Costruzioni Metalliche
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Esoscheletri in acciaio per il retrofit strutturale di edifici esistenti in c.a.: stato dell'arte e definizioni

L’utilizzo di strutture additive esterne, comunemente denominate esoscheletri, è sin dagli anni ’80 considerata una delle alternative possibili da utilizzare per retrofit sismico delle strutture esistenti in c.a. a bassa capacità dissipativa. Ne sono testimonianza i primi codici giapponesi e americani che si sono occupati di riabilitazione strutturale, nonché le molteplici applicazioni eseguite con l’uso dell’acciaio in ambito internazionale, soprattutto in zone ad alta pericolosità sismica.

L’utilizzo di tale strategia di intervento è oggigiorno ritornata di grande attualità, non solo perché è l’unica implementabile in maniera sicura senza interrompere l’utilizzo della costruzione, ma anche perché può essere efficacemente adottata, nei casi in cui si possa effettuare un ampliamento strutturale con addizione laterale di volumi, per il retrofit integrato (formale, energetico e funzionale) dell’intera costruzione.

Nel presente lavoro, dopo un approfondito stato dell’arte sulle principali ricerche ed applicazioni degli esoscheletri in acciaio, si è proceduto all'analisi delle strategie e degli interventi per il miglioramento/adeguamento sismico delle costruzioni esistenti in c.a., nell’ambito dei quali ci si è soffermati sulla definizione e sulle prerogative strutturali di questa tecnica di intervento capace di incrementare significativamente le performance degli edifici oggetto di retrofit in termini di resistenza e rigidezza.

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Figura 1 - Approccio olistico in chiave Life Cycle Thinking.

 

Interventi di retrofit su edifici esistenti: lo stato dell'arte

Gli edifici esistenti in calcestruzzo armato, realizzati prima degli anni ’80, costituiscono una parte rilevante del patrimonio edilizio esistente, soprattutto in ambito europeo [Eurostat, 2001]. Analizzandone le prestazioni strutturali, questi edifici, avendo superato ampiamente la loro vita utile, sono caratterizzati da una elevata vulnerabilità connessa alla durabilità dei materiali a cui si aggiungono, nelle aree interessate dai terremoti, carenze derivanti dall’assenza di dettami sismici. 

Il retrofit e la riabilitazione strutturale delle costruzioni esistenti in calcestruzzo armato dovrebbe quindi avvenire agendo simultaneamente su queste due macro-carenze, ovvero sul degrado (retrofit a durabilità) e sulla sicurezza sismica (retrofit sismico). Molteplici sono oggigiorno le strategie e le tecniche di intervento che è possibile adottare per il miglioramento e l’adeguamento sismico delle costruzioni esistenti in c.a.. Accanto al perfezionamento delle tecniche tradizionali, i progressi compiuti sinergicamente dalla scienza dei materiali e dalla ingegneria strutturale hanno consentito il diffondersi di sistemi innovativi, molti dei quali già da tempo codificati in ambito internazionale [JBDPA, 2001 e CEB-FIB, 2003] e nazionale [Dolce e Manfredi, 2011] nelle principali norme e linee guida che si occupano di riabilitazione strutturale.

Al contempo, in una logica di sviluppo sostenibile [The European Union, 2009], la necessità di realizzare interventi che siano sicuri e sostenibili, dal punto di vista ambientale ed economico, richiede un approccio multidisciplinare alla progettazione definita, visione olistica (Holistic Vision HV). Si parla in questo caso di retrofit integrato, strutturale, energetico, formale e funzionale, che combini la “sicurezza strutturale” ai concetti di “deep renovation”. Tale integrazione è inoltre favorita da incentivi fiscali che in molti paesi, tra cui Italia, prevede recentemente la possibilità di cumulare il cosiddetto Ecobonus al Sismabonus [MIT, 2020]. La scelta della soluzione ottimale richiederebbe in questi casi un approccio di tipo Life Cycle Thinking (LCT) in cui analizzare le implicazioni sulle performance strutturali e a durabilità (PBD & Life Cycle Engineering, LCE), sui costi (Life Cycle Costs, LCC) e sugli impatti ambientali (Life Cycle Assessment, LCA) durante l’intero ciclo di vita della costruzione [Lamperti Tornaghi et al., 2018, Formisano et al., 2017 e Vitiello et al., 2019]. Data la complessità del problema sono incorso molteplici studi e ricerche volti a sviluppare metodologie di progetto/valutazione integrate [Passoni et al., 2021], la cui effettiva implementazione può essere agevolata dall’avvento del Building Information Modelling (BIM).

