergenza dichiarato dal Governo (ad oggi, il 31 luglio 2020), ma l’assolvimento degli obblighi presenti nei protocolli è riferito esclusivamente all’ambito delle azioni per il contenimento del COVID-19.

La platea soggettiva

La norma estende la previsione al datore di lavoro pubblico, che finora non era tenuto ad osservare i protocolli. Questo potrebbe essere messo in relazione al fatto che l’art. 42 del Cura Italia estende il riconoscimento del COVID-19 come infortunio sul lavoro al datore di lavoro pubblico.

Il rispetto del protocollo

Tornando sulla questione 'focale', si evidenzia che anche l’Inail, nella sua circolare n.22/2020, ha affermato che “la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche”, con indiretto riferimento all’art. 2087 cc.

Confindustria sottolinea che è piuttosto difficile rintracciare sentenze di legittimità che attestino il pieno adempimento dell’articolo 2087 cc: normalmente, infatti, a valle delle consuete dichiarazioni in ordine alla natura non oggettiva della responsabilità civile, poi si giunge ad affermare l’inosservanza dei principi dell’art. 2087 cc. Al contrario, alcune recenti sentenze (Cass., ord., 3282/2020; ord., 20364/2019), pur partendo dalle stesse premesse, poi escludono la responsabilità del datore di lavoro. Per questo motivo, potrebbero costituire il parametro di lettura del modello comportamentale che può andare esente da rimproveri, utile, quindi, nella adozione, attuazione e mantenimento del protocollo.

La norma in commento afferma che “i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo”: si ritiene che al termine “applicazione” possa ricondursi la medesima logica, propria dei modelli di organizzazione e gestione, della “adozione ed ecace attuazione” (art. 30 del d.lgs 81/2008).

Questo anche perché la stessa norma fa espresso riferimento alla adozione ed al mantenimento delle misure previste nel Protocollo, così valorizzando il ruolo del Comitato e sollecitando il datore di lavoro a rappresentare nel Protocollo anche le progressive modiche e integrazioni che dovessero essere necessarie nel corso del tempo.

Anche il profilo sanzionatorio (DL 33/2020, art. 1, comma 15) presuppone che il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli “non assicuri adeguati livelli di protezione”, guardando, anche in questo caso, non ad una adozione meramente formale del Protocollo ma alla efficacia della sua attuazione. L’effetto decisivo della norma è, dunque, quello di riempire di contenuto l’art. 2087 cod. civ. con previsioni conoscibili ex ante da parte dei soggetti obbligati e non rimesse alla consueta interpretazione giurisprudenziale condotta ex post.

La norma, superando l’incertezza, individua definitivamente l’obbligo al parametro certo del Protocollo, che costituisce lo standard di comportamento, specicamente prescritto, ed esclude che possano entrare in gioco altre disposizioni.

Responsabilità civile e penale e rapporti col Protocollo

  • sul piano civile, la prova liberatoria a carico del datore di lavoro per gli adempimenti “innominati” (quelli richiamati dall’art. 2087 cod. civ.) è “correlata alla quanticazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi, di norma, al datore di lavoro l'onere di provare l'adozione di comportamenti specici che, ancorché non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli 'standards' di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe". L’indeterminatezza viene oggi meno, in quanto il Protocollo sostituisce questi adempimenti innominati;
  • sul piano penale, si può applicare la linea giurisprudenziale sopra richiamata secondo la quale "in tema di responsabilità per reato colposo di evento risulta indispensabile non solo individuare il soggetto al quale viene contestato di aver cagionato l'evento tipico; operazione che conduce a ricercare, sulla scorta del contesto normativo pertinente o della situazione di fatto, chi fosse nel caso concreto il gestore del rischio che si è concretizzato nell'evento". Anche da questo punto di vista, le prescrizioni del Protocollo (come specicate in relazione alle peculiarità aziendali) rappresentano le regole cautelari modali alle quali fare riferimento per il pieno adempimento degli obblighi penali (ai ni delle azioni di contrasto al Covid-19). 

L'adempimento del protocollo: cosa bisogna fare per evitare problemi

Nel momento in cui la legge riferisce il rispetto dell’art. 2087 cod. civ. al quello del Protocollo, nasce l’evidente esigenza di assicurare che l’impresa recepisca scrupolosamente i contenuti del Protocollo secondo le proprie caratteristiche, ne adempia integralmente tutte le disposizioni ed assicuri l’aggiornato mantenimento delle misure nel tempo.

Quindi:

  • occorre elaborare il Protocollo con il supporto tecnico del RSPP e del Medico competente con la partecipazione delle rappresentanze sindacali e del RLS o, se non presenti, di una rappresentanza dei lavoratori (es. formalizzando le attività del comitato previsto dal Protocollo);
  • il Protocollo, nella sua declinazione, deve rappresentare con chiarezza tutte le misure e le azioni adottate, anche documentandole con allegati (es. layout aziendale, procedure, documentazione informativa);
  • è opportuno argomentare le scelte che sono alla base delle misure assunte con riferimento espresso a documenti tecnico-scientici pubblici e aggiornati (es. per la sanicazione, le mascherine, il distanziamento);
  • è necessario valorizzare gli aspetti della adozione e del mantenimento delle misure previste nel Protocollo perché l’art. 29bis fa espresso riferimento al fatto che l’adempimento dell’art. 2087 cod. civ. è rappresentato non solamente dalla adozione delle disposizioni del Protocollo ma anche dal loro mantenimento aggiornato nel tempo (valorizzando così anche il ruolo del Comitato previsto dall’art. 13 del Protocollo).

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