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Sopraelevazione abusiva e priva di autorizzazione sismica: agibilità revocata dopo 40 anni! Il caso

Il Tar Reggio Calabria ha annullato un'agibilità del 1981 per la realizzazione, tra l'altro, di una sopraelevazione abusiva per cui difetta la sicurezza sismica dell'intero edificio sia per la parte conforme che per quella sopraelevata

Altro giro di giostra tra sopraelevazioni abusive, peraltro realizzate all'interno di edifici a rischio sismico senza la necessaria autorizzzione: il rischio è, come nel caso di specie, di vedersi revocare un'autorizzazione dell’abitabilità/agibilità dopo quasi 40 anni, visto che era stata rilasciata il 16 dicembre 1981.

 

Il caso

L'immobile 'della discordia', per il quale viene presentato ricorso al TAR, è composto da 3 piani f.t., n.4 appartamenti, 18 vani utili, 7 vani accessori e n.2 magazzini. In data 30 maggio 2018 i proprietari ricevevano, al pari di altri proprietari dello stesso edificio, la comunicazione di avvio del procedimento finalizzata alla revoca del certificato di agibilità, in quanto il personale dell’ufficio tecnico comunale, in data 8 giugno 2017, aveva accertato la realizzazione sull’immobile di importanti opere edilizie, in assenza di titolo abilitativo e quindi totalmente abusive (ampliamento del 3° paino f.t. e parziale sopraelevazione del 4° piano f.t.) da cui sarebbero derivati consistenti incrementi di superficie e di volume.

Nonostante le osservazioni presentate tramite un tecnico di fiducia degli interessati, il comune procedeva a revocarel’autorizzazione di abitabilità o agibilità”, ritenendo che gli abusi edilizi avessero alterato l’originaria struttura dell’intero corpo di fabbrica con tutte le unità immobiliari coinvolte, compromettendone le condizioni di sicurezza in assenza della richiesta documentazione attestante l’idoneità sismica dell’opera.

I ricorrenti, posto che il titolo abilitativo accerta la conformità delle opere alla normativa urbanistico-edilizia, mentre il certificato di agibilità il rispetto delle regole in tema di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico, contestano che il certificato di agibilità potesse essere rifiutato o, come nel caso di specie, revocato, solo perché l’immobile o parte di esso sarebbe stato realizzato in modo difforme dal titolo edilizio.

Inoltre, deducono che soltanto il 10% del fabbricato sarebbe abusivo e che comunque sarebbe stata nel frattempo portata all’attenzione del Comune la domanda di sanatoria, rimasta però tuttora inevasa. Lo stesso Comune avrebbe potuto adottare provvedimenti di tipo sanzionatorio, fossero stati anche incidenti sulla efficacia del precedente certificato di agibilità, nei soli limiti strettamente necessari, evitando di impattare, senza reali motivi di interesse pubblico, anche sulla porzione dell’opera rimasta coerente con il titolo edilizio del 1981 ed in particolare sui locali situati al piano terra destinati ad attività commerciale.

 

Sopraelevazioni abusive se alterano la struttura originaria

Per il Tar, il ricorso è infondato. Si parte chiarendo preliminarmente i seguenti elementi di fatto:

  • è incontestato che le opere di ampliamento del 3° piano f.t. e la sopraelevazione del 4° piano f.t. siano del tutto abusive e che allo stato debbano essere demolite, salvo l’accoglimento dell’istanza in sanatoria;
  • è incontestato che: a) le opere abusive abbiano considerevolmente alterato la struttura stessa dell’edificio, essendo l’incremento di superficie (mq.69,00 circa) e di volume (metri cubi 217,00 circa) realizzati al 4°piano f.t. di importanza tutt’altro che minimale e secondaria, senza aver beneficiato di alcuna dichiarazione di agibilità; b) l’istanza in sanatoria sia ancora in corso di valutazione, secondo anche quanto rappresentato dall’amministrazione comunale resistente; c) non esista alcuna documentazione (certificato di collaudo e di idoneità statica) attestante la conformità alla normativa antisismica dell’intero fabbricato, così come strutturalmente modificato rispetto all’originaria configurazione.

Risulta pertanto provato non solo che le opere realizzate siano difformi rispetto alla normativa edilizia allora vigente (e quindi abusive secondo quanto definitivamente accertato dall’ordinanza di demolizione dell’01.08.2018), ma soprattutto che, proprio per la loro rilevante consistenza, non garantiscano nemmeno le condizioni minime per la sicurezza dei soggetti che vi stazionano, non essendo stata prodotta alcuna documentazione da parte dei ricorrenti che ne attesti l’agibilità ovvero la conformità alla normativa antisismica.

 

Niente agibilità per l'edificio pericoloso e non corrispondente al progetto originario

In queste condizioni, come correttamente sottolineato dalla difesa comunale, il divieto di utilizzo dell’immobile non può che rappresentate un atto dovuto che, infatti, è stato adottato dall’ufficio tecnico comunale a causa dell’assenza della necessaria agibilità ai sensi dell’art. 24 del dpr 380/2001 (“Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente”).

Non si ravvisa, peraltro, alcun sviamento di potere nell’aver negato l’agibilità di un edificio che, a causa di rilevanti modifiche abusive, si profila come organismo edilizio strutturalmente diverso da quello originariamente autorizzato e, proprio per questo, attualmente pericoloso per la pubblica incolumità, vista la consistenza degli interventi apportati e non contestati da parte ricorrente.

Del resto è la stessa legge a richiedere – prima con l’art. 25, co. 1, lett. b), del dpr 380/2001 e poi con il nuovo art. 24 comma 2 dello stesso Testo Unico – che la domanda di rilascio del certificato di agibilità sia corredata, tra l’altro, dalla “dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato” e che tale certificato (oggi, come detto, sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità ex art. 3 d.lgs. 222/2016) viene imposto, ai sensi del comma 2, con riferimento alle nuove costruzioni, alle ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ed inoltre, agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni descritte al comma 1, avallando l’interpretazione per cui, in caso di difformità dell’opera dal progetto edilizio e, a maggior ragione, in assenza di progetto, l’agibilità deve essere negata.

In altre parole, il certificato di agibilità può riguardare soltanto opere edilizie legittime ab origine o successivamente sanate, apparendo del resto assurdo che “il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’Amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse” (cfr. T.AR. Campania-Salerno sez. II, 3 dicembre 2019 n. 2138 cit.).

Nel caso concreto, la PA ha motivatamente accertato la sopravvenuta parziale abusività del fabbricato consistente nella realizzazione della sopraelevazione del 4 piano f.t. e nella modifica della sagoma del 3° piano f.t., rendendosi evidente che l’agibilità ottenuta nel 1981 non poteva più ritenersi sufficiente a garantire la stabilità effettiva dell’intero manufatto, soprattutto in mancanza di produzione di idonea documentazione tecnica da parte dei ricorrenti - peraltro ad essi richiesta dal Comune resistente quale condizione per il rilascio dell’agibilità - che ne dimostrasse il contrario.

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF

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