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Progettare e riqualificare grandi edifici residenziali: quali requisiti e prestazioni lato impianto?

Come dovrebbe essere progettato e realizzato il grande edificio residenziale? Quali requisiti dovrebbe avere e quali prestazioni dovrebbe garantire? Ecco un articolo di approfondimento

Quando ero studente di Ingegneria, spesso Ti veniva ricordato che un edificio per essere efficiente doveva essere compatto, non troppo alto (4-5 piani massimo) e con poca superficie vetrata. Una volta laureato, misi in pratica in modo scrupoloso quegli insegnamenti e rapidamente mi accorsi di dover cambiar lavoro: iniziavano a sorgere, nelle grandi città del Nord Italia, edifici alti, molto vetrati e… incredibilmente sostenibili!  Alcuni erano destinati ad ospitare uffici, altri erano edifici residenziali.  Questi ultimi andavano ad arricchire il grande parco immobiliare costituito dai condomini, inteso in senso sia civilistico (un edificio con almeno 2 unità immobiliari di proprietà di soggetti diversi), sia fiscale (un fabbricato costituito da più unità immobiliari, dotate di autonomia catastale e funzionale, indipendentemente dalla proprietà).

E proprio i grandi fabbricati residenziali rappresentano il target di tanti incentivi proposti per la riqualificazione degli edifici esistenti.  Si tratta, ad eccezione (forse) dei più recenti, di fabbricati fortemente energivori, poco confortevoli da un punto di vista acustico e termo-igrometrico, e in alcuni casi poco sicuri dal punto di vista strutturale e lato antincendio. Eppure il famigerato lockdown ci ha insegnato quanto sia importante la nostra casa, dove mediamente trascorriamo almeno 10-12 ore al giorno: dovremmo pretendere un luogo confortevole, caldo in inverno e fresco in estate, silenzioso, salubre, ben illuminato, e non costoso da gestire. E invece, molto spesso, nulla di tutto questo!  E perdi più, nella totale indifferenza di occupanti e attori del settore immobiliare!

Sorge quindi un quesito: come dovrebbe essere progettato e realizzato il grande edificio residenziale? Quali requisiti dovrebbe avere e quali prestazioni dovrebbe garantire?

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Il parco immobiliare residenziale italiano

Dal 2021 al 2030 l’obiettivo di efficienza energetica impone circa 9 Mtep di riduzione dei consumi, da ottenere principalmente nei settori residenziale e trasporti. La Strategia Energetica Nazionale (SEN) identifica una serie di possibili azioni, elencate di seguito per il settore residenziale:

  1. Revisione e ottimizzazione del meccanismo delle detrazioni fiscali;
  2. Introduzione di un Fondo di garanzia per un eco-prestito;
  3. Rafforzamento delle misure volte al cambiamento comportamentale;
  4. Normative più stringenti per gli impianti di riscaldamento e raffrescamento;
  5. Miglioramento degli standard minimi per l’edilizia.

In effetti, lo stato del parco edilizio esistente in ambito residenziale lascia molto a desiderare. Come ha ben illustrato lo studio EPISCOPE condotto dal team del prof. Vincenzo Corrado del Politecnico di Torino, indagando gli edifici residenziali della Regione Piemonte, circa 2 edifici su 3 hanno pareti la cui trasmittanza termica è superiore a 1 W/m2K, mentre poco meno della metà presentano serramenti con trasmittanza termica superiore a 3,8 W/m2K.  Dal punto di vista impiantistico, è prevalente l’uso della caldaia a combustibile liquido o gassoso di tipo tradizionale, seguita dalla caldaia a condensazione e dall’impiego del teleriscaldamento.  Meno impiegata la caldaia a biomassa, mentre l’uso della pompa di calore è limitato a pochi casi di nicchia.

Dal punto di vista dei consumi, il Rapporto ENEA sull’efficienza energetica in Italia, riporta come nel 2015 il consumo energetico del settore residenziale è stato di 32,5 Mtep, +10,0% rispetto all’anno precedente. Tutte le fonti energetiche hanno registrato un aumento: in particolare il consumo di legna è aumentato di 12,8%, seguito dal gas naturale con 12,1%.  Anche per il gasolio si è osservato un incremento superiore al 10% (11,2%).  I consumi di energia elettrica e delle altre fonti rinnovabili sono aumentati rispettivamente di 3,0% e 3,3%.  Il gas naturale è la principale fonte energetica: nel 2015 ha soddisfatto oltre il 50% (52,3%) dei consumi energetici del settore residenziale, seguito dalla legna al 19,5% (con inevitabili ricadute sulla qualità dell’aria!), e dall’energia elettrica, 17,5%.  Il consumo per la climatizzazione (riscaldamento e raffrescamento) assorbe tra il 70% e il 75%, ed è dipendente dall’andamento delle temperature.  In particolare, nel 2015 il consumo energetico per la climatizzazione è aumentato di 2,1% rispetto al 2014, che si è caratterizzato per un anno di flessione.  In crescita anche il consumo per illuminazione e apparecchi elettrici, +5,0%, ed usi cucina e acqua calda sanitaria, +6,9%, portando la quota di consumo, rispettivamente, a 10,6% e 16,9%.

