Antincendio
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Come garantire l’operatività antincendio: tre soluzioni progettuali afferenti alla misura S.9

Approfondimento sul tema dell’operatività antincendio nell’ambito della progettazione antincendio, discutendo le relative soluzioni applicative attraverso l’analisi del quadro normativo di riferimento, incluso il codice di prevenzione incendi.

 

Il presente lavoro intende approfondire il tema dell’operatività antincendio nell’ambito della progettazione antincendio, discutendo le relative soluzioni applicative attraverso l’analisi del quadro normativo di riferimento, incluso il Codice di prevenzione incendi. 

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Il concetto di operatività antincendio 

Il concetto di operatività antincendio, come noto, ha trovato la sua ultima e compiuta formulazione nel codice di prevenzione incendi, aggiornato con DM 18 ottobre 2019.

La misura in parola ha il fine principe di garantire ed agevolare l’espletamento degli interventi di soccorso da parte dei Vigili del Fuoco. Per tale motivo, l’operatività antincendio si concretizza e si articola in una serie di soluzioni tecniche che, in parte o in toto, occorre considerare nella progettazione antincendio.

Non può essere sottaciuto che elementi afferenti all’operatività antincendio sono stati sempre e comunque considerati nelle regole tecniche di prevenzione incendi di tipo tradizionale e sono desumibili anche da norme di tipo “trasversale”, quale ad esempio il DM 30 novembre 1983 recante “Termini, definizioni, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi”.

Pertanto, il predetto lavoro intende discutere le soluzioni progettuali afferenti alla misura della operatività antincendio, attraverso un approfondimento mirato della normativa di settore.

 

L’operatività antincendio nella normativa di prevenzione incendi

Appare utile rammentare che il DM 30 novembre 1983 ha introdotto il concetto di altezza ai fini antincendio degli edifici civili, definendola come “altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura più alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso”. Nel chiarire la predetta definizione, la Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, con nota n. P558/4122 sott. 67 del 24 marzo 2004 ha esplicitato che il piano esterno più basso a cui far riferimento è quello accessibile ai mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco. Come ulteriormente spiegato nella predetta nota, “il concetto che sta alla base della definizione è connesso, infatti, alla possibilità di effettuare il soccorso tecnico urgente dall’esterno dell’edificio, restando inteso che dall’accesso esterno possano essere raggiungibili, con un percorso interno, i vari locali dell’edificio”.

Le regole tecniche di tipo tradizionale hanno poi sempre ricompreso, tra le misure da implementare nelle attività rientranti nel proprio campo di applicazione, quella relativa ai requisiti degli accessi all’area dove sorgono gli edifici, per consentire gli interventi dei mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco.

Tali requisiti si identificano nei seguenti:

• larghezza: 3,50 m;

• altezza libera: 4,00 m; 

• raggio di volta: 13,00 m;

• pendenza: non superiore al 10%;

• resistenza al carico: almeno 20 tonnellate (8 sull'asse anteriore e 12 sull'asse posteriore; passo 4,00 m).

Altro requisito fondamentale che le regole tecniche richiedono è la possibilità di accostamento dell’autoscala dei Vigili del Fuoco. In tal senso, è possibile rilevare delle differenziazioni tra le diverse regole tecniche nella disciplina di tale misura, legate essenzialmente al valore dell’altezza o dell’altezza antincendi degli edifici a cui far riferimento per l’applicabilità della misura; così come sovente è desumibile dalle norme il preciso intento di fornire, già all’interno del proprio quadro prescrittivo, soluzioni tecniche “alternative” al mancato rispetto del requisito in parola, agendo in particolare sulle caratteristiche delle scale a servizio dell’attività (es. DM 16 maggio 1987 n.246 e ss.mm.ii. sugli edifici di civile abitazione, DM 9 aprile 1994 e ss.mm.ii. sulle attività turistico-alberghiere, DM 18 marzo 1996 e ss.mm.ii. sugli impianti sportivi).

