ORDINE ARCHITETTI DI RIMINI
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Qual è il ruolo dell’architetto all’interno dei processi di riuso del patrimonio edilizio esistente e dei luoghi?

TERRITORIO, QUALITÀ, PROGETTO e FUTURO le 4 keywords al centro di un'ampia riflessione di 11 Ordini territoriali a confronto

Riconoscere nella figura dell'architetto un ruolo di interlocutore territoriale affidabile può offrirsi come una preziosa opportunità capace di promuovere nuovamente il progetto di qualità come strumento di dialogo privilegiato, capace di far crescere e dar forma condivisa a quelle istanze provenienti dal basso e finalizzate all'edificazione del bene comune delle nostre future comunità.

TERRITORIO, QUALITÀ, PROGETTO e FUTURO al centro di un'ampia riflessione di 11 Ordini territoriali degli Architetti PPC nell'ambito dell'iniziativa RIUSO DEL MODERNO | DUE

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"Ex Polveriera Sipe-Nobel", Spilamberto (MO) - photo © Jacopo Ferrari - La foto ha ricevuto una Menzione al contest fotografico Prospettiva Riuso

Si è concluso a metà dicembre l’articolato ciclo d’incontri itinerante che ha caratterizzato la seconda edizione di RIUSO DEL MODERNO. L’iniziativa promossa dall’Ordine degli Architetti PPC di Rimini e che ha visto impegnati 11 Ordini territoriali degli Architetti in un dialogo “corale” a distanza, di carattere nazionale che si è sviluppato lungo l’asse Bergamo – Campobasso. Hanno partecipato all’iniziativa gli Ordini provinciali di: Ancona, Ascoli Piceno, Bergamo, Campobasso, Chieti, Fermo, Macerata, Pesaro Urbino, Teramo, Ordine degli Ingegneri e Architetti della Repubblica di San Marino e Rimini.

L’iniziativa RIUSO DEL MODERNO | DUE si è configurata come una proposta “culturale” di ampio respiro volta a definire il ruolo dell’architetto all’interno dei processi di trasformazione, valorizzazione, recupero e riuso del patrimonio edilizio esistente e dei luoghi.

L’evento conclusivo si è sviluppato attraverso la formula della tavola rotonda che ha visto la partecipazione di tutti i Presidenti degli 11 Ordini territoriali coinvolti nonché l’importante presenza istituzionale dell’Assessore con delega alle Aree Interne e Programmazione Territoriale della Regione Emilia-Romagna Barbara Lori, e del Presidente del Consiglio Regionale Marche Dino Latini. A moderare l'evento l’ing. Andrea Dari, Editore di INGENIO - Media Partner dell’evento.


Un manifesto programmatico per un rinnovato impegno civile dell’architetto

Oltre a presentare un bilancio dell’attività svolta nel corso della manifestazione attraverso un breve resoconto delle esperienze promosse nei singoli contesti territoriali, la giornata conclusiva di RIUSO DEL MODERNO | DUE è stata l’occasione per promuovere alcuni punti di partenza di un MANIFESTO PROGRAMMATICO con l’obiettivo di rilanciare istanze e modalità operative per un rinnovato impegno civile della figura dell’architetto all’interno delle nostre comunità.

TERRITORIO, QUALITÀ, PROGETTO e FUTURO sono state le quattro keywords che, nelle diverse declinazioni dei contesti territoriali coinvolti, hanno acceso i riflettori sul ruolo che dovrebbero assumere gli Architetti nell’avviare e sostenere processi di trasformazione, urbani e sociali, partecipati per garantire un futuro sostenibile delle nostre comunità.

