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“Sussidistan:” basta piagnistei, serve coraggio, visione, cambiamento

E’ possibile che più del 50% degli ingegneri e architetti abbiano bisogno di chiedere un indennizzo di 600 euro per sopravvivere ? delle due l’una, o siamo una categoria allo sbando o molti si sono approfittati della situazione.

Innanzitutto un elogio per il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, e per il suo discorso fatto all’assemblea di Confindustria (di ieri, 29 settembre 2020). Bonomi è stato diretto, ha detto cose nuove rispetto ai suoi predecessori e a molti suoi colleghi rappresentanti di comparti dell’industria italiana. Non è stato né moralista né vittimista.

Fondamentale un passaggio: «Aderire allo spirito dell’Ue significa una visione diversa dai sussidi per sostenere i settori in difficoltà. Nel lockdown il governo ha assunto misure di sostegno alla liquidità delle imprese e di rifinanziamento al fondo Pmi, ma i sussidi non sono per sempre, né vogliamo diventare un Sussidistan» e «Sulle filiere in difficoltà occorre uno sforzo particolare, ma non sussidi né ulteriore indebitamento» quanto piuttosto «condizioni regolatorie e di mercato tali da tornare ad accrescere produzione e occupazione».

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Basta piagnistei, puntiamo su di noi !

È un cambio di rotta radicale. Si passa da una contrattazione con la politica all’insegna del “chiedere sostegno e aiuti” che purtroppo non è stata tipica solo di questi mesi, ma è stato l'attegiamento tenuto da troppi anni (e non solo dagli industriali), all'affermare che si chiedono “non sussidi ma condizioni regolatorie e di mercato tali da tornare ad accrescere produzione e occupazione. Vale per l’edilizia e l’immobiliare come per l’auto e i trasporti”.

Ed è questo uno dei punti nodali, la regolamentazione.

 

Regolamentazione non è il contrario di semplificazione

Perchè regolamentazione non è un concetto che fa a pugni con quello di semplificazione. Anzi, dietro a una vera semplificazione c’è un’efficiente ed efficace regolamentazione. Ma come ha ben scritto in un articolo su Ingenio l’amico ed esperto Ermete Dalprato (In attesa della riforma dell’edilizia: tra semplificazione e liberalizzazione) in Italia non cerchiamo quasi mai la semplificazione ma la liberalizzazione, come ne è testimonianza l’ultimo decreto che porta questo nome.

Abbiamo bisogno di regole, semplici da comprendere e non un groviglio di norme che si richiamano l’una con l’altra, regole semplici da applicare e quindi non un labirinto di filtri e vincoli da cui è difficile emergere, regole che portino ad adempimenti burocratici semplici, che non richiedano una moltiplicazione di atti che sono poi figli quasi sempre della disorganizzazione della PA (quanto volte abbiamo compilato un modulo dichiarando dove e quando siamo nati ...), regole la cui applicazione sia semplice da controllare, non lasciando spazio a mille interpretazioni, come sta accadendo ora per il Superbonus edilizio.

Per fare queste regole occorre però innanzitutto una qualità, quanto mai rara: il buon senso. Quel buon senso che noi spesso chiamiamo del "Padre di famiglia". 

 

Semplificazione richiede buon senso

Se si crea un Superbonus che si applica solo per gli immobili residenziali con ... una serie lunghissima di ma, è logico che la difficoltà principale di attuazione del provvedimento sarà quella di comprendere se si applica al "nostro" specifico caso o meno. E non bastano poi i decreti prezzi o le circolari e le guide dell'Agenzia delle entrate per capirci qualcosa. Venite in redazione di INGENIO e vedrete quante domande arrivano ogni giorno in merito all'applicazione del Superbonus. Invece di creare tanti micro paletti, interventi trainanti o meno, differenza tra proprietà e affitto, residenziale o commerciale, .... se si vuole davvero dare un contributo che poi porta, come dimostrato, ad emersione del lavoro nero, ripartenza dell’edilizia, riqualificazione del patrimonio immobiliare, aumento del gettito fiscale, lavoro regolare, si deve adottare un provvedimento in cui è scritto che va dato e basta: 110% per tutti gli interventi di riqualificazione su immobili privati di qualsiasi natura e dimensione. Poi giusto affidare a un professionista l’asseverazione tecnica economica, per controllare che non si facciano speculazioni illegali. Poi giusto, anzi necessario, accelerare l’eliminazione dell’autorizzazione sismica, per evitare poi che centinaia di domande si fermino al controllo della PA. Poi necessario aprire gli uffici della PA - non in smart working - per evitare che le pratiche dormano negli archivi digitali (qualcuno ci racconta che ci sono Regioni e Comuni in cui gli uffici sono ancora fermi).

È questo il concetto chiave che chi governa deve prendere in considerazione: quando si adotta un provvedimento, per prima cosa occorre pensare alla facilità di applicazione dello stesso. Per esempio, prima di attivare il provvedimento si potrebbe lanciare qualche progetto pilota.

Pensando alla semplificazione mi torna in mente un'antica usanza. Nelle famiglie di una volta, quando due figli litigavano, si dava uno scapaccione ad entrambi: la media rendeva giustizia a un principio semplice da comprendere.

 

La produttività riguarda ognuno di noi

Siamo uno dei Paesi con la più alta tassazione del mondo. Lo dicono in molti. Non è vero. Se guardiamo ai Paesi nordici hanno livelli di tassazione molto più alti. Siamo uno dei Paesi in cui il livello di tassazione e di servizi al cittadino è meno bilanciato. Questa è probabilmente la verità.