Il comfort negli edifici residenziali

Si tratta pertanto di un patrimonio vecchio, scarsamente efficiente ed estremamente energivoro, in cui anche le condizioni di comfort molto spesso sono scadenti.

Comfort termo-igrometrico e IAQ

Riferendoci al benessere termico, sono sei le variabili che lo influenzano. Quattro variabili sono date da parametri fisici dell’ambiente: temperatura dell’aria; velocità dell’aria; temperatura media radiante (temperatura delle superfici); umidità relativa.  Le restanti due variabili sono date da grandezze relative agli occupanti: attività svolta, ovvero il metabolismo energetico del corpo; la resistenza termica dell’abbigliamento.  Quando in generale si parla di temperatura, si parla in realtà della temperatura operante, che rappresenta un valore che tiene conto in modo pesato sia della temperatura dell’aria, sia della temperatura delle superfici.  In ambienti diversi si possono avere uguali valori di temperatura operativa, con valori molto diversi di temperatura dell’aria e temperatura delle superfici.  È quello che succede in ambienti riscaldati per mezzo di sistemi ad aria, come i ventilconvettori o gli split, rispetto agli ambienti riscaldati con sistemi radianti: possiamo avere la stessa temperatura operativa in entrambi, con i primi caratterizzati da temperatura dell’aria elevata e bassa temperatura delle superfici, mentre i secondi caratterizzati da valori più omogenei di temperatura.  Il comfort termico è maggiore negli ambienti con differenza tra temperatura dell’aria e temperatura media radiante contenuta.

È importante, infatti, non avere solo un buon grado di comfort termico all’interno degli edifici ma anche una buona salubrità dell’aria e delle strutture. Secondo la norma americana ASHRAE, la definizione di “Qualità dell’aria accettabile” è la seguente: “aria in cui non sono presenti contaminanti conosciuti in concentrazioni pericolose, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti e rispetto alla quale la maggioranza delle persone esposte non esprime insoddisfazione”.  L’aria all’interno degli ambienti contiene numerosi inquinanti, quali: inquinanti di origine esterna; inquinanti prodotti dagli occupanti; inquinanti generati dagli impianti e dalle macchine; inquinanti prodotti dall’edificio.  A riguardo si ricordi la “Sick Building Sindrome”, ovvero quello stato di malessere che registrano le persone dopo una certa permanenza all’interno di edifici caratterizzati da bassa qualità dell’aria interna (presenza di inquinanti, di muffe, di batteri, virus e funghi, eccessiva umidità relativa o aria troppo secca, etc.).  I sintomi sono vari e possono comprendere: occhi irritati; mal di testa; respirazione intensa; irritazione; nausea, vertigini; fatica, letargia; mal di gola; problemi di memoria.

Comfort acustico

Possiamo definire il comfort acustico come la condizione in cui un soggetto non sia disturbato nella sua attività dalla presenza di altri suoni e non subisca danni all’apparato uditivo provocati da una esposizione più o meno prolungata a fonti di rumore.  Il rumore viene definito come un suono indesiderato che, nel campo delle frequenze udibili fra i 20 e i 20000 Hz, disturba, provoca fastidio o danni alla salute.

Il rumore era, sino a poco tempo fa, una delle fonti di inquinamento più sottovalutate e meno controllate e solo da poco è stato riconosciuto come grave minaccia per la salute e per il benessere psicofisico dell’uomo.  Questa presa di coscienza ha portato ad elaborare leggi che regolamentano i livelli ammissibili di inquinamento da rumore, che tuttavia hanno trovato scarsa applicazione in quanto applicate essenzialmente agli edifici nuovi o totalmente ristrutturati, ovvero una quota parte molto ridotta rispetto all’enorme parco edilizio italiano. La difesa dal rumore è una esigenza primaria: l’esposizione al rumore, infatti, provoca disturbo psicologico e ostacola lo svolgimento delle normali attività di un essere umano, riducendone il rendimento e la capacità di concentrazione. Inoltre, può avere effetti nocivi sulla salute sia fisica che psichica degli uomini:

  • dal punto di vista fisico può provocare danni all’udito (fino alla sordità), problemi di equilibrio e senso di vertigine, senso di stordimento ed emicranie, disturbi all’apparato cardiocircolatorio e a quello digerente;
  • dal punto di vista psicologico provoca irritabilità, stati di angoscia e alienazione, alterazioni del ciclo del sonno.