 

Esoscheletro: tutti i vantaggi di una strategia di intervento di retrofit integrato

La miriade di alternative disponibili che il progettista può adottare per la riabilitazione strutturale si riduce drasticamente non appena si introduce il requisito che la costruzione, a seguito dell’intervento, non deve interrompere il suo funzionamento e/o utilizzo [FEMA, 2006]. Tra questi rientrano certamente tutti gli interventi che vengono eseguiti all’esterno della costruzione attraverso strutture additive, collegate lateralmente a quelle esistenti e dotate opzionalmente di fondazione indipendente. Qualora l’intervento sia esteso ad una porzione significativa della costruzione, utilizzando una terminologia derivata dalla zoologia e fatta propria dalla biomimesi [Benyus, 2002], è possibile denominarli “esoscheletri”, ovvero sistemi che applicati dall’esterno sono capaci di proteggere la costruzione esistente incrementandone principalmente la portanza (resistenza e rigidezza) nei riguardi delle azioni laterali [Foraboschi e Giani, 2017]. 

L’uso di strutture esterne in muratura, legno o materiali metallici destinate all’assorbimento delle spinte o usate per opere provvisionali di salvaguardia di costruzioni danneggiate da azioni antropiche o ambientali risale all’antichità. 

Come testimoniato dai molteplici workshop [Marini et al, 2015] e progetti di ricerca [PRIN 2009; ReLUIS, 2019-21] svolti su questa tematica, l’utilizzo di tale strategia di intervento è oggigiorno ritornata di grande attualità, non solo perché è l’unica implementabile in maniera “sicura” senza interrompere il funzionamento/utilizzo della costruzione, ma anche perché può essere efficacemente adottata, nei casi in cui si possa effettuare un ampliamento strutturale con addizione laterale di volumi, per il retrofit integrato, formale, energetico e funzionale dell’intera costruzione.

L’esoscheletro, quindi, oltre ad incrementare i livelli di sicurezza strutturale della costruzione esistente nei confronti dei principali stati limite [Foraboschi e Giani, 2018], se utilizzato in una ottica di progettazione integrata [Feroldi et al., 2014, Marini, 2017], può divenire il supporto per una doppia pelle capace di migliorare anche le prestazioni energetiche della costruzione e fornire al contempo un restyling architettonico al manufatto [Caverzan, 2016].

Tornando alle questioni meramente strutturali, gli esoscheletri, oltre a configurarsi come intervento globale che modifica la portanza e le caratteristiche dinamiche del sistema, se distribuiti in modo uniforme e collegati in modo opportuno ai nodi di perimetro con piastre di rinforzo, possono esercitare una funzione di confinamento dei nodi, svolgendo anche il ruolo di intervento locale mirato a neutralizzare le tipiche carenze presenti nelle costruzioni in c.a. a bassa duttilità [Di Lorenzo et. al , 2020].

Gli esoscheletri possono inoltre essere dotati di dispositivi a dissipazione addizionale da inserire nei link di collegamento con la costruzione esistente [Scuderi, 2016] e/o in prossimità dei collegamenti in fondazione [Labò et al., 2016].

Sempre in ambito strutturale gli esoscheletri consentono di affiancare al retrofit sismico quello relativo alla durabilità, troppo spesso trascurato nei comuni interventi sull’esistente. Infatti il doppio involucro, proteggendo le zone maggiormente esposte alle intemperie, ne modifica la classe di esposizione o di corrosività dell’ambiente [Rizzo et al., 2019], incrementando la durabilità della costruzione e prolungandone la vita utile, in molti casi ormai giunta al termine soprattutto negli edifici esistenti in c.a. costruiti dal secondo dopoguerra sino agli anni ‘70 che in Italia, come in Europa, costituiscono una parte rilevante del patrimonio edilizio [Marini et al., 2014].

L’esoscheletro, qualora sia di tipo integrale, può inoltre inviluppare completamente la costruzione proteggendola dagli agenti atmosferici, migliorandone inoltre le prestazioni energetiche e strutturali dell’impalcato di copertura [Terracciano et al., 2014]. In una accezione più ampia rientrano in questa categoria anche i manufatti adottati per la protezione dei siti archeologici e dei beni monumentali [Di Lorenzo et al., 2019].

Oltre a svolgere la funzione di tecnica per un retrofit integrato dell’esistente, gli esoscheletri, se prodotti come kit o sistemi su scala industriale, possono essere impiegati, in alternativa ad opere provvisionali, come intervento di urgenza per la riparazione e la salvaguardia di costruzioni danneggiate dagli eventi sismici [Mazzolani, 2007].