Il TERRITORIO inteso come sistema complesso di relazioni e rapporti tra ambiente costruito e paesaggio, nonché luogo di sviluppo dei rapporti e delle relazioni sociali di una comunità. La centralità del PROGETTO all’interno di ogni processo di trasformazione quale unico strumento per garantire QUALITA’ progettuale. Il ruolo FUTURO di una professione, quella appunto dell’architetto, oggi chiamata ad operare in un contesto dove i termini resilienza, adattività e rigenerazione sono predominanti ed occorre pertanto interrogarsi e definire quelle che sono le possibili sfaccettature di ruolo che la professione può assumere per relazionarsi e rispondere al cambiamento.

Declinare in un pragmatismo oggettivo e reale le tematiche emerse dagli incontri che si sono succeduti nel corso della seconda edizione di RIUSO DEL MODERNO ha portato a definire 4 ambiti tematici che sono stati oggetto di dibattito nel corso della tavola rotonda finale. 

  1. Qualità del progetto come elemento centrale delle dinamiche di trasformazione
  2. Una nuova competenza per la figura dell’architetto: da Progettista a Gestore di Processi
  3. Come costruire un ruolo attivo nella gestione, recupero e rivitalizzazione dei patrimoni dismessi
  4. Territorialità e globalità, come declinare obiettivi comuni nelle singole realtà locali

La qualità del progetto al centro delle dinamiche di trasformazione

Al centro del primo tavolo di confronto i presidenti coinvolti nel dibattito hanno affrontato il tema della qualità del progetto come elemento centrale delle dinamiche di trasformazione analizzando quelle che sono le criticità, le opportunità e gli strumenti a disposizione.

Andrea Coscia, presidente dell’OAPPC di FERMO, ha sottolineato come la normativa sia di fatto un primo elemento di criticità in quanto incide e limita fortemente i processi di trasformazione.

Per l'arch. Coscia è necessario ridefinire il sistema pianificatorio italiano nella sua globalità attraverso una nuova Legge Urbanistica, senza dimenticare la necessità di elaborare una Legge per l'Architettura per garantire al progetto una centralità all’interno dei processi di trasformazione.

Della stessa opinione anche il presidente dell’OAPPC di Campobasso, Guido Puchetti ha evidenziato la necessità di inserire all’interno del sistema di pianificazione territoriale il concetto di cultura, sia nell’ambito della rigenerazione sia nell'ambito del riuso.

Non solo, per l’arch. Puchetti rigenerazione e riuso devono coniugarsi, oltre al concetto di cultura, anche al concetto di economia e progresso. “Affinché la centralità del progetto torni ad essere tale è necessario far capire ai nostri legislatori che dietro a un progetto di qualità c’è anche un ritorno economico” ha dichiarato il presidente.

A confermare una criticità dal punto di vista normativo, anche l'avv. Dino Latini. Il presidente del Consiglio regionale delle Marche ha affermato: “molto spesso le PA hanno dimenticato di chiamare sui tavoli di concertazione, di confronto e di programma gli Ordini professionali. Per questo motivo, si sono costruite delle norme regolamentari, fino ad arrivare a delle leggi, che avevano un intento certamente nobile ma che nella pratica si sono rilevate, in alcuni casi, delle “piccole e grandi trappole” per quanto riguarda la loro applicazione concreta e venendo meno a quelle che erano le finalità iniziali.

“Per arrivare a ottenere un progetto di qualità è necessario che a monte vi sia la qualità di chi progetta e di chi deve guidare e coordinare i processi di trasformazione” ha affermato il presidente Puchetti, sottolineando come la qualità del progetto debba essere letta anche sul piano di una corretta formazione, universitaria e professionale. A riguardo il presidente ha rilevato una certa distanza tra la formazione universitaria e l'effettiva attività professione. Inoltre, nel corso del suo intervento l’architetto Puchetti ha evidenziato come la conoscenza del luogo sia un elemento fondamentale per ottenere un progetto di qualità.

Vittorio Lanciani, presidente dell’OAPPC di Macerata, ha affermato che “sarebbe opportuno individuare delle linee guida per stabilire le migliori tecniche di intervento e fissare gli obiettivi di qualità da raggiungere. Il concetto di qualità non può essere demandato alla sensibilità del singolo progettista poiché influenzato da diversi fattori come, ad esempio, lo sconto sulla parcella, risorse insufficienti, attenzioni burocratiche e politiche etc.”.