L’inquinamento acustico ha rilevante incidenza sulla persona (qualità dell’ambiente abitativo, della vita, delle relazioni sociali) e sui beni di cui la stessa gode e fruisce (beni immobili).  In ragione della rilevanza di tali profili, lo Stato è intervenuto dettando una specifica disciplina di settore.  La normativa di riferimento in materia di inquinamento acustico ed isolamento acustico degli edifici è rappresentata dalla Legge 26 ottobre 1995, n. 447 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico”), dal D.P.C.M. 5 dicembre 1997 (“Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici”), che ne ha dato attuazione, e dalla normativa comunitaria di riferimento.  La normativa è diretta a stabilire i limiti di rumorosità (valori soglia) ammessi, il cui superamento è considerato generativo di un fenomeno di inquinamento acustico.  La carenza dei requisiti acustici passivi compromette la normale attitudine di un immobile a realizzare la funzione economico-sociale essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità. In molti casi, la dimostrata mancata osservanza dei parametri stabiliti dalla normativa in materia acustica, ha portato una valutazione di diminuzione significativa del valore dell’immobile acquistato.

Progettare/riqualificare i grandi edifici residenziali

Approcciarsi ad un grande edificio residenziale (dove con questa terminologia indichiamo i fabbricati con più unità immobiliari) significa innanzitutto scindere tra edifici stabilmente occupati, ed edifici ad occupazione saltuaria (qualcuno li definirebbe “seconde case”, o “case vacanze”, pur non essendo sempre inquadrabili solo in questo ambito).  In secondo luogo, si deve valutare l’inerzia termica dell’edificio: si tratta di un parametro che, proprio in funzione dell’uso, genera importanti ricadute sulla scelta del sistema impiantistico asservito. 

Edifici scarsamente o saltuariamente occupati, possono essere caratterizzati da involucri con alta inerzia, ma si dovrà allora optare su sistemi impiantistici a bassa inerzia, in grado di portare rapidamente gli ambienti alle condizioni desiderate, anche in condizione di funzionamento discontinuo con temperature fortemente attenuate.  Rientrano in questi casi gli edifici utilizzati solo nel week end, o per pochi giorni la settimana, che per gran parte del tempo sono impostati al solo fine di garantire la condizione di “anti gelo”. 

Diverso il discorso degli edifici continuamente abitati: in questi, sistemi impiantistici a media/alta inerzia termica ben si addicono, essendo in grado di garantire una sostanziale invarianza della temperatura interna anche nelle ore di conduzione dell’impianto in regime attenuato (tipicamente la notte).  In questi casi, l’inerzia del sistema impiantistico può essere utile per compensare un involucro scadente o caratterizzato da bassa inerzia termica (strutture coibentate ma leggere). 

Proprio i parametri di involucro (in primis trasmittanza termica e trasmittanza termica periodica) devono essere valutati per definire la scelta della miglior tecnologia impiantistica. Si tratta infatti di capire se è un edificio nuovo e/o riqualificato di recente, oppure esistente e sul quale mai si è intervenuti: i valori di trasmittanza termica dell’involucro sono essenziali nel determinare la temperatura media radiante interna agli ambienti, e, quindi, il valore di temperatura operante. 

Edifici con scadenti prestazioni di involucro, son edifici in cui è molto utile compensare una bassa temperatura media radiante con terminali di emissione estesi (pannelli radianti a parete, a soffitto, a pavimento), previa verifica che la potenza resa dall’impianto sia sufficiente a compensare le dispersioni (in riscaldamento) o gli apporti termici (in raffrescamento).  Inoltre, è determinante capire se l’edificio richiede o meno anche il raffrescamento estivo (servizio sempre più richiesto): in tale caso, è pressoché d’obbligo prevedere oltre all’impianto, anche un sistema tecnologico in grado di deumidificare l’aria.  Peraltro, la richiesta di un sistema di raffrescamento obbliga a pensare un impianto in grado di operare sempre, e questo implica che alcuni soluzioni tecnologiche tipicamente “invernali” (ad esempio i radiatori) non siano più proponibili in caso di ristrutturazione impiantistica o nuova installazione.  Salvo che non si voglia optare per lo sdoppiamento del sistema: impianto idronico per il riscaldamento e impianto a espansione diretta per il raffrescamento. Tale opzione, comunque plausibile, è a giudizio dello scrivente accettabile in fase di riqualificazione del patrimonio esistente, mentre è sintomo di scarsa attenzione progettuale in caso di nuova realizzazione/ristrutturazione.