Da quanto precedentemente esposto consegue che, qualora le condizioni al contorno e le limitazioni urbanistiche/paesaggistiche lo consentano, l’utilizzo degli esoscheletri realizzati con materiali metallici e tecnologie a secco, se integrati ad un nuovo involucro, diviene una strategia efficace d’intervento volta aumentare in modo sostenibile e reversibile la resilienza dell’ambiente costruito [Bellini et al., 2018]. Applicati su interi comparti possono inoltre favorire la rigenerazione urbana, riqualificando e rivalutando, anche economicamente, il patrimonio edilizio preesistente, con particolare riguardo alle periferie e alle aree più degradate delle nostre città [Angelucci et al., 2013]. 

Per questa ragione il rifacimento degli esterni in Italia è oggigiorno fortemente sostenuto da ulteriori incentivi fiscali contenuti nella recente legge di bilancio 2020 (Bonus facciate) che prevede un credito fiscale del 90% della spesa sostenuta per il rifacimento della facciate di edifici ad uso residenziale. L’utilizzo degli esoscheletri, integrati con l’involucro, appare quindi una soluzione particolarmente conveniente nel nostro paese in quanto consente di accedere a tre diverse forme di incentivi fiscali: sisma, eco e facciate bonus.

In questo ambito si inquadra il presente lavoro che ha per oggetto lo studio di un kit-sistema costruttivo di esoscheletro in carpenteria metallica da impiegare per la salvaguardia e/o il retrofit di edifici esistenti in c.a. e c.a.p. monopiano e multipiano di altezza contenuta. Nel seguito, definito il concetto di esoscheletro e le sue prerogative, a valle di un approfondito stato dell’arte sulle principali ricerche ed applicazioni, si è proceduto alla loro classificazione tipologica (archetipi o famiglie) e alla definizione dei parametri chiave di progetto, indispensabili per concepire e dimensionare correttamente tali sistemi. Ciascuna famiglia è stata identificata mediante una sigla utilizzata che descrive sinteticamente il generico sistema (concept) attraverso la definizione degli aspetti tecnologici, tipologici e dimensionali. Infine si è proceduto alla catalogazione di tali sistemi con riferimento ad alcune applicazioni emblematiche.

 

Strategie ed interventi per il retrofit delle costruzioni esistenti in C.A.

La carenza di risorse naturali ed economiche, a cui si contrappone, in un ottica di Performance Based Design, l’aumento dei livelli di prestazione richiesti ai nostri sistemi edilizi, sta comportando, anche a valle delle innovazioni tecnologiche prodotte dal Building Information Modelling (BIM), un nuovo approccio alla progettazione/riabilitazione delle opere di ingegneria che fa leva sui concetti di sostenibilità e resilienza. Questa tendenza è ancora più marcata qualora si operi su manufatti esistenti per i quali, per ragioni patologiche o fisiologiche, occorra procedere alla loro riparazione, miglioramento o adeguamento sismico. Con riferimento alle opere di ingegneria civile ed architettura, data la complessità dei sistemi, una progettazione/riabilitazione che ottimizzi le risorse e faccia leva sui succitati concetti di sostenibilità e resilienza, deve necessariamente essere improntata secondo un approccio olistico (Figura 1), che affronti il problema in modo integrato e multidisciplinare analizzando, sin dalla sua concezione, le diverse fasi del ciclo di vita [Zhang et al., 2018]. 

In una visione olistica le problematiche di carattere strutturale e di mitigazione del rischio correlato alle azioni antropiche, ambientali e al degrado, devono essere messe a sistema con quelle impiantistiche/tecnologiche di confort ed efficienza energetica a cui si aggiungono quelle di carattere architettonico ed urbanistico, che riguardano gli aspetti formali e distribuitivi declinati sulla piccola e grande scala. Questo modo di procedere, che implementa una visione olistica in un’ottica life cycle, deve essere applicato anche quando si opera su costruzioni esistenti per le quali, a valle di una attenta fase conoscitiva e valutativa, occorre procedere alla loro riabilitazione attraverso interventi di riparazione, upgrading o retrofitting. Anche a livello di sottosistema o di classi di unità tecnologiche è necessario conservare una visione d’insieme che tenga conto dell’intero ciclo di vita. In ambito strutturale, ad esempio, il retrofit nei confronti delle azioni sismiche non può prescindere da quello relativo alla durabilità e da una previsione della vita residua ante e post-operam, valutata attraverso appropriati modelli di degrado.

Definite le carenze possedute dall’organismo strutturale ed i livelli di prestazioni attesi, le strategie di intervento che è possibile mettere in atto possono agire incrementando la capacità (C) e/o riducendo la domanda (D) attraverso interventi a carattere globale e/o locale basati su sistemi e tecnologie tradizionali o innovative. 

