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Decoro architettonico e canne fumarie: le modifiche non possono ledere l'armonia delle linee progettuali

Cassazione: la necessità di rispettare l'armonia delle linee stilistiche voluta dal progettista vale anche per le modifiche apportate alla cosa comune in favore del singolo condomino, per quanto sia prevista in modo esplicito soltanto per le innovazioni approvate dall'assemblea

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La canna fumaria del ristorante sulla facciata posteriore dell'edificio può essere realizzata soltanto se non lede al decoro architettonico dello stabile.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell'interessante sentenza 25790/2020, dove si chiariscono alcuni concetti di 'confine' tra progettualità, normativa condominiale, decoro architettonico.

In particolare i giudici supremi osservano che:

  • la necessità di rispettare l'armonia delle linee stilistiche voluta dal progettista vale anche per le modifiche apportate alla cosa comune in favore del singolo condomino, per quanto sia prevista in modo esplicito soltanto per le innovazioni approvate dall'assemblea;
  • è proprio la natura reale dell'azione ex articolo 1102 cc che consente al singolo proprietario esclusivo di cambiare in corso di giudizio il progetto delle tubazioni per ottenere l'accoglimento della domanda.

Canna fumaria e decoro architettonico

L'oggetto del contendere è rappresentato dal diritto, accampato da una società di servizi, di realizzare sulla facciata retrostante dell'edificio condominiale una condotta di aspirazione imposta dall'amministrazione sanitaria e destinata a servizio dell'attività commerciale di ristorazione svolta nell'unità immobiliare di proprietà dell'attrice. Il giudice di primo grado ritenne che la canna fumaria deturpasse l'architettura del fabbricato.

Il ricorso verteva sul fatto che la canna fumaria non ledesse il decoro architettonico, giacché inserita in una facciata condominiale posteriore, già caratterizzata dalla presenza di altri manufatti.

La Corte di Trieste ha evidenziato come, che si tratti di canna fumaria o di condotta di aspirazione, la relativa tubazione, per quanto affermato dall'espletata CTU, avrebbe leso la linearità dell'edificio ed avrebbe avuto un impatto significativo su di una facciata avente mensole, ringhiere, travetti ed altri elementi di dimensioni "esili", per ottenere la "leggerezza ricercata dal progettista per l'involucro del fabbricato". Inoltre, ha aggiunto la Corte d'appello, "l'installazione causerebbe (a parte le emissioni di odori e la costituzione di un precedente) aspetti pregiudizievoli nei confronti dell'edificio per quanto attiene il superamento della linda, che non risulta fattibile se non con interventi ulteriormente impattivi dal punto di vista del decoro architettonico".

Parti comuni: riepilogo

La Cassazione parte evidenziando che:

  • l'utilizzazione con impianti destinati a servizio esclusivo di un'unità immobiliare di proprietà individuale di parti comuni dell'edificio condominiale (nella specie: installazione di una canna fumaria a servizio dell'attività di ristorazione esercitata nella proprietà) esige il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c.
  • l'appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune che, seppur conforme alla destinazione della stessa, ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza;
  • a norma dell'art. 1102, comma 1, c.c. , applicabile al condominio negli edifici in virtù del rinvio operato dall'art. 1139 c.c., ciascun condomino può apportare a sue spese le "modificazioni" necessarie per il migliore godimento delle cose comuni, sempre che osservi il duplice limite di non alterare la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Entro questi limiti, perciò, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi altresì dei muri perimetrali comuni dell'edificio ed appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende e altri manufatti analoghi. Per quanto già ricordato in precedenza, allora, alle "modificazioni" consentite al singolo ex art. 1102, comma 1, c.c., sebbene esse non alterino la destinazione delle cose comuni, si applica altresì il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall'art. 1120 c.c. in tema di innovazioni.

Decoro architettonico: basta poco

La Cassazione ricorda che la nozione di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., e sottesa, come visto, anche ai limiti di uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., ha una portata diversa da quella di "aspetto architettonico", cui si riferisce l'art. 1127, comma 3, c.c., quale limite alle sopraelevazioni.

Per il decoro architettonico, quindi, non importa che si tratti della facciata principale o di una facciata secondaria dell'edificio, in quanto, nell'ambito del condominio edilizio, le facciate stanno ad indicare l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico. La facciata rappresenta, quindi, l'immagine stessa dell'edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile.

Qui, quindi, non si può fare perché il condotto di aspirazione mal si accoppia con la «leggerezza» ricercata dal progettista laddove mensole, ringhiere e travetti hanno tutti dimensioni esili.

Non importa, quindi, che le tubazioni non siano previste sulla facciata principale né se il prospetto sia stato già compromesso da interventi di singoli, né se il fabbricato abbia un particolare pregio. E spetta soltanto al giudice del merito accertare se c'è o no la lesione lamentata, anche attraverso la consulenza tecnica d'ufficio (CTU).

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