Per garantire il risparmio energetico, inoltre, è preferibile l’adozione di sistemi centralizzati di riscaldamento/raffrescamento con contabilizzatore di calore individuali, conformemente a legislazione vigente.  Il D.Lgs. 102/2014 s.m.i. ha imposto l’adozione della termoregolazione e contabilizzazione in tutti gli edifici serviti da impianto centralizzato in cui l’installazione di contatori o ripartitori fosse economicamente conveniente. Il sistema di contabilizzazione del calore è opportuno possa essere integrato e idoneo a teletrasmettere i dati in maniera continuativa ad una centralina di acquisizione a livello dell’organismo abitativo, anche per garantire il rilevamento di eventuali manomissioni e/o riduzione/arresto della prestazione erogata.

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Sistemi per la contabilizzazione dell’energia e il bilanciamento degli impianti nei grandi edifici residenziali

Quali soluzioni scegliere e a quali aspetti occorre prestare attenzione per conseguire risultati pratici soddisfacenti?

>>> L'intervista all'Ing. Alberto Montibelli di Giacomini

La tecnologia oggi consente di gestire e controllare il proprio impianto anche a distanza, grazie all’uso di appositi attuatori e di applicazioni software installabili anche su smartphone e tablet.  La domotica ha reso quindi possibile impostare in ogni istante i parametri termici interni alla propria unità immobiliare, garantendo grande flessibilità di utilizzo in caso di edifici saltuariamente occupati, e, di conseguenza, un sensibile risparmio energetico: l’impianto viene fatto funzionare solo quando effettivamente richiesto.  Questa parzializzazione di uso, richiede sistemi di generazione molto flessibili, e in grado di modulare con grande rapidità la potenza erogata.  Aspetto fondamentale nei sistemi idronici è quello del bilanciamento dell’impianto: edifici grandi, con una pluralità di terminali, richiedono un attento bilanciamento, molto oneroso in termini di tempo impiegato e di lavoro manuale. 

L’uso di valvole di bilanciamento dinamico è una innovazione estremamente utile in tal senso, soprattutto se valutata in ottica di risparmio sul costo della manodopera.  Si tratta di componenti in grado di bilanciare il sistema senza bisogno di processi iterativi fatti dall’installatore, e per questo sono da prevedersi sia per nuova installazione sia in caso di ristrutturazione di un impianto esistente.

Il problema del rumore generato dagli impianti può essere affrontato attraverso due differenti strategie, non necessariamente reciprocamente esclusive:

  1. limitare la velocità dei fluidi termovettori, riducendo quindi il rumore generato dal moto in tubazioni e canalizzazioni;
  2. prediligere terminali di emissione privi di ventilatore, o almeno limitarne l’uso e la relativa velocità di rotazione.

Quest’ultimo suggerimento deve essere opportunamente abbinato all’esigenza di ventilazione meccanica controllata degli ambienti, unica soluzione tecnologica in grado di garantire la corretta IAQ e, se dotata di recuperatore di calore, incrementare l’efficienza energetica.  Da prediligere chiaramente un sistema VMC per ogni singola unità immobiliare, evitando rumorosi (e potenzialmente “contagiosi”!) sistemi centralizzati.

Il residenziale del futuro

Molti si sono avventurati nel definire la casa del dopo-Covid.  L’approccio è stato però sempre molto “architettonico”: abitazioni più grandi, più connesse, più flessibili, adatte o adattabili allo smart working.  Tuttavia l’edificio residenziale “del futuro” non può essere solo questo.  Deve essere un edificio più confortevole, gestibile anche da remoto, più efficiente, più silenzioso.  Non so se effettivamente passeremo più tempo a casa rispetto al passato, ma certamente, anche se si ritornasse alle vecchie abitudini pre-pandemiche, la casa resta il luogo dove si vive e si cerca riparo dalla frenesia lavorativa. È il luogo del riposo, e dello svago. Non è accettabile che non si veda l’ora di andarsene solo perché non si riesce ad avere la necessaria condizione di IAQ e di benessere acustico, termo-igrometrico e illuminotecnico.  Per questo è necessario prestare grande attenzione alla progettazione di questi spazi, pensando sempre in ottica integrale e integrata: si progetta per dare la possibilità di costruire bene, si costruisce bene per dar la possibilità di vivere splendidamente.

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