Sempre in riferimento al concetto di qualità del progetto, secondo il presidente Lanciani il pericolo maggiore risiede nel fatto che “una società che va verso lo smart e il pragmatismo, la semplificazione intesa come visione semplicistica dei processi, è una società che rinuncia a prendere in considerazione i concetti di qualità da raggiungere.

Per il presidente Lanciani sarebbe opportuno istituire la figura dell’architetto condotto, ovvero un professionista presente sul territorio, che conosce i luoghi su cui opera, capace di dialogare con i cittadini avendo come obiettivo quello di educare il "popolo" al verbo della qualità.

Architetto condotto: come far capire alla società questo nuovo ruolo?

Per il presidente Coscia sta ai singoli progettisti e agli ordini intervenire sul territorio con ‘processi culturali’ volti ad innescare una partecipazione attiva degli abitanti negli interventi.

Il presidente Puchetti ritiene che l’architetto, ogni volta che trasferisce con la matita sul foglio di carta un'idea progettuale, deve prendere coscienza di essere l’autore di una trasformazione. Questa possibilità offerta deve essere responsabilmente tramutata in un progetto di qualità.

Per il presidente Lanciani è fondamentale saper comunicare in modo innovativo ai cittadini il ruolo sociale dell’architetto. “Dobbiamo scindere la nostra attività in due dimensioni: una dimensione culturale, che ci vede coinvolti nella riflessione sui principali temi dell’architettura, e una dimensione volta alla comunicazione dei risultati raggiunti. Come nella Chiesa esiste il Vecchio e il Nuovo Testamento, per insegnarli al popolo c’è il catechismo. Dobbiamo fare il catechismo dell’architettura e per farlo dobbiamo comunicare in modo innovativo. Deve essere costruita una nuova comunicazione rivolta a tutti i cittadini. Per perseguire progetti di qualità, oggi è necessario avere un committente intelligente.

Comunicare l'architettura, ecco cosa chiede la società

Le ricerche condotte dall'Istituto di ricerche MAKNO hanno dimostrato un aspetto interessante che riguarda la percezione da parte del pubblico della figura professionale dell’architetto. “L’individualismo, caratteristica peculiare dell’Italia, sembra emergere in una professione dove molto è lasciato al singolo, rischiando di offuscare il lavoro della maggioranza. Le archistar oggi non sono più oggetto di interesse da parte dell’opinione pubblica - spiega il sociologo Mario AbisQuello che manca è la capacità, da parte degli architetti, di comunicare la propria professione come servizio utile e di creare un aggancio diretto con la popolazione."

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Una nuova competenza per l'architetto: da progettista a gestore di processi

Quello che è emerso in modo preponderante all’interno del ciclo di eventi Riuso del Moderno è il percorso di trasformazione professionale che ha subito nel tempo la figura dell’architetto. L’architetto è passato da essere un progettista ad essere un gestore di processi.

Nel corso di questa seconda sessione di dibattito, il presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Rimini Roberto Ricci ha riportato ai presenti una riflessione di Giancarlo De Carlo che ben descrive questo nuovo ruolo assunto dall’architetto all'interno dei processi di rigenerazione e riuso del patrimonio esistente e dei luoghi.

L’architettura si può salvare se diventa parte integrante del processo culturale di una comunità. La partecipazione diventa il mezzo con il quale la società costruisce il suo orizzonte di esistenza, il suo spazio. Spazio e tempo sono le coordinate essenziali della nostra identità. La loro valorizzazione è l’enfatizzazione del diritto al territorio."

Giancarlo De Carlo
(1972).

