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Abusi edilizi, condono e limite volumetrico di 750 mc: occhio alle regole! Il frazionamento è vietato

Cassazione: il limite volumetrico di 750 mc per la concessione del condono edilizio non distingue tra opere a destinazione residenziale o meno

Non si può artificiosamente frazionare un manufatto abusivo, sostanzialmente unitario e eccedente per cubatura i 750 mc., in due richieste di condono edilizio per eludere tale limite. Operando in tal modo, si è fuori dal perimetro legale e ne deriva l'illegittimità della sanatoria, oltre all'inidoneità della stessa a revocare l'ordine demolitorio.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza 20889/2020, che parte dal presupposto giuridico da cui muove la tesi difensiva, ossia che il limite dei 750 mc., dettato dall'art. 39, legge 724 del 1994, non troverebbe applicazione agli immobili aventi destinazione diversa da quella residenziale.

Le regole sul limite dei 750 metri cubi

Ma - ricordano i giudici supremi - ai fini del perfezionamento del condono edilizio previsto dalla legge 724/1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall'art. 39, comma primo, è applicabile a tutte le opere, senza distinzione tra residenziali e non residenziali (Sez. 3, n. 31955 del 01/07/2015 - dep. 22/07/2015, Di Gennaro, Rv. 264256).

Trattasi di un principio affermato non solo in sede penale, ma anche in sede civile ed amministrativa:

  • in sede civile si è già affermato che, in tema di abusi edilizi, ai sensi dell'art. 39, comma 1, della legge 724/1994, i limiti di cubatura cui è condizionata la sanabilità dell'abuso sono riferibili anche agli edifici ad uso non residenziale, secondo un'interpretazione che valorizzi l'intenzione del legislatore di porre un limite inderogabile alla sanabilità ricollegato all'entità oggettiva degli abusi edilizi e, di conseguenza, della lesione inferta ai valori espressi dalla normativa urbanistica a tutela di un interesse pubblico preminente, non rilevando in senso contrario le disposizioni di deroga ("ai limiti di cubatura di cui al comma 1") dell'art. 39, comma 16, della stessa legge, che si riferiscono unicamente al pagamento (e alla misura) dell'oblazione, e non alla condonabilità dell'abuso (Sez. 1, Sentenza n. 4640 del 26/02/2009, Rv. 607037).
  • la giurisprudenza amministrativa ha a più riprese ribadito che ai fini del perfezionamento del condono edilizio di cui alla legge 724/1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall'art. 39, comma 1, è applicabile a tutte le opere, senza alcuna distinzione tra residenziali e non residenziali (da ultimo: T.A.R. Napoli, sez. III, 03/09/2018, n. 5317 relativa a fattispecie in cui l'immobile nella sua interezza oggetto della richiesta di condono superava il limite dei 750 mc. richiesto dall' art. 39 comma 1, I. n. 724/1994, in cui il giudice amministrativo ha escluso che, sul punto, rilevasse la distinzione fra immobile a destinazione residenziale e a destinazione produttiva). A tale riguardo (cfr. TAR Campania, sez. III, 28/10/2016, n. 5007), pertanto, la questione è già stata più volte affrontata dalla giurisprudenza amministrativa e da quella penale che, dopo iniziale adesione all'opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente, si è però orientata in senso opposto (salvo il caso di Cass. Pen., sez. III, 9 febbraio 2012, n. 9598, rimasta isolata) e, quindi, per l'applicabilità del richiamato limite volumetrico per qualsivoglia tipologia di manufatto, sia residenziale sia commerciale/produttivo;
  • la possibilità, in relazione ad immobili con destinazione non residenziale, di pagare l'oblazione anche con riferimento a cubature maggiori trova la sua unica giustificazione nel fatto che, in tal modo, può determinarsi l'estinzione di taluni reati in materia edilizia, come previsto dal comma 2 dell'art. 38 legge 47/1985, richiamato dal più volte citato art. 39, comma 1, legge 724/1994.

In definitiva, assodato che il limite volumetrico dei 750 mc. trova applicazione anche agli immobili aventi destinazione diversa da quella residenziale, a nulla vale l'argomentazione difensiva secondo cui la cubatura del piano terra del fabbricato, in quanto adibito sin dall'epoca della sua realizzazione, ad officina meccanica, avrebbe dovuto essere esclusa dal limite volumetrico di mc. 750 previsto per la destinazione residenziale.

La differenza tra gli abusi

La Cassazione richiama anche che l'art. 39 della legge 724/1994 individua delle specifiche limitazioni per la sanabilità degli illeciti edilizi, distinguendo a seconda che l'abuso abbia comportato:

  • un "ampliamento" di un immobile preesistente: in tal caso le opere abusive non devono aver comportato un ampliamento di volumetria superiore al 30% della costruzione originaria ovvero, a prescindere dalla percentuale di ampliamento, una cubatura superiore ai 750 mc;
  • la realizzazione di "una nuova costruzione": l'unico limite è quello dei 750 mc di volumetria. Nella fattispecie, i lavori riguardavano la realizzazione di un locale uso studio e artigianale, con cubatura di 676,25 mc, per il quale presentava istanza di sanatoria edilizia il marito ed un appartamento al primo piano, con cubatura 704,80 mc, per il quale presentava istanza di sanatoria edilizia la moglie. Ma il volume complessivo del fabbricato era 1381,05 mc.

Il frazionamento delle domande di condono

Il frazionamento delle domande di condono ai fini del rispetto del limite volumetrico di cui all'art. 39 della legge n. 724/1994 è inammissibile. La disposizione deve intendersi come del tutto eccezionale rispetto al carattere assoluto ed inderogabile del limite di cubatura ed applicabile solo per i casi di "legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatoria" da parte di più soggetti "aventi titolo al momento della presentazione della domanda di condono". Non solo: "uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall'art. 39, comma 1, della legge n. 724 del 1994, dovendosi in tal caso necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario".

Nel 'nostro' caso le istanze di condono risultano presentate da soggetti legati da marito e moglie, depositate contestualmente e in riferimento ad un fabbricato unitario composto da due piani fuori terra. Infatti sono state evase con un unico provvedimento di sanatoria emesso dal Comune in favore di entrambi i richiedenti, a dimostrazione dell'assoluta unitarietà del centro di interessi.

La cubatura realizzata, pari a 1381,05 mc, non consentiva dunque la sanabilità delle opere, se non attraverso una chiara elusione del dato normativo.

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF


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