Le carenze tipiche riscontrabili negli edifici esistenti in c.a. progettati e/o costruiti in assenza di specifiche normative sismiche riguardano la ridotta portanza in termini di rigidezza e resistenza globale alle azioni laterali, l’irregolarità nella configurazione planimetrica e/o altimetrica, i problemi di trasferimento delle azioni tra gli elementi (ad es. nodi e diaframmi), le carenze nei dettagli costruttivi delle membrature e le carenze del complesso terreno-fondazione. A queste si aggiungono le carenze che riguardano le parti non strutturali, che possono attivare meccanismi locali, e quelle ascrivibili ad errori di progettazione/realizzazione. Per l’intera costruzione occorre inoltre considerare le carenze dovute alla durabilità, che possono ridurre la capacità portante del sistema strutturale e causare il distacco di parti anche non strutturali, costituendo un potenziale pericolo per la pubblica incolumità. In ambito nazionale, per quanto concerne le prestazioni attese da manufatti esistenti soggetti ad interventi di miglioramento e/o adeguamento sismico, i livelli di sicurezza minimi sono definiti nel Cap.8 delle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 17 Gennaio 2018 - NTC2018) al variare dello stato limite (SL) e della classe d’uso (coefficiente di esposizione CU) della costruzione. 

Una scelta efficace e razionale di tali strategie può avvenire confrontando, al variare della duttilità richiesta, la domanda (D) con la capacità (C) in termini di forza di progetto [Blume, 1960] (Figura 2a) o mettendole in relazione nel piano Acceleration-Displacement Response Spectrum (ADRS) normalmente utilizzato per valutazione delle sicurezza secondo un approccio agli spostamenti basato su analisi statiche non lineari [Freeman, 1998; Fajfar, 1999] (Figura 2b). Le strategie tradizionali per il retrofit delle costruzioni esistenti in c.a. possono agire incrementando la capacità in termini di resistenza e rigidezza (portanza) e/o duttilità nei confronti delle azioni laterali [Sugano, 1981; Fukuyama and Sugano, 2000]. La prima strategia è generalmente perseguita attraverso interventi globali (Figura 3a), implementati aggiungendo all’organismo strutturale esistente elementi o sistemi sismo-resistenti che ne modificano in modo significativo il comportamento in regime statico e dinamico. La seconda strategia  è di norma eseguita attraverso interventi locali (Figura 3b), quali ad esempio incamiciature di elementi e rinforzi di nodi, la cui finalità è quella di incrementare la capacità di deformazione in campo plastico del sistema, ovvero la sua duttilità.

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Figura 2 - Strategie di progetto per il retrofit di costruzioni esistenti in c.a. basate sull'incremento di capacità.

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Figura 3 - Tipico comportamento sperimentale (qualitativo/quantitativo) di telai in c.a. assoggettati ad interventi globali a) e locali b).

 

Definizione di esoscheletro e sue prerogative strutturali

Gli interventi globali prevedono l’addizione di sistemi sismo-resistenti che possono essere applicati internamente e/o esternamente alla costruzione esistente. Utilizzando un linguaggio derivato dalla biomimesi [Benyus, 2002], nel caso in cui le addizioni siano eseguite dall’interno si parla di endoscheletro, diversamente di esoscheletro (Figura 4a).

 

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Figura 4 - Concetto di esoscheletro.

 

In entrambi i casi abbiamo un forte aumento di portanza che opportunamente progettato consente di adeguare sismicamente manufatti esistenti caratterizzati da bassi livelli di sicurezza.

Gli endoscheletri sono utilizzati qualora non si possa agire dall’esterno per ragioni di natura fisica/geometrica (ad es. edifici in aggregato), urbanistica (ad es. limitazioni su distanze e volumi), ed architettonica (ad es. edifici vincolati). Ciò accade soprattutto nel caso degli edifici in muratura presenti nei centri storici, per i quali gli endoscheletri possono essere destinati ad assorbire, parzialmente o integralmente, sia le azioni orizzontali che i carichi verticali (inserimenti/svuotamenti).

Gli esoscheletri, essendo posizionati esternamente al manufatto da proteggere, hanno il loro punto di forza nella possibilità di evitare l’interruzione/utilizzo della costruzione esistente. Analizzando il patrimonio costruito nazionale ed europeo ciò accade soprattutto nel caso di edifici esistenti in calcestruzzo armato normale o precompresso nonché per strutture intelaiate in carpenteria metallica o in legno.

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Speciale Esoscheletri

Il presente articolo fa parte di una serie di contributi a firma di docenti dell'Univeristà di Napoli ed esperti (Prof. Ing. Raffaele Landolfo, Prof. Ing. Gianmaria Di Lorenzo,Prof. Ing. Antonio Formisano, Arch. Eleonora Colacurcio, Arch. Agustina Di Filippo), sul tema degli Esosceletri e in particolare sul loro uso negli interventi di retrofit sismico di edifici esistenti in calcestruzzo armato.

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