"Una delle sfide più importanti è quella di passare dalla cultura della appartenenza a un territorio a quella della partecipazione a un territorio. È in questa partecipazione che l’architetto deve essere riconoscibile nel proprio ruolo fondamentale dalla società. Deve essere capace di proporre un’architettura narrativa. Deve essere capace di ascoltare, accogliere e annettere quelle che sono le tensioni della città e dei suoi abitanti. L’architettura deve farsi processo” - ha dichiarato il presidente Roberto Ricci - “l’appartenenza a un territorio non è delimitata da un confine politico, è delimitata dal senso di appartenenza a quello spazio, a quel luogo. Se siamo in grado di declinare il processo, siamo in grado di intercettare le sensibilità della società, sia quella generale sia quella del singolo committente. Questo è il passaggio a mio avviso per arrivare alla qualità del progetto”.

Giustino Vallese, presidente coordinatore della FEDERAZIONE REGIONALE ORDINE ARCHITETTI PPC ABRUZZO e MOLISE, vede nella professione dell’architetto un approccio olistico, omnicomprensivo capace di tenere insieme tante variabili. “Il ruolo che l’architetto deve avere nei processi di rigenerazione urbana è quello di regista capace di interagire con le altre discipline e allo stesso tempo coordinare il tutto” ha affermato il presidente Vallese.

L'arch. Vallese e l’arch. Luca Zanotti, segretario dell'Ordine degli Ingegneri e Architetti della REPUBBLICA SAN MARINO, concordano sul fatto che l’esperienza di Riuso del Moderno è servita a raccontare le esperienze e le diverse modalità con cui i processi sono stati attivati nelle singole realtà territoriali.

"Portare avanti eventi come questi - affermano gli architetti - significa comunicare in modo congiunto, sia alla cittadinanza sia alla politica, l’importanza del ruolo sociale che l’architetto riveste all’interno dei processi di trasformazione."

Nel corso del suo intervento, l’arch. Zanotti ha sottolineato come la figura dell’architetto debba assumere un ruolo attivo e non più passivo anche in ambito politico, soprattutto sul piano legislativo.

Roberto Ricci, Luca Zanotti e Giustino Vallese concordano sul fatto che il principio di sussidiarietà degli ordini debba essere potenziato.

Un importante elemento che è emerso nel corso di questa seconda sessione di dibattito è l’esigenza di istituire un centro servizi coordinato a livello territoriale, che possa offrirsi quale valido strumento di supporto all’architetto impegnato nella gestione dei processi di trasformazione urbana e territoriale.  

Ha senso parlare di architetto condotto o è preferibile parlare di studio condotto?

Per Roberto Ricci “bisogna cambiare le coordinate di vedere il nostro operare come professioni. Vorrei fare un parallelo con il sistema di collaborazione delle reti di imprese. Le reti di impresa sono una grandissima risorsa che offre il mercato perché permette di mettere insieme, senza tanti vincoli giuridici, un sistema di collaborazione che va ad intercettare un insieme di risorse. Nel DNA dell’architetto non c’è l’attitudine a fare cose con altri, quindi credo nella figura dell’architetto condotto. Però, in alcuni momenti, è necessario avere una rete che ci possa rendere operativi.

Anche il presidente Vallese concorda con il presidente Ricci sulla necessità e sull’individuazione di una modalità operativa che possa costruire una rete tra i piccoli studi professionali. Inoltre, l'arch. Vallese ha voluto aggiungere un dato alla riflessione proposta da Roberto Ricci: "sarebbe opportuno dotarsi si uno strumento come una piattaforma digitale, che raccolga dati su titoli e requisiti degli studi professionali per permettere di organizzare nel breve tempo gruppi di lavoro che necessitano di un allargamento delle competenze per svolgere commesse complesse”.