Appare poi utile sottolineare che in diverse regole tecniche si richiama l’attenzione ad un corretto utilizzo degli spazi esterni, di pertinenza dell’attività. In particolare, si richiede che l’utilizzo degli stessi, ai fini del parcheggio di autoveicoli, non debba pregiudicare l'accesso e la manovra dei mezzi di soccorso e non debba costituire ostacolo al deflusso del pubblico (es. DM 19 agosto 1996 e ss.mm.ii. sui locali di pubblico spettacolo, DM 27 luglio 2010 sulle attività commerciali).

E’ bene poi evidenziare che alcune regole tecniche, quali, ad esempio il DM 19 agosto 1996 e ss.mm.ii. sui locali di pubblico spettacolo e il DM 22 febbraio 2006 sugli uffici, rimarcano che, qualora non sia possibile rispettare i requisiti richiesti (quelli disciplinati nel paragrafo “Accesso all’area” delle norme) devono essere adottate misure atte a consentire l’operatività dei soccorsi.

Un altro elemento meritevole di considerazione è l’ascensore di soccorso, disciplinato dal DM 15 settembre 2005. Come riportato nella Lettera Circolare prot. n. P157/4135 sott. 9 del 5/2/2008 dei Vigili del Fuoco, l’ascensore di soccorso deve essere considerato come “un presidio antincendio ad uso esclusivo delle squadre di soccorso, pertanto, proprio per tener conto delle esigenze legate al corretto svolgimento delle operazioni di emergenza, se ne consiglia l'ubicazione in prossimità del perimetro del fabbricato, in posizione facilmente accessibile dall'esterno e preferibilmente adiacente ad una scala a prova di fumo prevedendo eventualmente una comunicazione, tramite porta EI, tra il filtro che dà accesso alla scala a prova di fumo e quello che conduce all'ascensore di soccorso”.

Infine, si rammenta che la valenza del requisito di accessibilità dei mezzi di soccorso è altresì sottolineata nel DM 9 marzo 2007, che stabilisce i criteri per determinare le prestazioni di resistenza al fuoco per le costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, escluse le attività per le quali le specifiche regole tecniche di prevenzione incendi definiscono precisamente le prestazioni di resistenza al fuoco. Nel predetto Decreto, come noto, laddove si esplicita la modalità di calcolo del carico di incendio specifico di progetto, si richiama l’attenzione alla valutazione puntuale delle diverse misure di protezione implementate, tra cui, appunto, l’accessibilità dei mezzi di soccorso. Inoltre, la Lettera circolare prot. n. P414/4122 sott. 55 del 28 marzo 2008, nel chiarire, tra gli altri aspetti, anche la corretta applicazione del parametro connesso al requisito di accessibilità dei mezzi di soccorso, precisa che “per l'accessibilità ai mezzi di soccorso dei vigili del fuoco possono ritenersi validi i requisiti di accesso all'area normalmente richiesti nelle regole tecniche di prevenzione incendi, verificando che detti requisiti siano garantiti nell'arco delle 24 ore. Al riguardo può ritenersi accettabile la presenza di impedimenti all'accesso, per esempio nelle ore notturne, purché rapidamente rimovibili con gli usuali dispositivi in dotazione alle squadre di intervento dei Vigili del Fuoco”.

 

L’operatività antincendio nel Codice di Prevenzione Incendi

Nel Codice di Prevenzione Incendi il concetto di altezza antincendio viene ripreso e rivisitato. In particolare, l’altezza antincendio viene definita come la massima quota dei piani dell’attività, con esclusione dei piani con presenza occasionale e di breve durata di personale addetto (es. vani tecnici).

E’ opportuno sottolineare che, per quota di piano, il codice intende il dislivello tra il piano (superficie calpestabile) ed il relativo piano di riferimento del compartimento a cui appartiene. Nella definizione di “piano di riferimento” si trova il preciso riferimento all’operatività antincendio; infatti, il piano di riferimento costituisce il “piano del luogo esterno verso cui avviene prevalentemente l’esodo degli occupanti del compartimento e da cui accedono i soccorritori. Se non è presente piano con tali caratteristiche, si considera il piano di accesso dei soccorritori con le migliori caratteristiche di operatività antincendio”.