Allora occorre ricreare questo equilibrio. È un problema di produttività.

Ne ha parlato Bonomi: «È su questo concetto ampio di produttività che si devono concentrare le azioni e le politiche dei prossimi anni, con l’obiettivo di massimizzare il ruolo di motore dello sviluppo del sistema delle imprese e del lavoro, e dare nuova centralità alla manifatture».

Produttività dei servizi da parte della PA nei confronti del cittadino e dell’industria. Produttività delle stesse industrie. Produttività dello stesso cittadino. Produttività di noi professionisti.

La produttività è un concetto ampio, che non riguarda solo la produzione industriale

È infatti impossibile parlare di produttività di un’industria e di un Paese se poi il contesto in cui si opera è quello in cui la PA per concederti un permesso di costruire ci mette anni, se l’avvio dei lavori è spesso legato a un “silenzio/assenso” e non a un’approvazione formale, se la conformità a un progetto introvabile o a una situazione catastale è affidata all’asseverazione di un terzo (concetto sbagliato per il principio, non per il ruolo del tecnico qualificato).

Difficile parlare di produttività in un mercato che privilegia la frammentazione del subappalto senza dare dignità e valore alla specializzazione, che prevede per alcune categorie l’iscrizione a un Albo ma poi contrasta la necessità di un tariffario delle prestazioni, che cambia di continuo le regole e le differenzia di comune in comune.

È complicato parlare di produttività se chi assume è costretto a farlo per sempre, con costi del lavoro impossibili da sostenere, e bloccando quindi quella mobilità del lavoro necessaria per favorire da un lato lo sviluppo industriale secondo il naturale respiro – fatto di contrazioni e ampiamenti – di ogni realtà e dall’altro il desiderio di ogni persona di migliorare la propria skill professionale. L’assenteista del comune, il professore che fa il doppio lavoro, l’impiegato finto cieco ... sono tutte espressioni di questo male, il lavoro a tempo indeterminato, che purtroppo qualcuno vive come la lotteria “in vacanza per sempre”.

 

Un cambiamento che riguarda anche la libera professione

Ho trovato poco dignitoso per la mia professione, che a pochi giorni dal lockdown ci fosse qualche nostro rappresentante che uscisse con affermazioni del tipo “i professionisti in ginocchio”, “i liberi professionisti sul lastrico” ... chiedendo di conseguenza interventi di sussidio o indennizzo al Governo. Se dopo 10 giorni di chiusura siamo già alla canna del gas il problema non è il Coronavirus ma è qualcosa di diverso, molto più ampio, radicale.

E lo stesso ragionamento vale se consideriamo che sono arrivati alla nostra cassa oltre centomila richieste di indennizzo (dato Corriere della Sera).  È possibile che più del 50% degli ingegneri e architetti abbiano bisogno di chiedere un indennizzo di 600 euro per sopravvivere? Delle due l’una: o siamo una categoria allo sbando o molti si sono approfittati della situazione.

Quanto accaduto deve colpirci tutti. È la testimonianza che occorre un cambiamento radicale per l’intero mondo delle professioni. Uscendo dalla logica del tutti contro tutti per arrivare a un nuovo sistema in cui fare il libero professionista non sia né il rifugio per chi non ha trovato lavoro né un arrotondamento per chi fa già una professione, tantomeno un’aggiunta economica per chi il suo percorso lavorativo l’ha concluso. 

Un sistema che valorizzi la libera professione non pensando a quello che eravamo nel passato ma quello che dovremo essere nel futuro. 

Pensiamo all’obbligatorietà dell’iscrizione all’Ordine degli ingegneri, un onere che riguarda chi opera in alcuni settori, vedi l’edilizia, e un’opzione per chi lavora in altri, vedi l'ICT.

Serve un piano in cui le società d’ingegneria non siano più viste come un competitor ma come un’evoluzione verso un mondo che diventa sempre più glocale, in cui la crescente digitalizzazione costringerà ogni comparto ad avere le risorse per innovare, per affrontare tematiche complesse, per concorrere in mercati più aperti.

Come ha detto Bonomi «Serve un nuovo grande patto per l’Italia, questo è il patto che chiediamo al governo di scrivere, un patto che richiede una visione alta e lungimirante». Bene, il patto dovrà riguardare anche la riforma delle professioni.

 

Un ultimo punto: la tassazione

Bonomi ha affermato «Perché passare alla tassazione diretta mensile solo per i 5 milioni di autonomi? Facciamo lo stesso per tutti i lavoratori dipendenti, sollevando le imprese dall’onere ingrato di continuare a svolgere la funzione di sostituti d’imposta addetti alla raccolta del gettito erariale e di essere esposti alle connesse responsabilità» e ha aggiunto «Sarebbe una bella prova che lo Stato metta tutti sullo stesso piano senza più alimentare pregiudizi divisivi a seconda della diversa percezione del reddito». 

Bene, allora visto che si vuole mettere tutti sullo stesso piano allora diamo ai liberi professionisti gli stessi diritti in termini fiscali e di responsabilità patrimoniale delle aziende: possibilità di scaricare tutte le spese di viaggio, il costo dell’auto, ecc ... senza usi promiscui o altre limitazioni del genere; limite alla responsabilità patrimoniale, perchè non è giusto che una società possa avere una responsabilità limitata e un professionista debba rispondere con tutto il suo patrimonio, eredi compresi.

Andrea Dari