In merito all’importanza di una creazione di una rete di professionisti si è espresso anche l’Assessore Barbara Lori durante i saluti istituzionali iniziali. “Sempre di più abbiamo bisogno di un lavoro che rappresenti una rete e questo vale anche per il mondo dei professionisti il cui lavoro è preziosissimo, soprattutto quando si tratta di programmazione territoriale. Come Regione stiamo lavorando coinvolgendo in modo attivo il mondo delle professioni e devo dire che questa collaborazione è sicuramente una collaborazione proficua. Penso alla fase di confronto, discussione ed elaborazione che ha portato a un disegno di legge che ha la finalità di agevolare i processi di rigenerazione urbana e di riqualificazione attraverso la possibilità di usufruire del bonus 110%." L'Assessore Barbara Lori ha poi concluso il suo intervento sostenendo che gli architetti in questo periodo storico possano fare la differenza nel "recupero del senso del bello dei luoghi".

“Continueremo a lavorare per garantire le migliori condizioni giuridiche e normative anche attraverso un’agevolazione dei percorsi, tra questi: mettere a regime la piattaforma unitaria. Oggi, abbiamo a disposizione degli strumenti che possono agevolare il lavoro dei professionisti.” ha affermato la dott.ssa Lori.


Come costruire un ruolo attivo nella gestione, recupero e rivitalizzazione del patrimonio dismesso

Al centro del terzo tavolo di confronto si è cercato di individuare le modalità operative attraverso cui attivare processi di rigenrazione e riuso dei patrimoni dismessi.

Per Donatella Maiolatesi, presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di ANCONA, la soluzione per poter attivare processi di recupero e di rivitalizzazione del patrimonio edilizio esistente risiede nell’elaborazione di analisi dettagliate del patrimonio per poter intervenire in primo luogo sulle emergenze. I lunghi tempi di elaborazione di cui necessitano questi studi approfonditi non collimano con i tempi brevi della politica e difficilmente quest’ultima potrà interessarsi ad azioni di questo tipo. La politica però dovrebbe essere il principale finanziatore di questi processi poiché si tratta di beni comuni. Nel corso degli anni non sono comunque mancate delle buone pratiche, a riguardo l'arch. Donatella Maiolatesi ha ricordato l’esperienza della Agenda Urbana del Comune di Ancona e quella della Carta del Rischio dalla regione Marche. La presidente Maiolatesi ha evidenziato che è necessario “sensibilizzare gli amministratori pubblici a ridurre gli oneri sulle ristrutturazioni e la rigenerazione urbana per agevolare i processi.”

Gianpaolo Gritti, presidente dell'Ordine Architetti PPC di BERGAMO, nel corso del suo intervento ha sintetizzato le principali modalità operative di cui servirsi per costruire un ruolo attivo nella gestione, recupero e rivitalizzazione del patrimonio dismesso. Per il presidente Gritti è necessario:

  1. passare da un ruolo passivo dell’architetto che subisce la norma a un ruolo attivo che aiuta a proporre una norma;
  2. ricercare nuove committenze deve diventare una delle nuove centralità per avere un ruolo attivo nei processi;
  3. attribuire nuova destinazione agli edifici vuoti identificando la migliore soluzione attraverso un coinvolgimento partecipato dei cittadini al processo;
  4. il riuso oggi sarà caratterizzato da un tempo determinato - la sfida degli architetti sarà quella di identificare molteplici forme di riuso dell’oggetto architettonico perché le necessità e i desideri sono variabili nel tempo; 
  5. gli ordini devo diventare facilitatori per le attività che possono essere svolte sul territorio, devono proporre modalità operative innovative.
  6. prima di fare una legge è necessario sperimentare e identificare quelle buone pratiche volte all’interesse comune; solo così sarà possibile organizzare una filiera che persegue la logica del win to win.

Alessandro Ceccarelli, presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di PESARO URBINO, ha esplicitato nel suo intervento il significato di "riuso del moderno". Per il presidente Ceccarelli il termine qualità oggi si sposa con il termine riuso.