Nell’ambito della definizione della operatività antincendio, il codice declina tre elementi che poi trovano, sostanzialmente, puntuale approfondimento nel paragrafo S.9 “operatività antincendio”, ovvero la colonna a secco, il piano d’accesso per soccorritori e il percorso d’accesso ai piani per soccorritori.

In dettaglio, la colonna a secco rappresenta un presidio ad uso dei Vigili del Fuoco, costituita da una tubazione rigida metallica che si sviluppa verticalmente nelle opere da costruzione e, di regola, all’interno di ciascuna via d’esodo verticale. Tale sistema evita ai Vigili del Fuoco lo stendimento di tubazioni flessibili lungo i percorsi di accesso e le vie di esodo verticali. La colonna a secco deve essere progettata, realizzata, esercita e manutenuta a regola d’arte

Per piano d’accesso per soccorritori si intende il piano esterno da cui accedono all’opera da costruzione i soccorritori, da indicare all’interno del progetto.

Il percorso d’accesso ai piani per soccorritori si identifica con il percorso che dal piano d’accesso per soccorritori conduce ad uno o più ingressi di ciascun piano dell’opera da costruzione. Gli ingressi indicati devono consentire il raggiungimento di tutti i locali dell’attività da parte dei soccorritori.

Le soluzioni progettuali relative alla misura della operatività antincendio sono dettagliate nel paragrafo S.9 del Codice.

PER APPROFONDIRE 

Il quaderno INAIL sulla Gestione della sicurezza e operatività antincendio

Il 'Codice di prevenzione incendi', nella sezione S 'Strategia antincendio', prevede dieci capitoli dedicati alle Misure di riduzione del rischio di incendio. Il capitolo S.5 del Codice è dedicato alla Gestione della sicurezza antincendio mentre il capitolo S.9 è rivolto all’operatività antincendio. Il  quaderno contiene alcune applicazioni inerenti lo studio della Gestione della sicurezza e dell’operatività antincendio, evidenziando come tali misure risultino essenziali ai fini dell’efficacia della strategia antincendio prescelta in relazione all’attività esaminata. Vai al quaderno tecnico

Senza volersi addentrare nella disamina dei livelli di prestazione attribuibili alle opere da costruzione per la misura antincendio in parola, dei relativi criteri di attribuzione e delle pertinenti soluzioni progettuali, preme in questa sede argomentare le tre soluzioni che trovano un dettaglio dedicato nel codice, applicabili laddove richiamate all’interno delle soluzioni conformi specifiche per i singoli livelli di prestazione.

Trattasi, in particolare, dell’accostabilità dell’autoscala, dell’accesso ai piani per soccorritori e la colonna a secco.

Come detto, viene rimarcata l’importanza di garantire, in determinati casi, l’accostabilità dell’autoscala dei Vigili del Fuoco per assicurare l’intervento di soccorso. In tal senso, occorre che siano previsti i requisiti di accesso all’attività coincidenti, di fatto, con quelli già riportati nelle regole tecniche di tipo tradizionale e sopra rammentati, utili comunque in generale per l’accesso e l’avvicinamento dei mezzi di soccorso. Inoltre, deve essere reso possibile l’accostamento dell’autoscala, con sviluppo esplicitato nel codice stesso, ad almeno una finestra o balcone di ogni piano a quota maggiore di 12 m.

Per quanto attiene all’accesso ai piani per soccorritori, nel codice si pone il tema della coesistenza dell’esodo degli occupanti con la mobilità dei soccorritori. In pratica, si stabilisce che le porzioni di via d’esodo utilizzate anche come percorso d’accesso ai piani per soccorritori devono avere una larghezza maggiorata rispetto a quanto calcolato per l’esodo, proprio per assicurare l’accesso dei soccorritori in senso contrario all’esodo degli occupanti. La maggiorazione richiesta è pari a 500 mm.

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