Digitalizzazione
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La Digitalizzazione del Settore delle Costruzioni in Italia: a che punto siamo?

Una breve riflessione del prof. Angelo Ciribini

In diversi contesti nazionali e internazionali si riscontra attualmente una forte esigenza di promuovere studi e indagini relativi alla valutazione del grado di maturità digitale del settore della costruzione e dell’immobiliare.

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Ciò si deve presumibilmente al fatto che, dopo alcuni anni in cui si era creata una forte aspettativa sul tema, a iniziare dal Building Information Modeling, si comincia ora a interrogarsi sui ritorni effettivi inerenti agli investimenti, sempre più ingenti, e, più, in generale, sui benefici realmente ottenuti, tanto più nella prospettiva pandemica e post-pandemica.

Per prima cosa, invero, non ha senso ragionare in termini di «anticipo» o di «ritardo» sull’argomento per almeno due ordini di ragioni:

  1. lo scenario, entro ciascun contesto nazionale, è quanto mai eterogeneo;
  2. lo spettro delle applicazioni digitali è assai ampio.

In secondo luogo, a proposito dell’innovazione, di prodotto e di processo, bisogna domandarsi quali siano le caratteristiche strutturali del settore e del mercato che ne abilitino la trasformazione digitale o che la avversino.

Il settore delle costruzioni deve dotarsi di chiare e durature strategie digitali

Queste considerazioni preliminari spiegano la ragione per cui sia necessario che il settore si doti di chiare e durature strategie digitali, tanto più che, a livello internazionale, si palesano le prime critiche sistematiche ai provider di dispositivi e di protocolli, accusati, a torto o a ragione, sostanzialmente di non aver promosso una evoluzione più rapida.

In altre occasioni si è, peraltro, potuto osservare come, tanto a livello scientifico quanto a livello normativo, l’avanzamento delle conoscenze abbia generato un corpo disciplinare sempre più sofisticato, ma, al contempo, sempre meno accessibile ai non addetti ai lavori, forse in parte a causa della oggettiva complessità del tema, in parte per via di una sorta di crescente autoreferenzialità che rischia di allontanare dal tema una buona parte degli operatori.

Tutto ciò serve, comunque, a focalizzare l’attenzione su due tratti salienti della questione: il ruolo che informazione e comunicazione posseggono (si pensi, ad esempio, al gemello digitale) e la sostituzione progressiva del dato al documento (che lascia ipotizzare che, appunto, il primo possa «condizionare direttamente» i processi decisionali).

Si stagliano all’orizzonte, perciò, alcuni elementi essenziali che non possono essere trascurati:

  1. le modalità di diffusione capillare dei metodi e degli strumenti digitali elementari;
  2. la cultura del dato che conduca a transazioni di diversa natura che implichino semi automazioni e certificazioni nei passaggi decisionali (dall’Artificial Intelligence alla Blockchain);
  3. la qualità della intelligenza di sistema che governo la transizione, poiché la trasformazione digitale origina riposizionamenti significativi nelle catene del valore e della fornitura, investendo le dimensioni degli operatori e le loro economie di conoscenza.

Poiché, dunque, l’oggetto ultimo del contendere riguarda la dialettica tra la natura incrementale e quella digitale della innovazione digitale, all’interno della dicotomia esistente tra ambiente naturale e ambiente costruito (con tutto ciò che ne deriva in termini di circolarità e di sostenibilità), la scommessa maggiore del tempo presente riguarda la capacità della Domanda e dell’Offerta, vale a dire della filiera tradizionale, di contemperare sfide e velocità molto articolate, di identificare i giusti incentivi che siano moltiplicatori di efficienza e di efficacia.

Si tratta, però, anche di comprendere in che misura, per gli operatori tradizionali della filiera, colle loro caratteristiche radicate, sia possibile dialogare con altri soggetti, come le Public Utility e le Technology Company, ma anche di stabilire nuove relazioni colle Istituzioni Finanziarie che, anche qualora coinvolte direttamente nelle operazioni di settore, spesso appaiono, per giustificare proprie motivazioni, estranee alla nozione di valore che appartiene al settore.

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