In questo periodo storico, il riuso deve essere un principio morale per noi architetti. - ha affermato il presidente Ceccarelli - Il riuso del patrimonio costruito è fondamentale perché va contro il consumo di suolo e lo spreco di nuove risorse in virtù di una doverosa e inderogabile componente ambientale ed ecologica che interessa il costruire oggi. Il riuso collima, inoltre, con il non sperperare i valori consolidati delle nostre città, dei nostri paesaggi, che devono essere continuamente (ri)declinati alle necessità del vivere contemporaneo.

Valore storico-culturale VS valore economico-funzionale

Sulla scia del dibatto in corso in merito al futuro dello Stadio Franchi di Firenze, l'ing. Andrea Dari ha lanciato una provocazione ai presidenti presenti: "nell'ambito del riuso, meglio dar più spazio alla parte architettonica o alla parte funzionale?"

L’arch. Luca Zanotti ha evidenziato come sia difficile entrare in queste considerazioni. Per quanto possibile sarebbe opportuno collimare entrambe le cose.

Arch. Donatella Maiolatesi ha sottolineato che generalmente, aggiungendo qualcosa è possibile dare una nuova funzionalità all’oggetto architettonico, qualunque esso sia. Sostanzialmente il dibattito spesso verte sul quesito: è possibile o no aggiungere qualcosa all’edificio? La questione diventa più delicata quando si pensa di sottrarre all’esistente.

Per il presidente Ceccarelli la domanda dovrebbe essere affrontata da un punto di vista politico in quanto è la città a stabilire i valori che vuole mantenere. “Io come architetto ritengo ad esempio che lo stadio di Firenze di Pier luigi Nervi deve essere mantenuto perché di alto valore architettonico e ingegneristico. Stessa cosa penso del ponte di Genova del Morandi. A riguardo si sarebbe potuto conservare l’esistente e trovare per il ponte una nuova funzionalità".

Per il presidente Gritti il problema di fondo è che oggi manca un effettivo valore da attribuire al moderno. E' su questo aspetto che deve concentrarsi un’adeguata educazione, sottolinea il presidente Gritti.


Territorialità e globalità: come declinare obiettivi comuni nelle singole realtà locali

In che modo è possibile declinare le strategie di indirizzo comune dalla vasta scala alla piccola scala?

Negli ultimi anni i cambiamenti climatici hanno avuto origine locale, pur avendo avuto un’influenza globale. Ecco che la sommatoria di piccole azioni sono fenomeni di interesse generale. – ha evidenziato Adele Caucci, consigliere dell'Ordine degli Architetti PPC di ASCOLI PICENO - Ormai le politiche europee costituiscono il solco attraverso cui si sviluppano tutte le azioni locali. Quello che prima intendevamo come luogo singolo, oggi si sta trasformando in un’ambiente di vita più ampio e non possiamo più limitarci a progettare la costruzione. Dobbiamo necessariamente lavorare all’interno di tutto il contesto in quanto le azioni sono tra loro integrate. La politica europea in questo senso tende a migliorare la qualità della vita. Dobbiamo riprorre una qualità che va di pari passo con la cultura. Dobbiamo lavorare insieme ai cittadini, bisogna promuovere la massima consapevolezza su questo fronte. La nostra figura, nelle sue molteplici espressioni può coinvolgere, responsabilizzare i cittadini, gli enti pubblici e i tecnici degli enti locali, questi ultimi considerati l’anello debole della catena. Io credo che in prima battuta sia necessario rendere la cultura uno strumento condiviso a tutti. Anche se la nostra professione è principalmente individualista, lavorare insieme oggi è divenuto un obbligo perché sono necessarie competenze anche al di fuori dal nostro ambito d’azione.”

“Il rapporto tra territorialità e globalità è indubbiamente la sfida da affrontare che va al di là delle nostre competenzeha sottolineato il presidente Alessandro Ceccarelli – è fondamentale elaborare un ragionamento più ampio e come ordine abbiamo un ruolo in questo. Le migliori soluzioni non possono che nascere da dei confronti.”

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